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VERONA, ITALY - SEPTEMBER 20: Paolo Vanoli head coach of Torino FC during the Serie A match between Verona and Torino at Stadio Marcantonio Bentegodi on September 20, 2024 in Verona, Italy. (Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)
Il ''triello del gol'' andato in scena contro il Verona illustra bene la mentalità di Vanoli e indica una direzione chiara per il futuro: il Toro gioca in verticale per attaccare l'area avversaria con il maggior numero di uomini possibile. Il buon avvio di campionato del nuovo mister è il risultato di un cambio di mentalità che inevitabilmente porta a confrontare i modi di mettere in campo la squadra di Juric e del nuovo mister. E' chiaro che è difficile confrontare qualche mese di lavoro con un ciclo di tre anni, ma alcuni spunti di riflessione sull'ultimo Juric e il primo Vanoli sono già emersi. Il dato di partenza è che i due allenatori hanno avuto a disposizione una squadra simile per rosa e per qualità. I giocatori partiti in ritiro con Vanoli sono sostanzialmente quelli che hanno finito la stagione con Juric e l'ossatura è rimasta strutturata intorno allo zoccolo duro di Milinkovic, Ricci, Ilic, Linetty, Zapata e Sanabria. Se Juric non aveva un esterno sinistro di ruolo e una terza punta affidabile come Adams, Vanoli ha dovuto digerire l'addio di due pilastri come Buongiorno e Bellanova. I nuovi arrivati in difesa sono ancora da scoprire, ma Coco, Maripan e Walu sembrano comunque in grado di fornire fisico e prestazioni all'altezza dell'ottima difesa dello scorso anno.
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Volendo essere oggettivi, la qualità della squadra di Vanoli sembra inferiore a quella di Juric, ma anche ipotizzando una parità sostanziale di rosa, la differenza che salta subito agli occhi è il concetto di verticalità, opposto a quello di orizzontalità. Lo scorso anno difesa, centrocampo e attacco si muovevano quasi esclusivamente per allargare il campo, cercando di innescare gli esterni e fornendo un solido schermo protettivo in caso di perdita del possesso. Il risultato era spesso una ragnatela di passaggi in orizzontale e all'indietro che hanno finito per estenuare i tifosi e i giocatori stessi, presi al laccio di una tattica ripetitiva e sterile. Se da un lato questo atteggiamento ha ridotto i pericoli verso la nostra porta (vedi l'alto numero di clean sheets), dall'altro ha portato ad una sterilità offensiva che ha minato il raggiungimento dell'obiettivo europeo. Con Vanoli si assiste allo spiegamento in campo degli stessi (o simili) giocatori con un obiettivo diverso: favorire il gioco verticale per avvicinare il più possibile alla porta centrocampisti e attaccanti.
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Il gol di Ilic contro l'Atalanta e quello di Sanabria contro il Verona portano il marchio di fabbrica di Vanoli ed evidenziano che la ricerca di profondità nasce dalla difesa. Contro il Verona più volte Vanoli ha chiesto a Masina e Maripan di non allargarsi sulle fasce in fase di costruzione da dietro, ma di restare vicini a centrocampo e spingere in verticale. Anche il centrocampo a tre con perno basso ha l'obiettivo di facilitare manovra ed inserimenti, e sta offrendo a Ricci e Ilic mattonelle di campo più adatte alle loro qualità. Il rovescio della medaglia del nuovo sistema di gioco è che la fase di copertura è meno efficace, e l'elevato numero di gol presi e di occasioni per gli avversari in questo avvio di campionato lo testimoniano. Senza la copertura a uomo a tutto campo impostata da Juric, scalate e ripartenze mettono molto più in difficoltà centrocampo e difesa, esponendo maggiormente alla pressione degli avversari e rendendo più difficile e faticosa la fase di transizione in copertura. Se va segnalato un problema in queste prime cinque gare è proprio quello della quantità di occasioni offerte agli avversari, che per il momento è stata sventata da un Milinkovic in grande spolvero, ma che anche a Verona ha rischiato di rimettere in discussione una gara che doveva invece garantire un controllo agevole già dal 2-1.
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La principale difficoltà in vista per Vanoli à proprio quella di trovare maggior equilibrio tra un sistema che privilegia la fase di costruzione e di creazione (mettendo finalmente i giocatori nel proprio ruolo e liberandoli da un'asfissiante fase difensiva) e la necessità di frenare prima e meglio la fase offensiva degli avversari, riducendo già in fase di marcatura preventiva le occasioni pericolose. Agli occhi dei tifosi la serie vincente di Vanoli ha già offuscato il ricordo di Juric e, forse ingenerosamente, ha fatto emergere in misura maggiore alcune delle lacune del gioco del mister croato. Non bisogna pero' dimenticare che i tre anni di Juric hanno rappresentato per il Toro il primo vero momento di costruzione di fondamenta solide. E' con lui che la società è stata costretta a passare da squadre infarcite di prestiti e di ''diritti di non riscatto'' ad una rosa con giocatori di prioprietà. Va ascritto a Juric il merito di aver individuato e fatto crescere giocatori su cui pochi avrebbero scommesso (lo stesso Buongiorno ne è un esempio). L'allenatore di Spalato è anche all'origine di miglioramenti strutturali al Fila, dell'introduzione di nuovi metodi di lavoro dentro e fuori dal campo e di un nuovo approccio scientifico al sistema di allenamenti di cui oggi Vanoli puo' beneficiare. Si tratta in fondo di due filosofie diverse ma affini, centrate sulla ricerca di equilibrio.
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Mentre pero' il calcio di Juric appartiene più alla dimensione dell'equilibrio statico (una statua sul suo piedistallo), la visione di Vanoli si inscrive nell'ambito dell'equilibrio dinamico (la corda tesa dell'arco il cui punto di equilibrio è funzionale allo scoccare della freccia). All'allenatore croato va la riconoscenza dei tifosi, perchè nonostante le incomprensioni e la discutibile fase di comunicazione, l'ex mister ha lasciato in dote un gran numero di elementi positivi, su cui adesso Vanoli sta costruendo, e una prova dell'umiltà e della voglia di far bene del nuovo allenatore è proprio la scelta di strutturare le sue nuove idee di gioco sulle fondamenta gettate da Juric. Se riuscirà fino in fondo nella difficile opera di inglobare nella sua visione creativa e dinamica la dimensione di solidità strutturale sviluppata dal mister precedente, per i tifosi si potranno profilare nuove soddisfazioni a tutto tondo.
Il Toro, il giornalismo e l'Europa da sempre nel cuore. Degli ultimi due ho fatto la mia professione principale; il primo rimane la mia grande passione. Inviato, corrispondente, poi portavoce e manager della comunicazione per Commissione e Parlamento Ue, mi occupo soprattutto di politica e affari europei. Da sempre appassionato di sport, mi sono concesso anche qualche interessante esperienza professionale nel mondo del calcio da responsabile della comunicazione di Casa Azzurri. Osservo con curiosità il mondo da Bruxelles, con il Toro nel cuore. Mi esprimo a titolo esclusivamente personale e totalmente gratuito.
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