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Inter-Toro 0-1: un urlo dopo il nulla
Domenica scorsa il Toro ha vinto una partita con una prodezza di Radonjic a tempo scaduto dopo 90’ di nulla cosmico in cui immaginavo la persona adibita a selezionare le azioni salienti della partita intenta a cavarsi gli occhi o a implorare che qualcuno provasse a scoccare un tiro da una trentina di metri tanto per mettere qualcosa che non fosse un mischione o un cross sghembo. Il lampo di “Rado” ha di colpo fatto passare in secondo piano la bruttissima partita a cui avevamo assistito lasciandoci quella gioia unica e folle che ogni tanto capita anche a noi con gli abbracci agli amici, le urla, il godimento e tutte quelle cose che fanno dire che il bello di tifare sta in quegli attimi che ricorderai per tutta la vita. Poi se ce li facessero vivere un po’ più sovente non sarebbe male, ma questa è un’altra storia.
La vittoria contro il Genoa mi ha fatto venire in mente automaticamente un altro successo simile in una partita dove non era accaduto sostanzialmente niente e poi ce l’abbiamo fatta all’ultimo respiro. È accaduto il 25 gennaio 2015 e l’urlo di gioia non è arrivato soltanto successivamente al (quasi) nulla dei minuti precedenti, ma anche dopo un altro nulla lungo ventisette anni. Parliamo del successo nella Milano nerazzurra targato Emiliano Moretti e l’ultimo precedente felice era targato 1988, San Valentino, con noi innamorati di Toro a gioire per il rigore vincente di Roberto Cravero a inizio partita, difeso con ordine dalla tenace squadra di Radice.
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Il Toro arriva all’appuntamento milanese col morale abbastanza alto dopo aver chiuso l’andata con un successo che in trasferta mancava da fine settembre. È Maxi Lopez che bagna l’esordio decidendo la gara di Cesena a 3’ dalla fine. In molti pensano ai granata come focalizzati unicamente sull’appuntamento europeo contro l’Athletic Bilbao di lì a meno di un mese, ma in realtà l’undici di Ventura sta per entrare nel suo miglior momento in campionato tanto da rilanciarsi per le postazioni che qualificano alle coppe. Maxi Lopez ed El Kaddouri partono dalla panchina e il 3-5-2 granata vede Padelli fra i pali, Maksimovic, capitan Glik e Moretti centrali, Darmian e Molinaro sulle fasce, l’ex Benassi, Gazzi e Farnerud in mezzo, Martinez e Quagliarella punte.
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L’Inter si trova in un periodo fra i più cupi della storia recente con il presidente Thohir che ha esonerato Mazzarri dopo il pareggio interno col Verona (quello del “e poi ha iniziato a piovere” estrapolato dal discorso e diventato meme) sostituendolo con Mancini alla seconda esperienza in nerazzurro. Il cammino della squadra resta altalenante e si prova a intervenire massicciamente sul mercato con gli arrivi di Podolski, Shaqiri e Brozovic che, contro di noi, sarà in tribuna. L’ambiente spera in un successo per iniziare con ottimismo il girone di ritorno e azzardare una rimonta Champions, ma sembra più l’atto di fiducia classico e dovuto quando ci si trova a resettare l’andata che qualcosa di concreto.
Il primo tempo vede il Toro controllare con ordine i non irresistibili attacchi nerazzurri. L’unico vero pericolo è una rasoiata di Podolski su assist di Palacio che Padelli respinge in tuffo, ma per il resto il portiere granata è spettatore delle velleitarie conclusioni dalla distanza degli avversari che terminano tutte piuttosto lontane dai pali. La ripresa vede i padroni di casa provare ancora a premere, ma Padelli fa nuovamente buona guardia su una conclusione di Podolski sul palo del portiere. A cavallo dell’ora di gioco entrano Maxi Lopez per Martinez ed El Kaddouri per Farnerud che, poco prima, aveva vanificato con una botta imprecisa un ottimo contropiede di Darmian e, lentamente, la partita cambia. Col Galina abilissimo a tenere palla in avanti, il Toro inizia a farsi vedere maggiormente in attacco anche se senza strafare. Handanovic non deve impegnarsi più di tanto per anticipare Darmian, lanciato da un filtrante di Maxi, e per bloccare un destro estemporaneo di Molinaro. L’Inter, progressivamente, si spegne e siamo preoccupati più dalla paura della beffa in extremis che dall’effettiva consistenza dell’avversario. Quando Maxi Lopez decide di non andare da solo e invece di concludere cerca senza successo Quagliarella, ci disperiamo, ma ci diciamo che tutto sommato va bene così. Mentiamo.
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Al tramonto del recupero il Toro conquista un calcio d’angolo. A questo punto i cuori granata sono divisi tra i più pessimisti che guardano come siamo piazzati fuori area per evitare un contropiede letale e fra tutti gli altri che pensano semplicemente a come sarebbe bello se fosse arrivato il momento di vincerne una a San Siro, di battere una grande, di segnare uno di quei gol che rendono un pomeriggio normale qualcosa di speciale trasformando un meritato pareggio, dove la retroguardia si è dimostrata ancora una volta un mostro di affidabilità e Gazzi la solita diga insuperabile, in una vittoria.
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La battuta di El Kaddouri da sinistra e rientrare va verso Maxi Lopez che, appostato sul primo palo, si ritrova accoppiato con Icardi e lo sovrasta prolungando la traiettoria. Il colpo di testa dell’ex milanista taglia completamente fuori la difesa avversaria e si adagia verso Moretti che si trova tutto solo al centro dell’area piccola, tenuto in gioco da Palacio che è rimasto sul palo. “Sta succedendo” è quello che pensiamo tutti in quella frazione di secondo prima che il numero ventiquattro colpisca. E succede. Emiliano è costretto quasi a inginocchiarsi, ma non fallisce: la palla gonfia la rete al 93’ e 45 secondi, ci sarà solo il tempo di mettere la palla al centro poi Irrati fischierà la fine. Moretti viene raggiunto dai compagni che, impazziti di gioia, esultano guardando alla piccionaia occupata dalla Maratona itinerante che sta liberando una gioia attesa da anni. C’è chi esulta sugli spalti, chi lo fa sul divano, nessuno ricorderà il nulla (o quasi) prima di quella rete, ma soltanto l’urlo e la sensazione che ne seguirà. Ed è bello, bellissimo così. Però vediamo di farlo più spesso.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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