Un insopportabile mercato fiume è appena finito e Culto vi vuole immergere di nuovo nel fantastico mondo di trattative, sogni, speranze, incavolature di qualche anno fa. Sadismo? No, voglia di ripercorrere qualche piccola perla della nostra storia senza pretesa di esaustivi, seguendo cuore e pancia e pensando che ogni tanto questa rubrica nella rubrica potrebbe fare capolino, magari a gennaio. Che poi, a ben vedere, i sentimenti dei tifosi nei confronti di “questi” giorni sono sempre gli stessi anche se allora, grazie a Dio, c’erano meno giorni per vendere e comprare e non esisteva ancora la funzione “aggiorna” per controllare se finalmente avessimo ufficializzato qualcuno.
CULTO
Cultomercato
A mercato finito, Culto di Francesco Bugnone pesca alcune curiosità nella nostra storia fra doppie firme, grandi ritorni, sogni sfumati, scambi impossibili solo da pensare
DOPPIA FIRMA
Safet “Pape” Susic, origini bosniache, è uno di quei calciatori che fanno sognare i tifosi. Le sue giocate magiche sono entrate così tanto nell’immaginario collettivo dei supporter delle squadre in cui ha giocato che viene addirittura citato nelle prime battute del “Favoloso mondo di Amelie” che vedono le sue giocate del periodo Paris Sg interrotte da un dispetto della piccola protagonista all’antenna di un vicino di un casa che sta seguendo la partita. L’Italia conosce bene Safet: ha segnato una tripletta alla Nazionale in un’amichevole del 1979 finita 4-1 per la Jugoslavia. Tre anni dopo il Toro decide di accaparrarsi il fantasista come primo colpo del nuovo presidente Sergio Rossi. Viene firmato un precontratto, con tutti i crismi del caso, e il granata sembra fatto apposta per lui. Peccato che a un certo punto si metta di mezzo l’Inter. I nerazzurri hanno in mano un altro documento firmato da Susic che lo spinge in nerazzurro. Inizia un braccio di ferro per dirimere la questione, Susic con aria da santerellino dice di essere dei granata, afferma che con l’Inter ha firmato un foglio di carta senza nessun valore (cosa pensava di fare? Un autografo a Mazzola?) e noi lo vediamo già correre sotto la Maratona, magari dopo un altra tripletta a Zoff. Le cose, però, sono ben più complicate di così. Alla fine la Lega decide che entrambi i contratti o presunti tali non sono validi. In una sorta di caso Figo ante-litteram, entrambe le squadre rinunciano allo jugoslavo che si accasa in Francia, come detto, a Parigi. Noi vireremo su Hernandez, l’Inter si terrà Hansi Muller su cui aveva qualche riserva a livello fisico, entrambe le squadre, buggerate, proveranno il sottile retrogusto del rimpianto.
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IL RITORNO DI GIGI
Dici calciomercato e, se hai una quarantina d’anni abbondante, pensi a una sera del 1992 dove la Torino granata viene a conoscenza della cessione di Gigi Lentini al Milan, proprio quando sembrava che, al costo di grossi sacrifici, dovesse rimanere. Un popolo infuriato si appresta a scendere per strada a protestare contro dirigenti, giocatore, tutto e tutti. Però non è di questa storia che voglio parlare, perché se ne è detto troppo e perché ha segnato il nostro beniamino nel bene, ma anche nel male. Preferisco pensare a un altro mercato con Lentini protagonista, quello del 1997. I genovesi capeggiati da Vidulich si sono insediati da poco alla presidenza e hanno bisogno di un colpo sensazionale per ridare vita a una piazza stroncata da un orrendo campionato di serie B in cui, a differenza dei due precedenti vittoriosi, sono finiti a distanza dalla zona promozione con un girone di ritorno allucinante. Sicuramente il nuovo tecnico, Souness, non ha scaldato (e ci mancherebbe pure), allora serve altro.
Gigi Lentini è reduce da una stagione entusiasmante a Bergamo, la migliore dopo il tragico incidente dell’estate 1994 che gli stava costando la vita. Sotto la guida del mentore Mondonico è tornato molto vicino a quello di un tempo, ha contribuito al grande campionato di Pippo Inzaghi chiuso in testa alla classifica marcatori e sembra tornare nel giro azzurro. Dopo il prestito agli orobici torna al Milan. Potrebbe andare altrove, tanta A lo vuole, ma ascolta quella cosa che, nonostante tutto, è sempre granata: il suo cuore. Lentini scende in B e torna in granata, quello che abbiamo sempre sognato dal suo addio, quello che, sotto sotto, ha sempre desiderato anche lui. In un colpo solo dimentichiamo una stagione da schifo, non ci curiamo del 4-0 interno col Ravenna che chiude lo strazio, pensiamo solo a Gigi, alle sue sgroppate, ai sogni di risalita da lui guidati. Non sarà proprio così, purtroppo. Lentini è meno esplosivo di prima anche se, per la B, resta tanta roba e il secondo anno, sì, perché prima c’è il furto di Perugia, sarà fondamentale nella promozione targata Mondonico-bis. Però non è il suo rendimento a importare ora, ma come siamo capaci di riaccenderci presto, anche dopo un campionato atroce, quando ci viene presentato l’acquisto giusto. Io, in quei giorni, volavo. Letteralmente. E sono sicuro che avete volato anche voi.
