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Come il Tottenham: storia del Toro ’84/’85 (parte 2)

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Le Rubriche – Culto / Un Toro così si può solo amare. Non puoi essere triste nel ricordarlo, forse puoi esserlo perché adesso non è qui o noi non siamo più lì o tutte e due le cose che alla fine è lo stesso

Il girone di ritorno inizia ad Ascoli, col Toro privo di Francini e Serena. Coi marchigiani trascinati da un magistrale Dirceu, ne esce una partita spettacolare: tanti legni colpiti dagli ascolani, tanti i miracoli del portiere Corti. A caccia del primo successo stagionale, l’Ascoli ci prova subito dalla distanza, ma su Agostini è bravo Martina a toccare contro la traversa. Poco dopo Corti compie due grandi interventi su conclusione ravvicinata di Pileggi e sulla girata del giovane Comi, schierato come unica punta in avvio, sul successivo angolo. Al 35’ i bianconeri passano: colpo di testa dell’ex Cantarutti dopo una traversa di Dirceu da pochi passi. Nella ripresa Corti toglie dall’incrocio dei pali un tiro da fuori di Zaccarelli e Schachner, da poco subentrato, pareggia con un colpo di testa ravvicinato, dopo torre di Corradini su angolo di Junior (61’). Dirceu, però, è in giornata di grazia: al 64’ colpisce la traversa con un bolide da fuori area, al 67’ la colpisce di nuovo, ma la palla, stavolta, picchia a terra e finisce in rete. Sembriamo alle corde, Vincenzi potrebbe chiuderla un minuto dopo, ma il palo respinge la sua girata. Al 75’ il Toro si traveste, una volta tanto, da punitore della sfortuna altrui e segna con un’azione targata Fila: Ferri smarca Sclosa che, in area, è freddissimo di sinistro. Dino Viola dice che è meglio pareggiare che essere pareggiati ed è una delle frasi da tatuarsi addosso. Nel finale ci si mettono anche i raccattapalle dell’Ascoli a incasinare le cose, d’altronde un loro antenato tolse dalla porta un pallone calciato da Savoldi e l’arbitro non vide, ma i granata portano a casa la pelle. L’Inter aggancia il Verona a quota 23, la Roma ci raggiunge a 21, segue la Samp con 20. Tutto apertissimo.

Punizione da destra di Junior, liscio di Pancheri e tocco rapace di Corradini: questo il gol che, dopo 6’, riporta alla vittoria i granata contro la Cremonese del “Mondo”, nonostante una serie industriale di reti fallite, in una di quelle partite invernali al “Comunale” con la neve ammucchiata ai bordi del campo come segno distintivo della Torino anni ’80. Napoli, invece, è amarissima e dire che si era partiti bene. Nello stadio del miglior tiratore di punizioni di sempre, Junior non si sente secondo a nessuno e con uno splendido piazzato dalla distanza porta in vantaggio il Toro che va vicinissimo al raddoppio con Dossena da distanza ravvicinata e con Ferri da fuori, sul quale Castellini ci fa vedere quanto sia ancora Giaguaro. Un rigore molto dubbio su Celestini, e trasformato da Maradona, rimette in carreggiata i padroni di casa e, dopo una sparacchiata alta di Schachner su assist perfetto di Junior al 35’, a inizio ripresa arriva il gol partita con Caffarelli su assist di Bertoni. Il Toro non riesce a reagire, il Verona dista quattro punti. Addio sogni di gloria?

Forse, ma, dopo aver battuto il Cagliari con un rigore di Junior nel finale nella gara di andata degli ottavi di Coppa Italia, torniamo alla vittoria contro l’Udinese. Salta il derby carioca fra Junior e Zico, perché Leo è in tribuna con una costola rotta. Il “Galinho” viene marcato da Danova che, dopo aver fermato Maradona, si toglie lo sfizio di ottenere lo stesso risultato con l’asso brasiliano. Gara difficile, con Caso comunque bravo a sostituire l’ex Flamengo a centrocampo, risolta al 79' da un colpo di testa in tuffo di testa di Schachner su centro da destra di Dossena, in un’azione avviata da Pileggi dopo un caparbio recupero palla sulla tre quarti. Un punto mangiato al Verona e Inter che pareggiano lo scontro diretto e domenica si va proprio a San Siro. Aspettiamo un attimo a salutare i nostri sogni.

