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La strage dei crociati

La strage dei crociati

"Ci sono campionati che fanno ancora arrabbiare a distanza di anni, come quello 1997/98. La miccia è Toro-Salernitana che ti catapulta nel giorno in cui tre legamenti saltarono tutti in una volta, ma vincemmo lo stesso"

Francesco Bugnone

Il dieci maggio 1998 il Toro tocca uno dei punti più bassi della sua storia. Per il secondo anno consecutivo perde a Castel di Sangro, cosa resa ancor più (sportivamente) tragica dal fatto che, a differenza della stagione precedente, gli abruzzesi dell’ex Selvaggi sono ultimi e staccatissimi dalla zona salvezza. Il ko rischia di vanificare la generosa rimonta del Toro di Reja che si è aggrappato con i denti al quarto posto e vede il Perugia avvicinarsi minaccioso a -3. A cinque turni dalla fine, però, non c’è tempo per contestare lo scempio del “Patini” e la tifoseria granata si compatta verso l’obiettivo. Al “Delle Alpi” arriva la Salernitana di Delio Rossi appena promossa con grande anticipo in serie A, si prospetta il record di presenze stagionale, l’attesa fino alle 16,30 è qualcosa di snervante. Poi, finalmente, Pellegrino fischia il calcio di inizio.

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Dopo aver tuonato per presunti favori arbitrali ai granata, senza indicare quali mentre noi avremmo una bella lista di torti da mostrare iniziando col clamoroso mani di Giampietro a fermare Asta nel tempo di recupero di Genoa-Toro, stavolta da Perugia Gaucci punta il dito su presunte squadre appagate che ci affronteranno. Ovviamente ci si guarda bene dal menzionare compagini che si sdraiano quando arrivano al “Curi” in un girone di ritorno che definire particolare è poco. Davanti a queste continue provocazioni si sceglie di non rispondere, di tenere il profilo basso, di parlare col lavoro. In altre parole, abbracciamo una strategia suicida. Gaucci è folkloristico, ma efficace per la stampa nostrana e veniamo mediatamente sotterrati. I perugini possono stare tranquilli: la Salernitana gioca una partita vera, anche un pochino al di là del concetto di “onoreremo il campionato”. Nulla rispetto a quello che farà il Chievo di lì a due domeniche. Forse può stare tranquillo anche qualcuno dei nostri tifosi che a volte ha parlato di “partite regalate” o di “vittorie non da Toro” in situazioni come il successo targato Muzzi a Roma nel 2007 e chi se ne frega se i giallorossi hanno preso tre pali, ce l’hanno regalata, che schifo. Reja affronta i campani con Bucci in porta, difesa a tre Mauro Bonomi-Fattori-Citterio, Sommese e Dorigo sugli esterni, Nunziata, Ficcadenti e Brambilla in mezzo, Ferrante e Lentini davanti. Al 18’ Sommese va a terra dopo un contrasto con Breda e deve lasciare il campo ad Antonino Asta. La solita sfiga, pensiamo. In realtà è qualcosa di più, il primo tassello dell’ennesimo record che avremmo evitato di raggiungere. Vincenzo Sommese da Nola è la prima vittima della strage dei crociati.

