Ruggiero Rizzitelli è uno dei colpi più prestigiosi del movimentato mercato del primo Torino di Calleri nell’estate 1994. “Rizzi-gol”, diventato anche tormentone televisivo grazie a Stefano Masciarelli in “Avanzi”, ha fatto bene a Roma da seconda punta, protagonista di memorabili notti di coppe sia nazionali che europee. Suo l’unico gol giallorosso nella doppia finale Uefa persa contro l’Inter, suo uno dei maggiori “what if?” della storia azzurra quando colpì il palo con un magnifico diagonale mancino a Mosca contro l’Urss. Pochi centimetri più in là e l’Italia probabilmente si sarebbe qualificata agli Europei 1992 col presidente federale Matarrese che non avrebbe potuto esonerare a cuor leggero Azeglio Vicini sostituendolo con Arrigo Sacchi. Il destino ha imboccato un’altra strada. A Torino Ruggiero polverizzerà i suoi record realizzativi con trenta reti in campionato in due anni (diciannove il primo, undici il secondo) più una in Coppa Italia, vestirà la fascia di capitano e siglerà cinque gol in quattro derby, ma l’inizio della sua esperienza granata non è semplice. Rosario Rampanti, promosso in prima squadra dopo i successi ottenuti con la primavera, si ritrova una squadra tutta nuova e cerca non facili equilibri. Nel triangolare estivo di Jerez de la Frontera ne fa le spese proprio Rizzitelli che si siede in panchina mentre si vocifera di uno scambio con il Genoa per prendere Padovano. Le voci di mercato continuano anche successivamente, ma alla prima di campionato l’ex romanista è in campo con un inusuale numero otto, partendo larghissimo prima che l’infortunio di Silenzi lo porti al centro. A pochi minuti dalla fine, smarcato da Scienza, “Rizzi” ha il pallone per pareggiare il vantaggio di Sosa, ma il suo diagonale è debole e Pagliuca blocca a terra. Un problema fisico nel riscaldamento mette l’ex cesenate fuori causa nell’andata di Coppa Italia a Monza, facendolo partire dalla panchina la domenica successiva in casa della Lazio di Zeman in una gara dove il Toro si schiera sorprendentemente a zona con esiti tragici visto che al 40’ i padroni di casa conducono 3-0. Rizzitelli entra a buoi abbondantemente scappati e non può incedire. Toro-Padova è già decisiva nonostante siamo solo alla terza giornata e i granata vincono con una doppietta di Scienza, ma Ruggiero non c’è. Per motivi di equilibrio Rampanti dichiara che giocherà sempre con due fra Silenzi, Pelè e Rizzitelli e stavolta è stato quest’ultimo a essere escluso, senza andare nemmeno in panchina (“Sono stato io a spedirlo in tribuna. Per non avvilirlo. E devo dire che il giocatore ha capito la mia decisione” le parole del tecnico).


Culto
Foggia-Toro 0-2: l’alba di Rizzi-Gol
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Nonostante la boccata di ossigeno in campionato Calleri non sembra più molto convinto dell’operato di Serino e medita un avvicendamento. Nel frattempo incombe il ritorno di Coppa Italia contro il Monza, battuto 1-0 in trasferta: Rizzitelli torna titolare vestendo numero dieci e fascia da capitano, sblocca il risultato con un pallonetto su assist di Luiso, match-winner al “Brianteo”, ed esce a fine primo tempo dopo uno scontro con Del Piano. Finirà 4-2 per il Toro che, a metà ripresa, si ritroverà sotto 2-1 e virtualmente eliminato prima di reagire con orgoglio grazie ad Angloma, Pessotto e a una bellissima punizione di Vittorio Tosto che saluterà la compagnia di lì a poco. Nonostante sia fuori dalla zona retrocessione e abbia portato i granata al terzo turno di coppa, Rampanti viene esonerato. L’addio di Rosario è triste, perché si ritrova a lasciare quella che ha sempre considerato una seconda famiglia, ma c’è spazio anche per parole dure e decisamente profetiche, non tanto nell’immediato, ma per il futuro visto il lungo tunnel che imboccherà la squadra dall’anno successivo (“Da questa vicenda sono sicuro che qualche giocatore non uscirà con la coscienza completamente tranquilla. Il colore granata addosso a qualcuno si è stinto. Un colore che significa Superga, Ferrini, Meroni: se non hanno capito queste cose allora è meglio che cambino mestiere. Zaccarelli e io rappresentavamo ancora l’emblema del vero Toro, ora sono state completamente estirpate le radici della società”). Calleri sceglie Nedo Sonetti per guidare il Toro, ma nell’imminente trasferta di Foggia, causa motivi burocratici, toccherà a un altro cuore Toro come Lido Vieri sedersi in panchina abbandonando momentaneamente il ruolo di preparatore dei portieri. Di fatto è l’unico legame col vecchio Torino che nel giro di pochi mesi si è visto passare addosso un caterpillar sia pur per sistemare il bilancio: “Purtroppo l’unico legame con il passato è rappresentato dal sottoscritto e non è bello, le radici sono sempre importanti, costituiscono un patrimonio storico. M’auguro che molti dei nostri attuali calciatori rimangano a lungo qui in modo da affezionarsi a questa maglia, comprendere cosa significa vestirla”.
