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Anche in una stagione devastante come quella del Toro 1988/89, fra prestazioni brutte e altre generose, ma sfortunate, fra ginocchia che si distruggono devastando una promettentissima carriera (Zago) e rigori falliti che potevano cambiare la storia (Cravero contro il Pescara, Muller contro l’Ascoli), fra esoneri e cambi societari, c’è qualche gemma, qualche ricordo felice. Per esempio quello dell’11 giugno 1989, quando il Toro va a Como a tre giornate dalla fine del campionato. La partita è di culto per due motivi: la Maratona itinerante che rende meraviglioso il settore ospiti facendo giocare i granata in casa e la punizione di Edu Marangon. Partiamo dal primo, perché, con gli occhi di oggi, non era per nulla scontato che il nostro popolo riempisse quel settore. Solo sette giorni prima, infatti, a seguito di un pareggio interno contro l’Ascoli (Muller risponde al gol lampo di Dell’Oglio e poi sbaglia il rigore del sorpasso, ripresa infruttuosa sotto il nubifragio) ci è voluto Borsano col megafono per convincere i tifosi ad andare via dall’antistadio del Comunale, interrompendo la contestazione. Invece una settimana dopo sono tutti a Como. Un migliaio va sotto l’albergo della squadra a caricare i ragazzi, poi tutti a riempire quanto viene concesso dello stadio “Sinigaglia”, forse anche qualcosa di più. Quel giorno, a dare sostegno psicologico, al fianco di Borsano c’è anche Orfeo Pianelli.
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E’ bello guardare i vecchi filmati dei nostri in trasferta, bello per come li si vede saltare per aria ai gol o alle azioni importanti. La bellezza risalta ancora di più negli stadi senza pista, all’inglese. Come quello di Cremona per esempio (andatevi a rivedere il 2-0 del 1991/92 per capire quanta gente ci fosse) o proprio quello di Como, dove il tifo granata quel pomeriggio sarà letteralmente il dodicesimo uomo in campo. Veniamo a Edu. Arriva dal Portuguesa, centrocampista con compiti di regia e un gran sinistro. YouTube, oggi, ci aiuta a vedere qualche suo calcio di punizione dell’epoca e la palla sembra viaggiare per traiettorie tutte sue prima di finire dentro. Cugino dei fratelli Marangon (e Luciano ce lo ricordiamo bene anche noi, visto che segnò il gol vittoria nella stramaledetta sconfitta interna contro il Verona dello scudetto), aria mite, un italiano che in pochi mesi è già migliore di quello di un tale giocatore che dice “Ti aspecto” e poco altro dopo due stagioni e mezza qui, Edu indossa il numero dieci, ma il suo modo di giocare fa a pugni col pane duro del calcio italiano e scivola nelle gerarchie di Radice prima e di Claudio Sala poi, prima di essere rivalutato, e anche un po’ rigenerato da Vatta. Fin lì un solo gol, in casa della Roma, in un 3-1 che sembrava poter far girare la stagione. Il suo mancino su punizione si era visto pochino, aveva causato l’autorete di Pin, sempre a Roma, ma contro la Lazio, alla seconda giornata e poi basta, fino a quella domenica.
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A Como, ai primi di giugno, si può andare per una gita sul lago e molti in quel momento lo stanno facendo, ma a pochi metri dalla splendida distesa d’acqua, allo stadio, non c’è spazio per godersi la vista, per passeggiate romantiche o per le scampagnate. C’è solo spazio per giocarsi la salvezza. Uno legge il tabellino, vede Como in vantaggio al 4’ con Maccoppi e può pensare a un pessimo inizio del Toro. Non è così. Galvanizzato dall’attaccare sotto la sua curva, il Toro ha già avuto due enormi opportunità. Muller si è liberato con classe in area e ha calciato di potenza, ma il giovane Savorani compie un miracolo per deviare in angolo la palla destinata sotto la traversa. Sul corner di Sabato, il giovane portiere dice no anche a Benedetti. Come detto, poco dopo, Maccoppi incorna una punizione da sinistra di Centi e scavalca Marchegiani. Andare sotto al quarto minuto dopo due occasioni nei primi due minuti è un possibile record dell’assurdo, l’ennesimo, a cui stavolta ci ribelliamo. A metà tempo, nel giro di dodici minuti, il Toro decide di riversare in campo tutta la rabbia repressa in settimane allucinanti per vincerla. Muller, dopo essere stato chiuso in uscita da un Savorani che inizia sinistramente ad assomigliare al Gatta che parò tutto in Toro-Pescara, pareggia. Futebol bailado per Luis quando si ricorda di quello che ha fra i piedi, scrollandosi le varie scimmie sulla schiena. Al 22’ riceve palla ai venticinque metri spalle alla porta, un difensore prova l’anticipo in scivolata, ma la sfera resta lì. Il carioca mantiene la sfera, evita l’avversario che lotta a terra, ne dribbla un altro sullo slancio, scarta il portiere, sembra allargarsi troppo, ma cadendo mette in rete. Il settore ospiti va in delirio. Finalmente. Poi tocca a Edu.
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Al 28’ c’è un calcio punizione da circa venticinque metri. Edu prende la rincorsa, quasi in orizzontale. Poi colpisce col sinistro. L’inquadratura che rende di più e quella dal basso. Il pallone va per aria, gira largo, larghissimo, potrebbe andare tranquillamente in bocca alle migliaia di tifosi che stanno sperando che quel pallone entri in rete. La sfera, poi, sterza, improvvisamente. Sembra quasi che prenda velocità, picchia sotto l’incrocio dei pali e termina in rete. Savorani vola, vola bene, ma quella conclusione è troppo anche per il suo stato di grazia. 2-1 per il Toro. Un gol troppo bello che sembra scuotere di dosso tutto il male calcistico del mondo. Tifosi in festa, Edu va sotto di loro. Può ridere, può esultare. A prescindere da tutto, da come finirà quella gara, da come finirà il campionato, è uno dei tanti granata a prendere il timbro e sbatterlo forte su una pagina del nostro libro. Quella sarà sempre e comunque la partita della punizione di Edu. Pochi minuti e il Toro triplica. Altra punizione da posizione analoga, si aspetta ancora Edu,ma stavolta la batte Cravero verso l’area. Benedetti stacca di testa e mette due gol tra noi e il Como. Non sembra quasi vero, non si vinceva da aprile, ora siamo lì lì per farcela, per riportarci a un punto dalla salvezza, per sperare. Il secondo tempo è più tranquillo in campo, meno per le orecchie che, attaccate alle radioline, cercano notizie positive. L’unico vero brivido viene dal fischietto di Agnolin che vede un fallo di Brambati su Corneliusson, invece di un intervento sulla palla, e fischia rigore per il Como a una decina di minuti dal termine. Milton, migliore dei suoi, trasforma, ma non succede più niente. Il futuro del Toro è la sfida contro l’Inter campione, seguita dalla trasferta di Lecce. Coi nerazzurri un furioso successo per sperare nel Paradiso, nel Salento uno stramaledetto inferno, ma quella domenica è bello non conoscere il futuro. I tifosi del Toro ballano e saltano sugli spalti, come testimonia lo splendido servizio di Claudio Icardi per la Domenica Sportiva, sanno solo che quella sera possono respirare un po’ perché la salvezza è diventata più vicina e lo è diventata anche grazie alla punizione di Edu.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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