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columnist
Se c'è una cosa che sicuramente non si può imputare ai tifosi del Torino è di essere razzisti. Sono decenni che frequento lo stadio e senz'ombra di dubbio posso affermare che la nostra tifoseria è sempre stata di vedute molto ampie e non si è mai resa protagonista di episodi a sfondo razzistico.Tanti sono stati i giocatori di colore che hanno vestito la maglia granata e massimo è stato il rispetto che i tifosi hanno avuto verso di loro così come verso quelli delle squadre avversarie che sono venute a giocare all'Olimpico e, prima ancora, al Delle Alpi. Ci tengo a precisare questa cosa perchè da pochi giorni è stato varato un nuovo pacchetto di sanzioni per le società le cui tifoserie si renderanno protagoniste di evidenti insulti a sfondo razziale e, chiamatelo sesto senso o come volete, un brutto presentimento ha subito fatto capolino nella mia mente. Siccome aumenterà a dismisura la discrezionalità nel giudicare tali episodi e veementi saranno le reazioni delle autorità preposte ad emettere le relative sanzioni (soprattutto all'inizio come sempre avviene in Italia al varo di un provvedimento che poi inesorabilmente pian piano perde di interesse pubblico e di vigore...), non vorrei mai che il Torino si ritrovasse, magari per futili motivi, ingigantiti dalla nuova "caccia alle streghe" che partirà ad agosto, nel mezzo di qualche ciclone mediatico con in più il danno di punti di penalizzazione. Non voglia mai che il calendario, ad esempio, ci proponga nelle primissime giornate del prossimo campionato un Torino-Milan, partita a rischio nella quale un qualche fischio a Balotelli potrebbe essere il giusto appiglio per la Federazione per far vedere che si fa sul serio.
Mi starò allarmando per niente? In fondo, come da mia premessa, non abbiamo nulla da temere essendo, sotto questo punto di vista, una delle più corrette tifoserie d'Italia. E' che purtroppo la storia ci insegna che spesso verso i tifosi del Toro sono stati usati due pesi e due misure e che le regole non sono proprio sempre uguali per tutti... Potrei citare vari casi, dalla sospensione di Toro-Milan del 2004 ai fatti dell'Hotel Campanile, ma non è di questo che voglio parlare.
Quello che mi incuriosisce è il perchè in mezzo ai tanti problemi, sia specifici del mondo del calcio, sia più in generale della società in cui viviamo, il razzismo sia diventato il cavallo di battaglia della Fifa, dell'Uefa e di tutte le federazioni nazionali, Figc compresa. Sia chiaro, non voglio sminuire la questione della discriminazioni razziali (ma si potrebbe allargare il discorso a quelle religiose o sessuali, per esempio) specialmente in un Paese come il nostro che negli ultimi decenni sta scoprendo la multietnicità e naturalmente ha bisogno di tempo per metabolizzarla al meglio, ma mi pare che sul razzismo sia partita una crociata in grande stile persino sovradimensionata rispetto alla reale portata del problema. Vorrei evitare di infilarmi in un ginepraio ideologico da cui difficilmente se ne uscirebbe senza l'ipocrita ricorso al cosiddetto "politically correct", ma mi permetto un paio di considerazioni di buon senso.
Il calcio storicamente è uno degli spettacoli più popolari che esistano e le sue audience sono spesso lo specchio della "pancia" di un Paese: ad esempio negli anni Settanta in un clima di tensione politica, capitava che le curve fossero più ideologizzate e rispecchiassero il fazioso clima politico dell'epoca. Oggi stiamo vivendo un grande cambiamento nell'approccio di chi va allo stadio: tessera del tifoso e strapotere delle tv, tutto spinge verso un tentativo di disinnescare quella carica di passione che una partita dal vivo genera e produce. Sono spariti gli striscioni o meglio vengono censurati se ritenuti offensivi, fioccano le ammende se si contesta l'operato arbitrale con fischi o cori ed ora si inaspriscono a dismisura le pene per contenere episodi di razzismo. Giusto? Sulla carta sì, ci mancherebbe, ma cosa ne sarà del tifo negli stadi italiani? Ci ridurremo a fare come i giapponesi che si vedevano negli anni '80 sugli spalti della Coppa Intercontinentale inebetitamente attaccati alle loro trombette? Che una cultura sportiva debba esserci e che in Italia il suo livello non sia ancora sufficiente è indiscutibile. Ma che io non possa andare allo stadio e fischiare un avversario che mi sta antipatico mi sembra francamente eccessivo. Perchè a volte quello che viene chiamato "razzismo" in realtà è semplicemente acredine verso quel determinato giocatore: perchè Ogbonna ovunque vada a giocare non becca mai un "buu" mentre Balotelli sì? Non sarà per caso che Balotelli non sta simpatico a molti e con i suoi atteggiamenti non fa nulla per esserlo? E perchè se lo twitta Bolt a mezzo mondo va tutto bene, se lo dice fischiando un tifoso dagli spalti invece no? E cosa dovrebbe dire Ibrahimovic a cui davano dello zingaro o Cassano a cui davano dell'ignorante, se non di peggio? E sono discriminanti anche i buu che si è beccato Balzaretti in Toro-Roma per essere un gobbo o i cori che si prendeva Attilio Lombardo per la sua calvizie? Al prossimo rigore che calcerà Balotelli i fischi che pioveranno su di lui saranno di natura razzista oppure no? Non saranno forse gli stessi che si prenderà Milito se fosse lui a batterlo?
Domande a cui ognuno di noi è libero di dare una risposta diversa, ma che al netto dell'ipocrisia e del falso perbenismo, hanno tutte le stessa risposta. C'è una regola non scritta che guida il mondo dell'informazione: focalizzare l'attenzione dell'opinione pubblica su di una cosa per distoglierla da altro sul quale non si vogliono accendere i riflettori. Nell'anno dei mondiali del Brasile e delle inevitabili polemiche sul fiume di denaro che questo evento smuove (vedi costruzione stadi), sarà casuale che proprio quell' irreprensibile di Sepp Blatter si sia erto a paladino nella lotta al razzismo?
Ai posteri l'ardua sentenza.
Alessandro Costantino
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