Il 20 maggio 2012 il Torino batte 2-0 il Modena sotto la pioggia coi gol di Oduamadi e De Feudis e ritrova la serie A tre stagioni dopo averla dolorosamente lasciata. Sotto la pioggia si festeggia l’evento, i giocatori urlano dal pullman, i tifosi dietro, un po’ ovunque, contenti. Ma gli stessi tifosi avevano già festeggiato quella stessa promozione prima di ottenerla. E’ successo pochi giorni prima, il 15 maggio, di martedì sera. In barba alla scaramanzia, è il primo caso di promozione consapevolmente festeggiata prima di averla ottenuta.
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La promozione che visse due volte
Il Toro di Ventura è in corsa per la promozione in una stagione infinita, dove è stato quasi sempre in testa, ma è successo di tutto di più fra punti dati e tolti come per la famosa vicenda dei riflettori di Padova, partite interrotte per grandine, vari furti. Quella sera si gioca il recupero delle partite sospese o rinviate a causa della tragica morte del povero Morosini.
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La sensazione che domina sugli spalti nel pre-gara è di paura. Il Toro ha appena perso malamente lo scontro diretto di Pescara tre giorni prima e ora ospita il Sassuolo, che precede di due punti e che non ha mai battuto tra le mura amiche. Dopo un anno intero in prima o al massimo seconda posizione, si fa largo l’idea che, se andasse male, dovremo passare per le forche caudine dei playoff e non va bene.
Poi, mano a mano che si avvicina il momento della partita, la paura si scioglie in voglia di sostenere la squadra, succeda quello che succeda. “Se il destino è contro di noi, peggio per lui” si dice e il destino vuole mettercela tutta. Si fa male Di Cesare nel riscaldamento e lo sostituisce D’Ambrosio. Si fa male Bianchi a metà tempo e gli subentra Antenucci.
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Al 23’ Vives, da oltre venticinque metri, lascia partire un destro fortissimo che si stampa sul palo facendo un rumore pazzesco. I pali sono strani e noi del Toro lo sappiamo bene. Alcuni ti buttano nello sconforto, altri ti caricano di furore e finiscono col fare paura agli avversari. Questo, per fortuna, è un palo di secondo tipo. Rompiamo il fiato, è come se incominciasse un’altra partita.
Al 31’ Parisi batte un angolo dalla sinistra e D’Ambrosio, che non doveva nemmeno giocare, viene come risucchiato dalla Maratona, salta con una forza incredibile, travolge Piccioni, incorna in rete poi esulta raggiunto dai compagni per il meritato abbraccio coi compagni. Darmian schiaffeggia Danilo amichevolmente. In curva facciamo lo stesso fra noi.
Il finale di tempo è un infartino dietro l’altro. Un angolo del Sassuolo fa nascere una mischia furibonda con i neroverdi che protestano per un mani. Un altro corner e la palla attraversa l’area con Longhi che mette a lato. Infine Ogbonna prova a lanciare Sansone con un retropassaggio da brivido, ma Benussi lo anticipa. Arriva l’intervallo e lo stadio è percorso dall’adrenalina, anche perché il Pescara non sta riuscendo a ribaltare il 2-0 contro il Livorno.
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Nel secondo tempo sembra mettersi in discesa. Al 54’ Pomini respinge una punizione di Parisi, Antenucci prova a intervenire e la palla colpisce un difensore poi arriva perfettamente apparecchiata per Basha. Migjen ha già segnato all’andata contro il Pescara, è uno da occasioni importanti e allora non può esimersi e raddoppia. Il mediano scappa ridendo, ma lo prendono in fretta. Solito mucchio, solito abbraccio. 2-0.
Ma non è finita. Il Sassuolo va avanti a colpi di punizioni buttate in area e su una di queste è proprio Basha a commettere fallo su Valeri. Pinzani fischia il calcio di rigore e Sansone va sul dischetto sotto un diluvio di fischi. La Maratona, dopo aver scatenato l’onda d’energia per il gol di D’ambrosio, chiama a sé anche il pallone che il nostro futuro attaccante sta per calciare. Sfera alta, boato, non la riaprono.
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Il Toro gioca sul velluto. Surraco, disastroso a Pescara, è un funambolo. Vives è uomo ovunque. A dieci minuti dalla fine Pino se ne va sulla sinistra e, dal fondo, alza la testa e serve al centro Meggiorini. La palla è troppo bella, Meggio vuole calciarla a tutti i costi, anche cadendo e così è: la palla, colpita col sinistro, si insacca per il 3-0. Stavolta è Meggiorini a fuggire gioioso, Basha lo prende per la maglia, arrivano gli altri. Il Pescara ha perso col Livorno, il Toro è a più cinque punti sulle terze, ne bastano due in due gare abbordabilissime (Modena e Albinoleffe) per ritornare a casa.
Sarà la paura della vigilia, sarà l’andamento della gara, saranno tre anni di purgatorio che stanno per essere spazzati via, ma succede qualcosa di magico. Si va in un’altra dimensione. La Maratona canta, lo stadio canta, si avvicina sempre di più alle recinzioni, sa che non è ancora fatta, ma non gliene frega un cazzo a nessuno, è fatta, l’abbiamo deciso noi, la scaramanzia si tolga di mezzo. Al fischio finale il pubblico invade il campo, abbraccia i giocatori, urla “serie A” in ogni momento possibile. Fuori le macchine strombazzano. E’ una festa bella perché inattesa, genuina, folle, viene dalla pancia, non è organizzata. Fuori dal nostro microcosmo ci guardano strani, ma chi segue ancora il calcio con il cuore ha capito quella spontaneità. Una promozione così attesa che l’abbiamo festeggiata due volte e vi dirò di più. E’ stata quasi più entusiasmante la festa a sorpresa di quella più istituzionale, benché anche contro il Modena sarà tutto così bello da rendere accettabile anche una partita a mezzogiorno e mezza. Ma non ci si può far nulla, al cuore non si comanda e il cuore è quello che ci ha fatto perdere completamente la testa durante un tre a zero al Sassuolo.
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Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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