In casa Inter la squadra di Radice, accolto con affetto dai suoi ex tifosi, ha assenze pesanti (Junior, Danova, Ferri e Caso), ma gioca da Toro, trascinato da un grande Dossena. Corradini sblocca il risultato con un bellissimo tiro da fuori dopo respinta corta di Altobelli al 13’, ma al 29’ Collovati punisce l’impaccio della difesa granata su azione d’angolo. A un quarto d’ora dalla fine l’Inter usufruisce del calcio di rigore che può cambiare il suo campionato. Martina fa di tutto per innervosire “Spillo” e il rito vudù riesce: tiro centrale, parata di Silvano e le distanze dal Verona, che pareggia in casa della Juventus, rimangono invariate per tutti.

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Per il Toro è la volta di due 0-0 consecutivi, accolti con opposti stati d’animo. Con gioia quello di Cagliari, perché vale il passaggio ai quarti di Coppa Italia. Con delusione quello in casa della derelitta Lazio, perché contro la penultima in classifica era lecito attendersi di più. Contro la Sampdoria il pareggio è ancora più amaro, sia perché interno, sia per un particolare non proprio da poco: ce la rubano. Avanti con Junior su rigore nel primo tempo (fallo di Pellegrini su Schachner), al 50’ Serena incorna in rete un cross da sinistra di Beruatto e corre sotto una Maratona giubilante, ma Longhi, su segnalazione del guardalinee, annulla il 2-0 che avrebbe chiuso il conto. Gli infortuni di Zaccarelli e Francini (con Comi schierato libero d’emergenza) e la deviazione sfortunata di Corradini sul colpo di testa di Mancini che vale l’1-1 completano la giornata nera.

Quel Toro, però, sa sempre come far tornare il sereno, per esempio andando a vincere in casa del Milan. Per una volta la dea bendata non è ostile e non lo è neanche la giacchetta nera, indossata per l’occasione da Lo Bello, visto che il Milan ha da recriminare per qualche episodio, in primis un gol non convalidato a Virdis in avvio. Nonostante le proteste sembra buono quello che decide la partita al 61’: Galbiati verticalizza a destra per Pileggi che dal fondo centra per Schachner, la cui girata in caduta non sarà esteticamente il massimo, ma vale due punti. Le speranze rossonere si infrangono nel finale su un palo di Di Bartolomei su punizione con la palla che finisce poi in braccio a Martina. Vittoria salva e meno male, perché da quel momento, nella Milano rossonera, non si è mai più vinto. Nemmeno la legge dei grandi numeri, fin qui, ha potuto farci qualcosa. Quel pomeriggio non lo sapevamo, per fortuna: l’Inter viene agganciata al secondo posto e l’unica amarezza è vedere il Verona lontano cinque punti.

Il derby di ritorno, invece, è un dolore continuo. In campo per il risultato, sugli spalti per due striscioni vergognosi contro Junior da parte della curva bianconera. Sul prato verde la Juventus vince 2-0, giocando di rimessa, quindi dicendoci indirettamente che, quell’anno, i più forti siamo noi. Le marcature le apre Briaschi al volo sul cross di Rossi dopo una decina di minuti, nella ripresa il Toro si trova di fronte un Bodini meno compiacente del Tacconi dell’andata e la mazzata definitiva la dà Platini con un rigore nel finale. Il Verona guarda dall’alto in basso, con sei punti di vantaggio, il gruppo delle seconde, tutte a quota trenta: le torinesi, le milanesi e la Samp.

