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Col Toro matematicamente salvo dopo aver addirittura cullato impensabili sogni europei, i primi di giugno del 1995 dei tifosi granata non sono occupati dall’ultima di campionato contro il pericolante Genoa, contro cui non ci danneremo più di tanto consentendogli di arrivare al crudele spareggio perso ai rigori contro il Padova, bensì dal mercato: un grande colpo internazionale sembra questione di giorni. Si tratta del centravanti Hakan Sukur, ventiquattrenne bomber del Galatasaray e nazionale turco. Non capiamo bene quale sia il nome e quale il cognome, forse troviamo esagerata la definizione “Van Basten del Bosforo” che circola su giornali, ma non stiamo nella pelle perché crediamo di aver preso un attaccante di livello internazionale. I sogni a occhi aperti si sprecano: gol di testa, gol di piede, corse sotto la Maratona, portieri in ginocchio.
In quel momento, e ancora per poco, ci fidiamo di Calleri. D’altronde ha comprato Angloma, Rizzitelli e Pelè e hanno reso alla grande in quel rivoluzionatissimo Toro 94/95. L’avventura di Sukur parte, però, con uno scricchiolio. Quando arriva a Torino per le ultime formalità sembra avere un ripensamento. La reazione furibonda dei suoi ex tifosi alla cessione e il fatto di allontanarsi per la prima volta da casa lo rendono titubante. “Nostalgia” in turco si dice “nostalji”, ma qualcuno pensa alla più esotica saudade che attanagliava Luis Muller pochi anni prima temendo una storia simile. Hakan, però, alla fine si convince e firma. Assiste anche alla partitella dei futuri compagni contro il San Patrignano. In una foto è vicino a Pelè. Il turco fissa l’obiettivo con un sorriso timido e lo sguardo poco convinto, il ghanese, con la maglia da gioco, ha gli occhi da un’altra parte. Sembra la fotografia chiesta da un tifoso al suo idolo che, però, è di fretta.
In conferenza stampa Hakan non pare il ragazzo che si fa problemi ad andar via da casa. Secondo La Stampa “parla già da leone”, sebbene affermi che la prima parola imparata in italiano sia “arrivederci”, cupo presagio di quel che sarà. Elogia Rizzitelli, parla dei derby di Istanbul, quando vogliono estrapolare qualche dichiarazione sulla Juventus glissa desiderando discorrere solo di Toro e che il bene della squadra sarà il suo. Nella foto tiene in mano la nuova maglia numero nove, colto in un’espressione meno convinta delle sue parole, ma forse è il senno di poi a farsi sentire.
Col quasi omonimo studente Sukru come interprete, in ritiro Hakan attira la curiosità dei giornalisti visto che il suo essere musulmano sembra renderlo quasi un alieno. Tra una domanda sul ramadan e l’altra, la nostalgia di casa spunta dietro parecchie risposte, ma c’è anche la determinazione di fare bene in Italia per diventare una stella europea. Una botta di Sogliano rischia di fargli saltare la prima amichevole stagionale col Bressanone, ma il centravanti va subito a segno dopo sei minuti: stop di petto e conclusione mancina su cross di un altro atteso volto nuovo, Milanese. A fine gara il numero nove ricorda che gli imam stanno pregando per lui, si sente alfiere del suo mondo all’estero. Si pensa di poter arrivare a qualcosa più di una semplice salvezza e Calleri dice che siamo avanti anni luce rispetto all’anno precedente. Nessuno pensa alla grandinata che si è abbattuta sul Filadelfia il giorno del raduno come a un cattivo presagio.
Le amichevoli non proprio esaltanti della compagine granata peggiorano un po’ l’umore della truppa. L’ambientamento di Hakan procede a rilento, ma poco prima di Ferragosto, durante il trofeo Vincenzo Spagnolo, in un triangolare contro Genoa e Nottingham Forest, il turco regala un gol da cineteca con un sinistro da venti metri all’incrocio contro i rossoblù. È l’ultimo graffio prima di prendere un aereo e volare in Turchia per sposarsi. Nonostante l’interruzione momentanea della sua esperienza granata continuiamo a crederci: lo facevamo dopo le reti alle squadre dilettantistiche, figuriamoci a una compagine professionistica come quella ligure.
