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Claudio Bonomi: Messi per un giorno

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Culto / La nuova rubrica di Francesco Bugnone: "Dinoccolato, estroso, capello lungo, gran mancino: ha tutto per entrare nell’immaginario di un diciottenne, quale sono"
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

Toro News è lieto di accogliere la penna - tanto raffinata quanto intrisa di "granatismo" - di Francesco Bugnone, che intratterrà i nostri lettori con la rubrica "Culto". Le sue storie ruoteranno intorno a personaggi granata più o meno dimenticati che sono stati in grado di accendere la sua fantasia di tifoso. Buona lettura.

Non c’erano molti modi per riaccendere una piazza dopo una stagione discretamente squallida come quella 1996/97 (nono posto in B a 12 punti dalla zona promozione). Vidulich, alla sua prima campagna acquisti dopo aver rilevato il Toro da Calleri qualche mese prima, sceglie il migliore: far tornare a casa Lentini, dopo lo scintillante anno di Bergamo. Passiamo da una sconfitta in casa 4-0 col Ravenna a chiudere il campionato al crederci di nuovo tantissimo. Ci va bene tutto, accettiamo tutto, anche scelte discutibili come Souness allenatore (ma perché?!), ci piacciono tutti gli acquisti che siano scommesse (Asta, consigliato da Gigi Radice: sarà vinta, ma lo sapremo qualche anno dopo), giocatori di categoria alla Ficcadenti, vecchi leoni come Minotti, promesse come Carparelli. Accettiamo anche cognomi che sembravano fatti apposta per farci prendere per il culo, tipo Scarponi. Anni dopo prenderemo Escalona, per mantenere viva la tradizione.

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Tra le facce nuove c’è quella di Claudio Bonomi. E lì mi esalto davvero, Lentini o non Lentini. L’anno prima trascinatore a Castel di Sangro, condotto a una salvezza impronosticabile, ci aveva fatto venire matti nella partita che, di fatto, mise la pietra tombale sulle nostre residue speranze di promozione. Dinoccolato, estroso, capello lungo, gran mancino: ha tutto per entrare nell’immaginario di un diciottenne, quale sono. Si prende anche la maglia numero dieci, segno di una discreta personalità. Sembra l’inizio di una grande storia d’amore. Sembra. La stagione inizia ed è subito equivoco tattico con Lentini che vuole giocare a sinistra. Tanto per cominciare bene, si perde in casa dell’Ancona neopromossa all’esordio e, subito dopo, per Claudio si aprono le porte della panchina col fantasma di una cessione autunnale. Poi arriva l’8 novembre. Nel frattempo, al Toro, è cambiato tutto. La gestione senza capo né coda di Souness finisce ingloriosamente dopo un 4-0 a Verona e la società chiama in fretta e furia Edi Reja, galantuomo e bravo tecnico che l’anno precedente portò in A il Brescia. L’inizio è shock con quattro pere prese a domicilio dal Venezia, ma poi qualcosa migliora. Arrivano Mauro Bonomi, Fattori e Brambilla a rinforzare reparti chiave e si riparte: pareggio a Monza, vittoria ad Andria. La partita fondamentale per capire se sia vera gloria e si possa sperare in una rimonta arriva proprio l’8 novembre, contro il Cagliari di Ventura, una delle squadre più accreditate per la promozione in A.

Ci sono giornate in cui a un giocatore riesce tutto. Giornate che te le ricordi e pensi “eh, se avesse sempre giocato così, chissà”, giornate che acuiscono il rimpianto sportivo, con una lente quasi distorta, perché pensiamo che il “vero” giocatore sia quello di quei 90’ e non quello delle altre dieci, venti, trenta partite anonime. Toro-Cagliari è QUELLA giornata per Claudio Bonomi, per lo meno al Toro, in cui per 90’ diventa una specie di Messi ante-litteram. Dribbling, sgroppate, tocchi di fino. E gol, soprattutto gol. Tre. Uno più bello dell’altro. 40’: punizione da venticinque metri, posizione centrale. Qualche minuto prima, dalla stessa mattonella, Ferrante ha colpito la traversa col destro. Lui calcia col sinistro. Pallone a spiovere, palla nel “sette”, uno a zero. Uno dei piazzati più belli visti calciare a un granata. 49’: il Toro se ne va in splendido contropiede. Lentini trova il varco giusto per pescare Bonomi che si trova qualche passo fuori dalla lunetta. Scarpi è a mezza strada e il numero dieci ha l’intuizione di tirare subito, senza avanzare. E’ l’idea giusta: sinistro beffardo e palla in rete. Lentini-Bonomi: da bisticcio tattico a tandem su cui confezionare un gran gol. Come si cambia. 63’: Brambilla vede Bonomi arrivare da destra come un treno e lo serve in profondità. L’ex sangrino si ritrova a tu per tu con Scarpi in uscita e decide di tirare fuori dal cilindro un pallonetto mancino meraviglioso, di quelli in cui la palla sale altissima e poi scende quando nessuno ci può più far nulla. Sono tre. Esultanza con maglia tolta, messa sulla bandierina e sventolata. Sembra la svolta.

Le dichiarazioni dei giorni successivi sono le solite di questi casi. Il giocatore ritrovato, l’arma in più, adesso vedrete, tutto risolto. Gli immancabili riferimenti a Maradona spiato quando Bonomi era nelle giovanili del Napoli, visto il gol su punizione. Adesso sì che sembra l’inizio di una grande storia d’amore. Ancora una volta: sembra. Bonomi non riesce a ripetersi nelle gare successive e arriverà la cessione. Andrà in serie A all’Empoli, dove farà tutt’altro che male e mostrerà ogni tanto quello che ci aveva fatto vedere quel pomeriggio. Il Toro, invece, si vedrà togliere la promozione in serie A da uno dei più grandi furti della storia del calcio, incredibilmente passato sotto silenzio. Stiamo ancora aspettando adesso il replay di Telepiù sul presunto fallo di Tricarico su Colonnello che costò l’espulsione al nostro, per esempio. Ma questa è tutta un’altra storia. Chissà se col Bonomi di Toro-Cagliari sarebbe stata diversa.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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