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1985/86: Storia di una stagione sottovalutata (parte 1)

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Culto / Torna l’appuntamento con la rubrica di Francesco Bugnone: “C’è un altro motivo per cui è criminoso sottovalutare questo campionato e si chiama Renato Zaccarelli. L’unico superstite dell’ultimo scudetto, alla penultima stagione...

Nel bel Toro degli anni ’80 c’è una stagione di cui si parla pochissimo. Si è più abituati a pensare al 1982/83, l’anno del derby del 3-2, al 1984/85 con l’arrivo di Junior, il ritorno di Radice e il secondo posto dietro al Verona, al 1986/87 con la cavalcata Uefa spenta da Fredriksson, all’infinito 1987/88 con le cinque stracittadine e la finale di Coppa Italia, addirittura al 1988/89 con la retrocessione più traumatica di sempre. Del 1985/86, invece, si parla pochissimo, forse perché rimane soffocato nel mezzo del decennio, forse perché arriva dopo un secondo posto. Non ricordare questa stagione è, però, un errore gravissimo.

Innanzitutto per il risultato finale: per il secondo anno consecutivo il Toro si qualifica per una coppa europea. Quarti a pari punti con la Fiorentina, i granata si lasciano alle spalle le milanesi. Il Verona campione in carica finisce decimo, senza essere in grado di ripetere neanche lontanamente il precedente campionato, la Samp, quarta dodici mesi prima, è dodicesima. I granata, invece, tengono, nonostante un addio pesantissimo. In estate va in onda la telenovela Aldo Serena. Il bomber, tornato all’Inter dopo il prestito, sembra poter rivestire in granata, alcune sue dichiarazioni paiono confermare questa volontà, ma, beffa delle beffe, i nerazzurri lo cedono proprio alla Juventus nell’operazione che porta a Milano un Tardelli a fine carriera in uno dei tanti incroci di mercato che vedono il Biscione in versione Tafazzi nei confronti della zebra. Una ferita fortissima, ora davanti è il giovane Comi ad affiancare Schachner.

La cessione di Serena pesa. Spesso il Toro giocherà benissimo, a volte addirittura meglio della stagione precedente, ma sbaglierà reti incredibili. La casella delle vittorie in trasferta segnerà “zero”, nonostante alcuni grandi prestazioni. Però i granata sono forti, in mezzo hanno la poesia di Dossena e Junior, a cui si aggiunge il fosforo di Antonio Sabato, accanto ai soliti figli del Fila e la qualificazione europea è cosa fatta, sebbene non scontata, sebbene, per certi versi, quasi più difficile della stagione precedente in cui tante big erano in flessione o non ancora pronte.

C’è un altro motivo per cui è criminoso sottovalutare questo campionato e si chiama Renato Zaccarelli. L’unico superstite dell’ultimo scudetto, alla penultima stagione in granata, gioca splendidamente da libero e lo fa così bene da meritarsi il Guerin d’oro come miglior calciatore del campionato. Non male a trentacinque anni, immenso Zac.

Il campionato del Toro inizia all’insegna della media inglese: pareggi in trasferta, vittorie in casa. A Udine, all’esordio, si gioca benissimo, specialmente nella ripresa, con Brini che si supera su Dossena e Junior, col palo che respinge una rasoiata su punizione di Leo deviata dalla barriera e con Schachner che si mangia il gol vittoria in spaccata a porta vuota su assist di Pileggi. L’ultimo rimpianto è ancora degli uomini di Radice: la consueta eleganza in palleggio di Dossena avvia un contropiede portato avanti da Junior che aspetta di essere raggiunto dal “Dos” per restituirgli palla al limite dell’area. Il numero dieci granata sforna un assist perfetto per Schachner che manda altissimo sull’uscita di Brini. Le mani nei capelli di Dossena dicono tutto.

In casa contro la Fiorentina dell’ex Agroppi, il Toro gioca bene e vince, seppur con qualche brivido, come quando un pallonetto di Monelli, in seguito a un’avventurosa uscita di piede di Martina, rimbalza contro la parte alta della traversa. A fine primo tempo il Toro passa con una magnifica azione corale: da Sabato a Dossena per Junior che triangola splendidamente con Schachner e batte Galli in uscita con un preciso rasoterra. Da stropicciarsi gli occhi. A inizio ripresa un pasticcio di Martina offre un’altra chance a Monelli e stavolta è l’incrocio dei pali a ribattere. Ci meritiamo i legni amici col raddoppio di Corradini, su assist di Dossena, in seguito a un’azione d’angolo. Un palo lo becchiamo anche noi con Junior su punizione, prima che la Fiorentina, a 4’ dal termine, si decida a punire la giornata stranamente poco felice di Martina, a cui sfugge la punizione di Passarella con Davide Pellegrini rapace ad accorciare le distanze. Qualche palpitazione e poi si può pensare a mercoledì, giorno del grande ritorno in Europa dopo cinque anni, contro il Panathinaikos, avversario duro.