Oddio, il fatto che, prima di andarsene da Istanbul dichiari di voler tornare lì a fine anno e il ritorno a Torino con un giorno di ritardo per un permesso di cui sembrava essere a conoscenza solo Calleri non sono il massimo, ma si fa finta di nulla anche perché, nell’ultima amichevole prima del campionato in casa della Pro Vercelli, Sukur è scatenato. Oltre a un bel gol di testa, ne sfiora un altro e pare vogliosissimo di fare bene. Alla vigilia della partita con la Fiorentina lo carica anche l’ultimo turco che ha giocato in Italia, Can Bartu che esordì in A proprio in un Fiorentina-Torino vinto 2-0 dai viola contro i granata di Law e Baker. Purtroppo la storia si ripeterà.
Dopo un discreto primo tempo, il Toro viene infilato due volte da Banchelli. Sukur viene definito un fantasma che ci ha fatto giocare in dieci per settanta minuti, prendendo anche un discreto cazziatone da Rizzitelli. Sonetti non sembra più tanto accomodante, con una battutaccia sul recente matrimonio dice che Hakan ha fatto gol “a casa” (secondo altre versioni “in un’altra porta”). Al di là del gusto toscano per la battuta, è la frase finale che fa emergere come, al di là delle parole di circostanza, qualcuno si stia un po’ stancando dei dolori del giovane Werther in salsa turca. “Il ragazzo deve svegliarsi. Noi abbiamo fatto di tutto per metterlo a suo agio”.
La situazione sembra precipitare in poche ore. Il ds Giorgio Vitali dice “Non lo vogliamo tagliare”, classica frase che esce quando un pensierino a riguardo c’è. È quasi grottesco che, dopo una sola partita, si arrivi già a discorsi simili. Nel frattempo il Toro si fa sbattere fuori dalla Coppa Italia dal Fiorenzuola, ma stavolta non si può dare la colpa al turco lasciato a riposo. Il gol di Dionigi non basta per evitare l’umiliazione di essere eliminati da una squadra di C. Marca male e il problema non sembra solo il numero nove. Bisogna correre ai ripari in fretta, mentre i muri del campo Agnelli ospitano qualche parola non proprio gentile degli ultras nei confronti dei giocatori.
La sosta per le Nazionali fa benissimo a Sukur che stende l’Ungheria con una doppietta di testa e avvicina la Turchia di Terim a una storica qualificazione agli Europei. L’attaccante canta addirittura Bella Ciao in tv, si lamenta per le cattiverie inaspettate della stampa di casa sul suo esordio a Firenze e fa finta di nulla riguardo le parole di Sonetti. Tornato a Torino, ritrova un nuovo compagno: si chiama Roberto Cravero. Lui non sa chi è, noi sì.
Contro il Bari il Toro passa in vantaggio in avvio su autorete di Ricci, ma subisce il pareggio di Protti a fine frazione. Sukur è partito bene, però nella ripresa sembra calato. Al 67’ il Toro batte un calcio d’angolo da destra con Bernardini e il numero nove fa un passo indietro per ingannare il difensore poi stacca con tutti i suoi centonovantuno centimetri. La palla, colpita con potenza, si insacca all’angolino basso e i galletti non sanno ancora che stabiliranno un curioso record: subire l’unico gol in granata del turco e, al ritorno, l’unico gol di chi lo sostituirà (Karic). Il bomber è sommerso dall’abbraccio dei compagni e sembra quasi commuoversi, in tribuna mamma e moglie esultano, i tifosi vengono ringraziati per l’affetto, Rizzitelli siglerà il 3-1 su rigore, sembra tutto bello. Sembra.
Due giorni dopo Hakan sta già smentendo l’ennesima intervista dove pare abbia detto nuovamente di voler tornare a casa. Terza giornata: a Padova l’1-1 va strettissimo (gran gol da fuori di Bernardini per il provvisorio vantaggio, pari in mischia di Kreek, palo interno di Cristallini e tante occasioni granata) e Hakan avrebbe l’occasione per il 2-0 su errore di Bonaiuti, ma il tiro non è dei migliori, il portiere devia in corner e al turco non resta che beccare, a testa bassa, la sgridata di Rizzitelli. Altra grossa occasione nel secondo tempo, ma il nove, da ottima posizione, sceglie il colpo di testa in tuffo invece di calciare al volo su centro dell’ottimo Bernardini: palla a lato.
