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Chi sono i padri spirituali del Torino?

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Nel Segno del Toro / Chi sono i padri spirituali del Torino? Quanti di essi si sono succeduti nell’accompagnare il club piemontese fornendo una guida e un sostegno che ancora non conoscono pari?
Stefano Budicin

Il primo cosiddetto padre spirituale del Torino è stato don Francesco Ferraudo. Si faceva riconoscere per i suoi modi schietti e diretti, un umorismo colto e una loquacità degna dei migliori oratori. Non si può dimenticare la sua celebre battuta formulata per rispondere a una provocazione del giocatore bianconero Dino Zoff, che gli aveva chiesto di dire di tanto in tanto una preghiera anche per la Juventus. Il commento di Ferraudo fu il seguente: " Sai, Dino, io lo faccio, ma il Signore non mi dà ascolto, perché altrimenti non vincereste tutti questi scudetti!". Ferraudo è stato il primo a inventare la figura del sacerdote che segue una squadra di calcio, un ruolo di vitale importanza per creare coesione e affinare il senso di onere solidale di tutti gli attori coinvolti: giocatori, allenatori, tifosi, presidenti.

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A ricevere il testimone di Ferraudo toccò poi a Don Aldo Rabino. Nato a Torino nel 1939, fu una promessa del calcio finché la fede non lo chiamò a sé. Ordinato salesiano nel 1968, dal 1971 divenne guida spirituale del club piemontese. Non gli ci volle molto per conquistarsi un posto speciale nel cuore dei tifosi torinisti. Colto, amabile e pacato, Don Aldo riusciva sempre a intrattenere conversazioni appaganti con chi lo stava a sentire. In quanto padre spirituale granata, diceva messa ogni anno a Superga, riepilogando le gesta degli Invincibili e gli eroi che hanno concorso a comporre lo splendido ventaglio di talenti del club dalla sua fondazione a oggi. Ogni discorso serbava un florilegio di aneddoti curiosi e folgoranti illuminazioni. Una passione per il calcio che non era meno potente di quella da lui riservata nei confronti della fede.

Mai come nei sermoni di Don Aldo si riesce a capire appieno in cosa consista lo spirito granata. Basta prendere in esame questo piccolo frammento tratto da una sua intervista:"Lo spirito del Toro è il senso della famiglia, della semplicità, della genuinità. Nel mondo laccato e artefatto di oggi, spesso molto virtuale, il nostro è un ambiente dove si respira umanità, il nostro è un calcio artigianale, vero. È come il piatto di pasta fatto in casa da tua mamma: nessuna leccornia di nessun ristorante potrà mai superarlo. Noi siamo una famiglia che la povertà rende forte e dignitosa. Questo è proprio ciò che ci invidiano gli altri e che a volte non capiscono". Don Aldo ci ha lasciati nel 2015 e il ruolo di padre spirituale è ora ricoperto da Don Riccardo Robella, che all’indomani della commemorazione di Superga si è distinto ancora una volta per la profondità del discorso. Bastino per inquadrarlo queste caste parole di supporto, forti e impermeabili ad altro che non sia un senso di dignità tipicamente granata:

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"Tocca a ciascuno di noi essere il Grande Torino, ascoltando le voci che ci dividono, portando un valore diverso. E' il dovere che abbiamo nei confronti della società, dell'Italia, è un dovere essere luce per il mondo. Per farci crescere, per potersi riconoscere, da qualunque parte ci muoviamo. E' un dovere sostenere nella vita chi fa più fatica. E' un regalo essere parte del popolo del Toro. Il Grande Torino è dentro le fabbriche, sul lavoro, nelle scuole, per ricostruire un tessuto nuovo nella società. Noi siamo uomini di unione e noi dobbiamo avere il coraggio che serve". Gradirei concludere con un’altra massima di Don Aldo, detta senza neanche pensarci troppo, in un momento di calorosa spontaneità com’era tipico del sacerdote:“Il Toro è vita vera che riaccende le speranze”. E di questa speranza possiamo dirci fieri e rampanti portavoce.

Laureato in Lingue Straniere, scrivo dall’età di undici anni. Adoro viaggiare e ricercare l’eccellenza nelle cose di tutti i giorni. Capricorno ascendente Toro, calmo e paziente e orientato all’ottimismo, scrivo nel segno di una curiosità che non conosce confini.

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