I granata devono andare proprio al “Bentegodi” in quella che avrebbe dovuto essere una sfida scudetto e invece è “solo” una gara fondamentale per rimanere in piena corsa europea. E che sembra iniziare col piede sbagliato: Elkjaer, con una finta, manda al bar l’intera difesa granata, schierata altissima, e si presenta davanti a Martina che lo stende. Calcio di rigore: l’ex portiere genoano ipnotizza Galderisi e respinge, negandogli il gol anche sulla ribattuta. La prima mezzora granata è da brividi, ma da metà tempo in poi l’undici di Radice prende le misure e comincia a restituire qualche spavento. A inizio secondo tempo, il Toro gela gli scaligeri. Al 53’ Pileggi crossa da destra, Schachner fa la torre e Serena porta in vantaggio i granata con una spettacolare rovesciata, probabilmente il suo gol più bello con la nostra maglia. Al 66’ il raddoppio: Junior crossa di esterno destro da sinistra, lo stop mancino non perfetto di Schachner finisce per agevolare l’austriaco che fredda Garella in diagonale col destro. Il modo in cui sbagliamo il 3-0 vede in un colpo solo tutti i pregi e i difetti del numero nove granata. Sul lancio perfetto di Junior, Walter è strepitoso nel crearsi l’occasione, saltando di testa Ferroni, poi rientrando con uno splendido dribbling a far fuori ancora Ferroni e Tricella. Al tempo stesso è sciagurato nel calciare alto con Garella ormai in ginocchio. Qualsiasi blasfemia detta in quel frangente dai tifosi granata è, probabilmente, perdonata anche perché dalla gara chiusa si passa alla paura del pareggio. Al 77’ Briegel vola in cielo su cross di Volpati e dimezza lo svantaggio. All’87’ Galderisi colpisce un clamoroso palo in diagonale e, sulla respinta, Beruatto ci mette, e per fortuna non rimette, la faccia per respingere la conclusione di Volpati. Sul corner successivo ancora Galderisi scuote la rete, ma per fortuna solo quella esterna, anche se Ameri, alla radio, griderà gol, attentando alle coronarie granata come quando dirà “la palla entra” sul colpo di testa di Pagliuca in un Samp-Toro 1-2 di sei anni dopo. Bagnoli riconoscerà che all’andata i pali li avevamo presi noi e al ritorno loro, pari e patta. Certo, è un’altra cosa quando la beffa capita sul più sei in classificai in tuo favore, invece che nella gara della possibile svolta, ma l’Usvald è un grandissimo e ha sempre ragione. Il Toro sale a meno quattro con Juve, Samp e Inter. Il Milan si stacca. A cinque turni dalla fine la distanza è molta, ma chi, quella sera, tra noi, dice che non pensa almeno un pochettino allo scudetto, mente.

E chi non ci pensa dopo un altro punto sgraffignato la giornata successiva, mente ancora di più. Mentre un grande Garella blinda la porta del Verona a San Siro, contro il Milan, il Toro batte 2-0 l’Avellino con un gran colpo di testa di Serena su cross da destra di Pileggi in apertura e con Schachner che, servito da uno splendido ed elegante invito di Dossena, fa centro con una gran botta dal limite. Il sogno tricolore, però, svanisce definitivamente con tre zero a zero consecutivi (Como fuori, Atalanta in casa, complice un arbitraggio discutibile e a Firenze, nel giorno in cui gli scaligeri festeggiano lo scudetto).

Nell’ultima di campionato in casa contro la Roma, il Toro deve blindare secondo posto solitario e qualificazione Uefa. Gara dura senza Junior, Schachner fa e disfa, Sguizzato (a cui La Stampa tributerà un bel 4 e che ci ricordiamo maggiormente per un’altra partita con la Roma) espelle Bonetti e Dossena e alla fine la rete arriva. Schachner è letteralmente incontenibile, affonda fra i giallorossi come una lama nel burro, si allarga troppo nello scartare Tancredi, ma ha la lucidità per fermarsi, alzare lo sguardo e crossare al centro per Serena che si tuffa e insacca di testa il gol che vale tutto quello che doveva arrivare in quella partita. Al fischio finale Radice esulta e applaude una Maratona stupenda. Strana la vita. Dopo lo scudetto del 76 è tanta la trance agonistica dal sembrare arrabbiati, dopo un secondo posto inaspettato alzi le braccia serenamente, sorridi, ti godi il momento. Non pensi nemmeno tanto a quel solito “ma” che ti ritrovi davanti anche quando metti dietro di te i tuoi cugini, la Roma e le milanesi. Pensi che, dopo cinque anni, sarà di nuovo EuroToro. Pensi che hai fatto il tuo e forse più del tuo. Non puoi sapere che sarai come il Tottenham l’anno del Leicester, non puoi sapere che sarai anche meglio, visto che alla fine arrivi secondo e non terzo. E allora il ricordo sarà sempre bello, anche se di lì a poco usciremo contro la Samp in Coppa Italia (ed è un peccato), anche se il tricolore è su un altro petto. Sarà sempre bello anche se Serena andrà non dico dove (ne parleremo, ne parleremo), perché un Toro così ha fatto sognare, col gioco, con la grinta, col futebol bailado. Un Toro così si può solo amare. Non puoi essere triste nel ricordarlo, forse puoi esserlo perché adesso non è qui o noi non siamo più lì o tutte e due le cose che alla fine è lo stesso.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.