Finisce 1-1 anche in casa contro la Samp: solito gol balordo preso, segnato da Maniero, e immediato pari di Rizzitelli (stop e botta di destro al volo su cross di Milanese) prima di uscire per una botta. In mezzo tante belle parate di Pagotto e un palo di Seedorf su punizione. Hakan potrebbe segnare nel primo tempo su invito di Rizzitelli, anticipa di testa il portiere avversario per evitarlo, ma si allarga troppo per essere pericoloso.
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La domenica successiva si va in casa dell’Inter che sta vivendo una sorta di psicodramma dopo l’esonero di Bianchi e la clamorosa eliminazione in coppa Uefa per mano del Lugano con Luisito Suarez a occupare la panchina in attesa di Hodgson. Le buone prove, pur senza successo, contro Padova e Sampdoria sembrano averci rimesso sulla retta via e, sottovoce ma non troppo, si parla di colpaccio a San Siro. Sarà un massacro: 4-0 inaugurato da una punizione di Roberto Carlos in avvio, due rigori contro (il primo come minimo dubbio), Rizzitelli espulso per proteste riguardanti un alterco tra Milanese e Manicone che, secondo il capitano, avrebbe dovuto essere espulso per doppia ammonizione. In tutto questo, Sukur la vede poco, Sonetti negli spogliatoi continua a ripetere che lo si agevola in ogni modo, ma senza progressi, e che sembra non avere particolare carattere per il calcio italiano. Non avrà più occasioni per dimostrare di averlo, visto che sarà la sua ultima gara con la nostra maglia addosso. Addio sogni di gloria suoi e, soprattutto, nostri.
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Ormai siamo alla telenovela. Sukur dice che i suoi compagni non gli passano la palla perché invidiosi, poi chiede scusa. Siamo ai titoli di coda: Calleri, a malincuore, ma con fermezza, chiude il rapporto e rispedisce Hakan al Galatasaray. Continua a definirlo un campione, ma riconosce che al Toro non si è ambientato, non era cosa, un rapporto finito forse prima di sbocciare. Verrà sostituito dal modesto carneade Veldin Karic e le porte della retrocessione si spalancheranno in fretta per inghiottirci. Il turco, una volta tornato a casa, sembra indossare il mantello di Superman tornando il centravanti di sempre e non solo in campo nazionale, ma nelle coppe e con la maglia della Turchia. Tornerà in Italia, ma non combinerà molto (fortunatamente non ci farà alcun gol dell’ex), idem in Inghilterra.
Solo nella sua terra tornerà ancora una volta devastante, gonfiando la rete ripetutamente anche in Champions, segnando il gol più rapido della storia dei mondiali e facendo quello che avremmo voluto vedergli fare al Toro. Segnare ai gobbi. Lo fa in un 2-2 del 1998, con un inserimento da rapace e un preciso tocco proprio sotto la curva dove segnò al Bari. Lo fa in una sconfitta per 2-1 nel 2003 con un bruciante inserimento di testa su angolo da destra sempre sotto quella curva. Lo fa due volte sempre nel 2003, in un 2-0 giocato a Dortmund, in campo neutro, a causa dell’attentato di Al Qaeda a Istanbul una decina di giorni prima. L’1-0 è un meraviglioso colpo di testa in tuffo indirizzato sul palo lontano, il raddoppio un preciso sinistro dopo una fuga in contropiede. Questo era forte. Non abbiamo sbagliato a sognare, forse. Però non era il tempo né, soprattutto, il luogo e possiamo solamente rimpiangere.
Questa storia finisce male e lo sappiamo tutti. Senza retorica o troppi giri di parole, Hakan Sukur, entrato in politica, in seguito alla rottura fra Fethullah Gülen, a cui era vicino, ed Erdogan, si è ritrovato inviso al regime. In seguito alle accuse di insulti su Twitter nei confronti del presidente turco si è trasferito in America. Come se non bastasse Erdogan lo ha accusato anche di essere contiguo agli autori del colpo di stato del 2016. Hakan Sukur ha perso praticamente tutto, non viene quasi più ricordato col suo nome in patria. È stato barista, autista, venditore di libri. Non voglio pensare a quanto gli manchi casa sua.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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