La Maratona sa che è una grande occasione e si veste a festa, tutta Europa deve vedere che è bellissima e la coreografia con le torce e il bandierone lo conferma. Nelle sere di coppa il Comunale è così bello che gli spalti sembrano toccare il cielo, entrare nella notte. Arbitra Fredriksson (corsi e ricorsi), botte da subito, partita difficile, tanta pressione, pochi tiri (un diagonale di Dossena su cui Sarganis fa un mezzo miracolo, un inserimento di Schachner chiuso in extremis) e reti che arrivano nella ripresa. Al 48’ Sarganis devia in angolo il tiro da fuori di Sabato e sul corner da sinistra di Junior ai tifosi sembra di rivedere Serena staccare e infilare all’incrocio, ma è solo un’illusione. E’ Antonio Comi a trovare il gol sotto l’incrocio con una magnifica inzuccata. La gioia dura 3’. Mai lasciare a Saravakos la possibilità di tirare da fuori, se ne accorgeranno i gobbi qualche stagione dopo: sugli sviluppi di un corner (gran parata di Martina su botta dalla distanza di Tarasis) il portiere granata esce di pugno e il numero sette, dal limite, controlla il pallone e toglie la ragnatela dal “sette” con un capolavoro balistico. Il Toro si rigetta all’attacco, sa che è il caso di rinunciare al fioretto per brandire la mazza chiodata, crea mischie, preme, si ritrova in superiorità numerica per l’espulsione di Rocha e a 3’ dalla fine passa definitivamente in vantaggio. Su angolo da sinistra di Junior, un difensore prolunga anticipando anche Sarganis e Livathinos, nell’acrobatico tentativo di impedire un nuovo corner, finisce col rimettere in gioco Dossena sul cui traversone da destra Corradini schiaccia di testa. Ennesimo intervento del portiere greco con palla che resta a pochi passi della linea, Sabato la colpisce in maniera sbilenca, ma la sfera, dopo aver colpito il palo e il fianco di Mavridis, entra, entra finalmente. E conta solo questo. L’aggressione a un membro del servizio d’ordine da parte di alcuni giocatori greci dopo la gara è l’aperitivo di quello che accadrà di lì a quindici giorni.

Si torna in Italia, a Lecce, coi salentini alla prima storica partita interna in A al nuovo stadio “Via del Mare”. Il Toro si mangia le mani per un salvataggio della linea su Junior nel primo tempo e per il solito incredibile errore di Schachner da due passi nella ripresa, ma a una ventina di minuti dal termine Paciocco, dal dischetto, ha la possibilità del colpo grosso per i giallorossi e, innervosito da Martina, calcia in curva. Dopo lo 0-0 in Puglia, il Toro ospita la Samp e rispetta la tabella di marcia battendola di misura. Nel primo tempo, dopo un’uscita di pugno di Bordon, Zaccarelli sfiora il gran gol da fuori area, ma Pellegrini respinge sulla linea. A inizio ripresa, su centro da destra di Schachner, Sabato coglie una clamorosa traversa da pochi passi. La partita la risolve Junior dal dischetto (fallo su Corradini) e la Samp recrimina per un gol misteriosamente annullato a Galia e per un mani di Zaccarelli nel finale, con l’arbitro che, però, aveva già fermato il gioco. Si può andare ad Atene col sorriso sulle labbra.

Ammutolire ottantamila spettatori. Non è cosa da tutti. Comi, in difficoltà in campionato, ma totalmente a suo agio in Europa, ci riesce dopo nemmeno un minuto del ritorno di coppa Uefa tra Panathinaikos e Torino, quando si butta in spaccata su un pallone vagante nell’area greca e scavalca il portiere. Al 7’ ci sarebbe addirittura l’occasione per chiuderla definitivamente, ma Comi e Dossena falliscono il 2-0 di rimessa. Dopo il momento di smarrimento, giocatori e pubblico fanno scivolare la partita in autentica gazzarra. Tra colpi proibiti, proteste, commedie e tutto l’armamentario da clima rovente si arriva al pareggio su rigore di Saravakos a 20’ dalla fine e alla parata salva-risultato di Martina nel finale. La rissa prosegue al triplice fischio di Vautrot con Pileggi inseguito e menato, ma che, negli spogliatoi, rischia addirittura un’inspiegabile denuncia da parte del presidente greco. Zaccarelli, colpito al volto, finirà in ospedale e, nel clima di pace e amore generale, si becca un pugno in faccia anche il radiocronista Enrico Ameri in tribuna. Una partita tranquilla, via, ma quel che conta è avere superato il turno.