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ANTIQUARIATO
La leggenda vuole che Claudio Sala abbia appreso del suo passaggio dal Napoli al Torino leggendo un giornale in un autogrill mentre si dirigeva verso il mare. Chissà come o dove avrebbe letto di uno dei più clamorosi scambi del calcio italiano, se solo fosse andato in porto, anche perché ci sono due versioni discordanti. La prima: Giagnoni e Rivera sono ai ferri corti. Il mister col colbacco in rossonero non ha trovato l’amore che l’aveva inondato al Toro, anche perché non vede la bandiera rossonera come intoccabile e così pare il presidente Buticchi tanto da pensare a uno scambio, sulla carta, impensabile anni prima: via Rivera e dentro Claudio Sala. La risposta data da Pianelli è una di quelle che entrano nella leggenda: “Non mi occupo di antiquariato” e il tutto sfuma. Siamo nella primavera 1975. Cosa succederà di lì a un anno lo sappiamo tutti.
Seconda versione, raccontata anni dopo dal figlio di Buticchi: Pianelli e il presidente rossonero stanno scherzando fra loro. “Per vincere lo scudetto mi ci vorrebbe Rivera” afferma il nostro presidente, “Va bene, ma tu devi darmi Claudio Sala” la risposa di rimando. Grosse risate, giornalisti in ascolto e il giorno successivo titoloni sul fantascambio in oggetto. Quale verità? Noi ne sappiamo solo una. Per quanto sarebbe stato un onore avere un monumento come Gianni Rivera vestito di granata, non avrebbe mai pareggiato vedere andare via Claudio Sala e forse senza Sala, chi lo sa, quella macchina perfetta che ci ha fatto vincere uno scudetto meraviglioso non avrebbe girato così meravigliosamente. Il Poeta è rimasto e ci ha resi felici, così come Gianni coi nostri omologhi rossoneri, chiudendo anche con lo scudetto della Stella.
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SOGNANDO LINEKER
Estate 1990, il Toro torna in serie A trionfalmente e subito piazza un colpo meraviglioso: Rafael Martin Vazquez sottratto al Real Madrid e chi non c’era non può capire quanto fosse difficile che le merengues vendessero qualcuno di così “pesante” al top della carriera. Borsano non è sazio, però. Vuole un attaccante, uno di quelli che sfondando le reti visto che Skoro e Muller, per motivi diversi, non gli danno sufficienti garanzie. All’inizio si pensa a Cantona, ai tempi “soltanto” una buona punta, ma non ancora assunto allo status di giocatore di culto che assumerà a Manchester. Poi il nome che fa andare fuori di testa i tifosi granata: Gary Lineker, centravanti del Tottenham e della nazionale inglese, capocannoniere a Messico ’86 e ben disimpegnatosi anche a Italia ’90. Il Toro fa l’offerta è aspetta. Sei miliardi che possono arrivare a sette più Skoro. Lineker è diplomatico, dice che vuole onorare il contratto con gli Spurs, ma una chiamata dall’Italia, che in quel momento rappresenta ciò che è la Premier adesso, sarebbe valutata. Maratona e dintorni sognano un colpo clamoroso, Casasco dice che la valigia è sempre pronta per volare in Inghilterra a trattare in caso di aperture, ma la durissima realtà è la volontà dei londinesi e ai tempi i club pesano ancora parecchio nel decidere la sorte dei propri dipendenti: o dodici miliardi o niente. Per noi sono davvero troppi e il sogno inglese tramonta, ma c’è un lieto fine. Il “nostro” Lineker, se non come caratteristiche come fiuto del gol, finiamo per trovarcelo in casa. Giorgio Bresciani, ragazzo del Filadelfia, partito a fari spenti si ritrova al centro dell’attacco formando una coppia d’oro con Lentini. I due, insieme, contribuiranno fortemente a riportarci in Europa, finendo davanti alla Juventus battuta nel derby di ritorno e costretta, per una volta, a guardarci in tv. Basta e avanza per lenire il rimpianto.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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