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Culto

Giuseppe Vives ci ha voluto bene

Giuseppe Vives ci ha voluto bene - immagine 1
Il 29 gennaio 2017 Giuseppe Vives saluta commosso la Maratona e lascia il Torino con un'immagine davvero toccante. Culto di Francesco Bugnone ci racconta l'esperienza in granata dell'ex leccese attraverso i suoi gol, pochi ma pesanti
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

29 GENNAIO 2017, Torino, Stadio Olimpico

Torino-Atalanta 1-1 è un triste match delle dodici e trenta giocato sotto un cielo lattiginoso in cui alla rete in apertura di Iago Falque risponde Petagna a metà ripresa. Nonostante un attacco pazzesco, le lacune negli altri reparti portano i granata di Mihajlovic lontani dalla zona Europa sin dalle prime battute del girone di ritorno rendendo il prosieguo del campionato una lunga marcia dimenticabile in quel deprimente limbo che conosciamo come “zona Cairo”. A fine gara, però, succede qualcosa che rende memorabile quella gara. Giuseppe Vives, tagliato fuori dal centrocampo granata nonostante una concorrenza non certo entusiasmante, si alza dalla panchina e si porta sotto la curva Maratona per salutarci. Dopo sei anni lascia Torino e la curva gli tributa un applauso enorme che lo tocca nel cuore visto che, improvvisamente, Vives si mette a piangere con la mano sul cuore, perché l’ex leccese è uno dei non troppi giocatori degli ultimi anni a essersi legato in maniera forte all’ambiente. Si allontanerà di pochi chilometri per vestire la gloriosa maglia della Pro Vercelli sotto la guida di un altro cuore Toro come Moreno Longo, ritrovando un grande ex come Rolando Bianchi e altre vecchie conoscenze come Morra, Castiglia, Zaccagno, Aramu e Gianmario Comi. I bianchi si salveranno senza passare dai playoff anche grazie alla sua esperienza.

31 AGOSTO 2008, Torino, Stadio Olimpico

Il Torino di De Biasi inizia la stagione ospitando il Lecce e regolandolo per 3-0 grazie al rigore di Rosina, alla rete in mischia di Paolo Zanetti e al primo sigillo in granata di Rolando Bianchi. Al 61’, sul risultato di 2-0 per i granata, Giuseppe Vives esordisce nella massima serie subentrando alla meteora romanista Antunes. A fine partita in pochi immaginano che, dopo quel roboante avvio, i granata retrocederanno. Il centrocampista napoletano al tempo stesso non immaginerà che, di lì a tre anni, calpesterà quel terreno di gioco con la nostra maglia addosso chiamato a contribuire al ritorno in massima serie dell’undici allenato da Ventura.

10 DICEMBRE 2011, Torino, Stadio Olimpico

Dopo la turbolenta gara col Padova, ancora sub judice per il blackout che ne ha compromesso lo svolgimento, il big match contro il Pescara di Zeman è un’occasione da non fallire per il Toro capolista di Gian Piero Ventura. Vives è uno dei perni della squadra e in quella partita cerca subito di farsi pericoloso venendo travolto in area senza che l’arbitro Tommasi prenda decisioni. La partita è emozionante e senza esclusione di colpi: Immobile si vede annullare una rete regolare, Basha porta in vantaggio il Toro, Bianchi si divora il raddoppio poi ancora Immobile trova la via della rete, stavolta convalidata, a inizio secondo tempo per l’1-1. Complici le marcature piuttosto lasche degli avversari i granata si riversano in avanti e al 53’ sono di nuovo sopra nel punteggio. Il portiere Anania esce in tuffo al limite dell’area per anticipare Sgrigna e la palla cade proprio addosso a Vives ai trenta metri, in posizione centrale. Pino controlla e non ha quasi bisogno di alzare la testa per capire cosa fare. Pallonetto perfetto dalla distanza con Sgrigna che, come tutto lo stadio, alza le braccia prima che la sfera entri in porta tanto è ineluttabile il destino di quella parabola. La partita finirà 4-2, ma è il primo gol del numero venti in granata ad aver incanalato una delle vittorie più importanti della stagione. Segnerà ancora contro la Nocerina, ma nella memoria di quell’annata rimarranno anche due pali: quello nella sconfitta contro il Brescia in una situazione analoga alla rete al Pescara e quello contro il Sassuolo, una stangata da fuori il cui rumore contro il montante suonò la carica per l’assalto granata verso la vittoria che non sancì matematicamente, ma di fatto sì, la promozione in serie A.