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Il Foggia è passato da Zeman a Enrico Catuzzi, discepolo della zona e noto per aver allenato il “Bari dei baresi” che sfiorò la promozione nei primi anni ottanta. La leggenda vuole che durante i mondiali 1982 ad Antonio Matarrese, ai tempi presidente della Lega, dopo il pareggio tra Italia e Perù venne chiesto se Catuzzi avrebbe fatto come Bearzot mandando in campo Causio, e non una punta, al posto del sostituito Paolo Rossi. “Non offendiamo Catuzzi” fu la risposta, probabilmente non ripetuta qualche settimana più tardi quando Zoff alzò la Coppa del Mondo. Al di là di quest’episodio che lo vide involontario protagonista, Catuzzi non fa rimpiangere Zeman nell’avvio di stagione visto che i satanelli sono l’unica squadra a non aver perso una partita tra amichevoli, campionato e Coppa Italia. In serie A i punti sono cinque frutto di due pareggi in rimonta a Roma, il giorno del primo gol di Totti, e contro la Samp sul neutro di Bologna e di un netto 3-1 al Brescia con gara ipotecata già nel primo tempo. Comprensibile l’entusiasmo dello “Zaccheria” che non sa ancora che assisterà all’alba in granata di Rizzi-gol, nato a Margherita di Savoia, a un’ottantina di chilometri di distanza. Il Torino scende in campo con la non entusiasmante divisa bianca con inserti gialli e granata schierando Pastine, Angloma, Sogliano, Falcone, Torrisi, Maltagliati, Rizzitelli, Scienza, Silenzi, Abedi Pelè e Pessotto. Il numero sette sarà quello che Ruggiero porterà sulle spalle per quasi tutta la stagione e l’anno successivo, col passaggio ai numeri fissi, si aggiudicherà nell’asta benefica fra giocatori proprio quella maglia, sapendo quanta importanza ha ricoperto nella storia granata (Meroni, Claudio Sala, Menti giusto per nominare qualche predecessore illustre). Si parte col settore ospiti granata che fa comparire uno striscione geniale che riassume le ultime folli giornate: “Nedo, un consiglio: non vincere mai”. Il Foggia parte rapido sulle ali dell’entusiasmo, ma il Toro ci metta la grinta che era mancata in precedenti occasioni. Pastine, forse motivato dal fatto che Vieri, che tanto crede in lui, sia in panchina, si scuote dalle incertezze di inizio stagione facendosi sentire con la voce e con le parate (bravo su Marazzina, allora “solo” un giovane di belle speranze, e su Bresciani in uscita), Abedi Pelè gioca una partita di insospettabile sacrificio su Di Biagio, Falcone vuole dimostrare che un certo modo di intendere il granata non è morto, Pessotto giostra ovunque. Il Toro sfiora la rete con due colpi di testa di poco a lato di Silenzi e Maltagliati.
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Il primo tempo si chiude 0-0, ma la ripresa inizia in modo tempestoso visto che il fiscale Rosica espelle Sogliano per doppia ammonizione. Vieri è costretto a sostituire Pelè, zoppicante, per inserire Caricola e al 62’ un bolide dalla distanza di Caini sembra quello buono per far capitolare Pastine, ma la palla centra il montante. Neanche il tempo di spaventarsi che il Toro sblocca la situazione in contropiede: splendido lancio di Angloma per il numero sette che controlla con il tacco nel cuore della frastornata difesa avversaria e realizza di destro nonostante il tentativo di opposizione del compianto Franco Mancini. La rete del raddoppio al 72’ è ancora più bella: scatto di trenta metri palla al piede tallonato invano da due avversari e tocco di destro da posizione angolata a scavalcare il portiere. Poco dopo potrebbe esserci anche la tripletta: palleggio in area, pallonetto sull’uscita di Mancini e clamorosa rovesciata di Di Bari sulla linea a evitare una marcatura d’antologia. Chiudono la partita un salvataggio di Scienza su colpo di testa di Bianchini e una traversa di Silenzi in contropiede. Lido Vieri, che affermerà di aver urlato come un pazzo alla prima panchina dopo quattordici anni di assenza, Sonetti e il mondo granata possono esultare per il colpaccio. Negli spogliatoi la domanda più gettonata è come sia stata possibile questa metamorfosi soprattutto dal punto di vista dell’aggressività, ma tranne un candido Pessotto (“La grinta? Sempre esistita. L’unica differenza rispetto alle altre volte è che qui l’abbiamo avuta tutti e undici”) le risposte sono tutte evasive. Tutte, tranne quella di Rizzitelli che a muso duro dice di togliersi dalla testa che Rampanti sia stato esonerato a causa sua, citando il fatto che solo pochi giorni prima era stato schierato e con la fascia da capitano al braccio. Sulla Stampa Claudio Giacchino scrive che, secondo qualche spiffero, c’era stato sì uno scontro duro col precedente mister, ma poi ricomposto, alludendo velatamente al fatto che si dovesse cercare altrove i “congiurati”. Comunque sia andata questa storia dolce-amara, il Toro (senza Fila, senza tanti giocatori delle giovanili, con sempre meno figure storiche al suo interno) entra nell’ennesimo anno zero della sua storia. Non sa ancora quanto buio dovrà attraversare e quanto amaro trangugiare. Le reti di Rizzitelli, soprattutto quelle alla Juventus, avranno il merito di farci stare bene ancora per un po’.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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