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Ho visto Christian volare

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Culto / Torna la rubrica e il protagonista è il grande bomber Bobo Vieri

In questo periodo particolare, non sono riuscito a leggere praticamente nulla, con qualche eccezione. Una di queste è il bel libro “Torneremo ad Amsterdam” di Fabio Selini, che parla di Toro, ma oltre il Toro, il Toro nella vita di tutti i giorni, nell’amicizia, con quella splendida cavalcata finita beffardamente sullo sfondo prima e protagonista poi. E’ un libro “dopo” Amsterdam, che però mi ha fatto venire in mente il “prima”, i giorni intercorsi fra il pareggio interno con l’Ajax e il maledetto ritorno. Più precisamente, il pomeriggio dell’ultima partita prima della finale: Torino-Genoa 4-0.

Questa è la storia di una doppia illusione. Al triplice fischio dell’arbitro Warral, dopo l’andata, l’umore granata è tetro. C’è la sensazione di aver perso una grande occasione, anche se in realtà è addirittura uno scampato pericolo (anche se quell’occasione per Bresciani nel finale…), visto che i lancieri si erano trovati due volte in vantaggio e ci aveva dovuto pensare Casagrande a rimettere le cose a posto. I musi sono così lunghi che non ci godiamo davvero nemmeno la prodezza con cui WalterJunior ha siglato il 2-2 a 6’ dal termine. Una delle reti più belle della storia granata (seriamente, ho ancora difficoltà a capire come abbia fatto, ma ne riparleremo) e non ce la ricordiamo quasi mai. Quel senso di tristezza rimane per qualche giorno, dove non si è convinti di farcela in nessun modo. Poi, però, all’improvviso, l’umore inizia a cambiare. Senza un motivo preciso. Cominciamo a pensare che basta un gol. Che il Toro è forte. Che la loro difesa non il massimo. Iniziamo a pomparci.

Il 9 maggio, sabato pomeriggio, la Maratona non canta “Ce ne andiamo ad Amsterdam”, ma “Vinceremo ad Amsterdam”. E’ una cosa data quasi per fatta, sicura. E’ il nostro momento, nessuno ce lo può togliere. Non ci siamo riusciti in casa? Ci riusciremo fuori. Di fronte abbiamo il Genoa che proprio l’Ajax ha eliminato in una combattutissima semifinale, togliendo la possibilità di una storica finale fra tifoserie gemellate. Il pubblico urla “olè” quando viene nominato Aguilera al momento delle formazioni, perché è già praticamente nostro. E’ chi dovrebbe lasciargli il posto, però, ad aprire le marcature al 17’: perfettamente pescato in area da Lentini, Bresciani controlla di destro e realizza col sinistro. Il raddoppio arriva nella ripresa, al 61’, ed è una magnifica punizione di Scifo che lascia letteralmente immobile Berti. Il pubblico è in delirio, sentiamo la coppa, sfottiamo il Milan che, mentre noi ci andiamo a giocare l’Uefa, va a fare un’amichevole in Israele (“i campioni vanno solo, vanno solo a Tel Aviv”). Il Toro continua a giocare, il Genoa di Bagnoli non è più quello meraviglioso durato una stagione e mezza, proprio fino a quando l’Ajax l’ha fatto fuori. Al 64’ Bresciani lascia il posto a quello che per tutti è un predestinato, un probabile fenomeno, il centravanti del futuro. Si spera del Toro, si sogna del Toro. Entra in campo Christian Vieri. Pescato dal Prato nel 1990, in primavera fa sfracelli, riempiendo gli occhi di chi accorre al Fila a vederlo e a cui finisce per scappare qualche paragone di un certo tipo con un altro attaccante che all’inizio sembrava un pochino grezzo tecnicamente, ma poi. Vieri esordisce in Coppa Italia contro la Lazio e segna il gol del definitivo 2-0 con una parabola di testa che finisce la sua corsa all’incrocio dei pali. In serie A, invece, il primo assaggio è contro la Fiorentina, verso la fine del girone d’andata. Ma adesso è il momento di qualcosa di più. Arriva il 72’. Arriva il minuto in cui ho visto Christian volare.

Nel mio immaginario Vieri ha colpito il pallone crossato dalla destra di Annoni di testa in tuffo. Un ricordo che si è fissato con gli anni. In realtà non è andata proprio così, è un gol più “normale”, ma è un gol comunque bello, comunque unico. E’ il primo gol in serie A. Il primo di caterve. Caterve che sogniamo faccia con noi. Vieri non si tuffa, ma è bravissimo a colpire di testa anticipando, o meglio, bruciando, il diretto avversario, infilando il pallone sul palo opposto. Come si fa a non continuare a essere ottimisti quando vediamo un pezzo del Toro del futuro fare un gol così? Al 78’ l’apoteosi: Scifo lancia Policano a sinistra e l’idolo della Maratona si lancia in una prateria, entra in area, avanza, avanza ancora, Berti non sa se uscire o meno, Policano sembra volere entrare in porta di forza col pallone e poi finalmente calcia sotto la traversa, nell’unico buco possibile fra palo e portiere. Con un Policano, così, assente all’andata, ad Amsterdam sembra davvero tutto possibile. Torino 4 Genoa 0. Esistono modi peggiori per avvicinarsi a una finale. Doppia illusione, dicevamo. La prima è enorme, la conosciamo. La voglia di coppa montata fra le strade di Torino, fra chi viaggiava verso Amsterdam, fra chi si prepara per andare al maxischermo al “Delle Alpi”, fra chi sarebbe rimasto a casa davanti alla tv, si sfracella su tre pali. Le mani di Cravero non sono dove devono essere al 90’ e per quante volte ripercorriamo il ricordo non riusciamo a cambiare il finale.

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La seconda è certamente meno grande di una coppa persa così, ma fa comunque male: Christian Vieri DOVEVA essere il nostro attaccante del futuro, quello che ci avrebbe portato a grandi traguardi a suon di reti. L’anno dopo viene ceduto in prestito al Pisa, in autunno, per farsi le ossa. Esordisce con un gol al Verona, a cui ne seguirà solo un altro. Anconetani dirà che pensava troppo al Torino: lo prendiamo come un complimento. Anche l’anno dopo è prestito in serie cadetta: a Ravenna retrocede, ma è capocannoniere della squadra con dodici gol. Nel 1994/95 sembra la volta buona che sia nostro, che sia il bomber del Toro rifondato da Calleri per motivi di bilancio. E invece no: va a Venezia, definitivo. Un miliardo più Petrachi. Quel Petrachi. Che, da calciatore, al Toro giocherà una partita sola, ma riuscirà a farsi pescare da Mai dire gol in un non facile liscio con palla rasoterra in casa contro l’Inter. Vieri, in laguna, ne fa undici e poi torna finalmente in serie A, a Bergamo, iniziando una carriera fatta di gol continui, con forse un po’ troppa simpatia gobba (sigh), qualche polemica. In granata lo rivedremo il giorno del cinquantennale di Superga e quel colore gli donava davvero, più di qualsiasi altro indossato in carriera. A sentire alcune sue ultime dichiarazioni (vedi una videochiamata con Inzaghi dove evocavano alcune gare della Primavera), il Fila gli è rimasto dentro, almeno un pochettino. Non può essere altrimenti. 142 gol in serie A, ma il suo primo bacio fu sempre quello con la maglia del Toro al Genoa, in un pomeriggio in cui tutto sembrava possibile e il destino, finalmente, ci avrebbe amato.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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