22 DICEMBRE 2013, Torino, Stadio Olimpico

Dieci punti nelle ultime quattro partite, sottovoce (ma neanche tanto) si comincia a parlare di Europa, Cerci e Immobile incantano e spesso sono proprio i lanci di Vives a dare il via alle loro azioni. Il Torino disputa l’ultima partita prima della sosta natalizia contro il Chievo e se da un lato si sogna un Natale con vista coppe, dall’altro si teme la solita imboscata sul più bello. La rete di Thereau dopo neanche dieci minuti materializza le peggiori preoccupazioni, ma la doppietta di Immobile ribalta la situazione. I tifosi del Toro iniziano a guardare nervosamente l’orologio: ci vorrebbe il gol della sicurezza per evitare una non auspicabile beffa. A 10’ dalla fine Vives segue il contropiede di un magico Alessio Cerci che trascina a sé due difensori clivensi poi serve il compagno. La palla è leggermente larga, ma Pino muove il corpo alla perfezione e quando si ritrova Puggioni pronto a chiudergli lo specchio in uscita è abile a superarlo con un sinistro rasoterra da punta consumata. Gioia sincera sebbene contenuta, ringraziamento a Cerci per l’assist, segno della croce e dedica verso l’alto. Nel finale il poker di uno scatenato Cerci scatenerà l’apoteosi.

22 FEBBRAIO 2015, Firenze, Stadio Artemio Franchi

La trasferta di Firenze in mezzo alle due partite di Bilbao è una contesa ricca di emozioni e capovolgimenti di fronte. La Fiorentina sbaglia subito un rigore con Babacar poi Vives rischia l’espulsione per un fallo sul lanciato Ilicic (di cui si vociferava di un arrivo a Torino proprio in quei giorni, ahinoi sfumato). Maxi Lopez fallisce il vantaggio e nella ripresa Martinez lo imita in maniera ben più goffa. A 5’ dalla fine un inserimento di Salah porta i viola in vantaggio, ma il Toro non ci sta. Palla dentro di Molinaro che finisce fra i piedi di Maxi Lopez. La parata monstre di Tatarusanu viene vanificata proprio da Vives che al limite dell’area piccola, ma defilato, trova lo spiraglio giusto per insaccare un diagonale non banale prima di correre a festeggiare verso la panchina. Il Toro di quel periodo non muore mai e Giuseppe è uno dei suoi simboli. Si può volare al San Mames con l’umore alto.

26 FEBBRAIO 2015, Bilbao, Stadio San Mames

Il 27 agosto 2011 il Torino di Ventura inizia il suo ciclo in campionato sul campo di Ascoli. Va subito sotto, crea una miriade di occasioni e poi ribalta tutto nel finale con rigore di Bianchi e Oduamadi. Tre anni e mezzo dopo il tecnico prende da parte Darmian, Glik e Vives, unici reduci di quella gara, per ripensare al percorso fatto: siamo negli spogliatoi del San Mames di Bilbao e il Toro, dopo il 2-2 dell’andata, deve vincere o pareggiare con piedi tre gol segnati per passare agli ottavi di finale di EL. Il discorso funziona visto che Matteo segnerà la rete qualificazione, Kamil giocherà una grandissima gara, ma nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza Giuseppe. Il centrocampista quella sera incarna più che mai lo spirito granata, anche se la maglia indossata è azzurra, e al quarto d’ora si getta in pressing alto. Gurpegi sbaglia il controllo, Pino si butta dentro e viene steso in area dallo stesso difensore basco. Calcio di rigore, Quagliarella trasforma e il resto lo conosciamo tutti.

28 NOVEMBRE 2015, Torino, Stadio Olimpico

Minuti di recupero. Il Toro sta battendo in casa il Bologna che, dopo l’arrivo di Donadoni, ha collezionato sette punti in tre partite grazie al primo centro del Gallo Belotti in granata: una rete di rabbia, di voglia e, probabilmente, anche un po’ di braccio, ma l’arbitro ha convalidato e la cresta si è alzata. C’è da stringere i denti e su un rilancio lungo di Padelli, Vives ha ancora la forza di andare a pressare su Maietta in compagnia di Acquah. L’ex veronese sbaglia completamente la misura del retropassaggio di testa al portiere e Giuseppe, capendo l’intenzione dell’avversario, si è spostato di quel tanto che basta per ricevere l’assist involontario. Il tocco a eludere Mirante è leggerissimo, ma la palla sembra andare sul fondo. L’ultimo sussulto di energia porta il nostro ad inseguire disperatamente la palla e a colpirla in scivolata in posizione angolatissima. La sfera corre come se fosse stata colpita su un tavolo di biliardo e la palla con una traiettoria dolcissima e precisa. Vives è stremato, le guance più rosse del solito, non ne ha più. Fa un passo, un mezzo inchino alla Maratona e viene travolto dai compagni.

Giuseppe Vives ci ha voluto bene e noi, dopo un minimo di diffidenza iniziale, ne abbiamo voluto a lui, perché come Gazzi, come Darmian, come Maxi Lopez anche il centrocampista campano è stato uno dei pochi a capire davvero dove si trovasse. Rivedere le immagini di quel saluto fa venire voglia di abbracciarlo forte e di ringraziarlo ancora una volta.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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