A Roma il Toro conosce la prima sconfitta stagionale grazie a due reti subite al termine delle due frazioni: nel primo tempo Bruno Conti con una caparbia azione personale, nella ripresa con Tovalieri, che comincia a romperci le scatole sin da giovane, su assist di Nela in contropiede. In mezzo, nel secondo tempo, un discreto Toro, che attacca molto, ma non sfonda. E’ tempo di derby. La Juventus ci arriva dopo cinque vittorie consecutive, i granata aspettano il ritorno di Serena sull’altra sponda. Che, ovviamente, ci segna, dopo 5’, di pancia, un’involontaria deviazione su punizione di Cabrini. Schachner potrebbe pareggiare quasi subiro su assist di Pileggi con una girata che Tacconi respinge in corner, ma al 28’ Platini raddoppia su punizione. Massimo risultato col minimo sforzo. I granata, furenti, si riversano nella metà campo avversaria, dove stazioneranno praticamente fino al 90’. Al 39’ un piazzato di Junior, deviato da Scirea, finisce all’incrocio con Tacconi di sale e l’esultanza del brasiliano che corre a raccogliere la palla in rete e incita il cuore granata dello stadio per la rimonta è una delle più iconiche della sua permanenza sotto la Mole. Purtroppo, nonostante un impegno infinito, non arriverà il secondo gol. A Milano arriva la terza sconfitta consecutiva da mangiarsi le mani: in avvio Schachner mette fuori da pochi passi e Junior centra il palo su punizione, poi al 38’ Martina capitola su una sventola da fuori dello specialista Di Bartolomei. A inizio ripresa Comi e Schachner continuano a bisticciare col gol nella stessa azione, da distanza ravvicinatissima (parata di Terraneo sul lombardo e respinta della difesa sull’austriaco) e Pileggi, per non farsi mancare nulla, centra il palo dal limite. Crisi di risultati e non di gioco, ma zero punti quando se ne meritavano almeno tre, se non quattro, fanno male.

Crisi di risultati e non di gioco, ma la scimmia è salda sulle spalle granata nel match di coppa contro l’Hajduk Spalato. Schachner è scatenato e anche più preciso del solito, ma Varvodic gli dice spesso di no, poi al 35’ Sliskovic, con un perfetto tiro al volo a incrociare su centro da sinistra di Petrovic, gela il Comunale. La ripresa è un assalto sotto la Maratona, forse poco lucido, ma generoso e il pareggio arriva a circa un quarto d’ora dalla fine, quando la difesa croata si dimentica un pallone al limite dell’area piccola, Comi si vede respingere la conclusione dal portiere e, dopo una carambola, irrompe Schachner e finalmente la butta dentro. Una piccola speranza in vista del ritorno, ma una più grossa sul resto della stagione. Abbiamo ripreso a segnare.

Crisi di risultati e non di gioco, ma ora bisogna vincere e davanti non c’è una squadra qualunque, bensì il Napoli di Maradona e il Pibe de Oro, seppur non al meglio, delizia chiunque abbia gli occhi per vedere una partita di pallone con uno strepitoso pallonetto dal limite che timbra la traversa a Martina battuto. Al 45’ l’incubo granata finisce: angolo da sinistra di Junior, prolunga di testa Schachner e Sabato, sempre di testa, fa esplodere la Maratona. La scimmia ci è definitivamente caduta di dosso, nella ripresa il gioco è più lineare, arioso, bello. Sempre su azione d’angolo il raddoppio del 54’, quando un buco della difesa partenopea regala a Comi la palla giusta da scaraventare in rete per il suo primo sigillo in campionato dell’anno. A 3’ dalla fine la punizione capolavoro di Maradona rende leggermente meno amaro il ko del Napoli. Diego dirà “abbiamo regalato noi la vittoria al Toro” ed è comunque bello sentire quella parola, Toro, detta da lui, con una specie di rispetto, anche dopo aver perso, forse, immeritatamente. Sette giorni dopo il numero dieci azzurro dimenticherà quest’amarezza quando batterà una punizione a due in area contro la Juventus in un modo che nessuno può dimenticare. Nel frattempo, noi abbiamo ricominciato a correre e a correre bene.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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