Al posto di Vincenzino entra Asta che ha, durante la prima frazione, le occasioni più ghiotte per sbloccare il risultato. La versione di Antonino è, però, quella 1.0, lontana da quelle successive, dal “Maradona più Pelè uguale Asta”, dalle reti spettacolari come il tiro al volo contro l’Atalanta l’anno dopo e la bordata a Siena durante la cavalcata promozione di Camolese. Ai tempi è un giocatore rapido, generoso, ma che sbaglia parecchio e le due ottime opportunità non finiscono in fondo al sacco. La Salernitana ci prova più che altro da fuori, Bucci c’è e si va negli spogliatoi sullo 0-0. Il secondo tempo è ancora più infuocato e si apre con una traversa scheggiata di testa da un monumentale Mauro Bonomi. Il Toro non molla nulla, la curva è il dodicesimo uomo in campo e i granata, quelli veri, cioè noi, continuano ad attaccare. Un generosissimo Lentini sbaglia una grossa occasione su centro di Asta, poi Artistico decide di darci un assaggio della sua parte sregolata che proveremo sotto la Mole, oltre a quella più dolce, facendosi cacciare per doppia ammonizione al 63’. In vantaggio numerico Reja rompe ulteriormente gli indugi buttando dentro Carparelli, che aveva provato a riaprire la partita di Castel di Sangro con un gol nel recupero, al posto di Nunziata. Assalto totale. Nel giro di qualche istante sugli spalti si provano gioie e dolori col vantaggio del Foggia sul Perugia  che ci porta momentaneamente a più quattro e l’uscita di Citterio per infortunio, sì, un altro infortunio, sì, ancora una volta interessati i legamenti, sì, Andrea Citterio è la seconda vittima della strage dei crociati. In campo entra Cravero, capitano di mille battaglie che sta disputando le ultime prima di lasciare. Testa fredda e cuore caldo, Robi si piazza in campo con autorevolezza, fa quasi il regista aggiunto, sa che c’è bisogno di Lui, sì, con la elle maiuscola, per aiutare la squadra a vincere questa stramaledetta partita.

Le emozioni continuano a rimbalzare dallo Zaccheria al Delle Alpi. Tovalieri pareggia la rete di Perrone e riporta il Toro “soltanto” a più tre. Dal canto nostro anche noi pareggiamo qualcosa ed è qualcosa di cui avremmo fatto volentieri a meno. Di fatto veniamo a trovarci dieci contro dieci perché Brambilla, dopo l’ennesimo contrasto duro a centrocampo, diventa la terza vittima della strage dei crociati. Rimane in campo per occupare spazio, ma è su una gamba sola. A guardare bene quella dell’ex parmense è forse la perdita più pesante: la sua regia è quella che ha raddrizzato completamente la baracca quando il Toro si trovava più vicino alla C che alla promozione. Poche parole, tanti fatti e un paio di reti: in altri termini, l’elemento meno sostituibile della squadra. Pagheremo carissimo quell’infortunio e lui stesso, pur avendo una discreta carriera, non tornerà il calciatore di quell’anno. Giocate pure come se fosse la finale di Coppa dei Campioni (e non lo dico io, ricorre testualmente in tutte le cronache dell’epoca), mettetela sulle botte, partecipate alla fiera dei crociati saltati, cosa forse mai vista in natura. Fate tutto questo che noi ci incazziamo ancora di più e alla fine vi veniamo a prendere, vi prendiamo a cornate, vi facciamo male. Dieci minuti dalla fine: Ficcadenti crossa, Carparelli si coordina e colpisce splendidamente al volo, la palla entra, la Maratona viene giù, lo stadio viene giù. “Carpa” sa dove andare, salta i cartelloni, sotto la curva c’è la testa di un Toro, la testa DEL Toro, lo abbraccia, ci si adagia quasi sopra. Toro uno Salernitana zero. Sbagliamo ancora un paio di occasioni che avrebbero potuto lenire la sofferenza, Bucci, fin lì perfetto, ci mette a rischio con un quasi harakiri, ma alla fine la portiamo a casa. Cinque punti sul Perugia sembrano un buon vantaggio in quel preciso istante. Dopo partite del genere, però, l’adrenalina non ci permette di usare calcolatrici, facciamo festa e basta.

Quando i fumi della battaglia svaniscono si fa la conta dei feriti. Lesione al legamento al crociato anteriore per Sommese, Citterio e Brambilla, in ordine cronologico. Ci ritroviamo nel momento cruciale della stagione senza tre giocatori fondamentali e dovremo fare i conti con quella stramaledetta sofferenza che troppo spesso si affianca a quella cosa meravigliosa che è la lotta. E saranno la lotta e il cuore di tutti quelli rimasti il giocatore in più da mettere in campo, però non basterà. Troppe le porcherie in quelle ultime giornate e pur essendo stati più forti di quasi tutto, trascinando il Perugia ai rigori in uno spareggio disputato in dieci dall’inizio per una cosa di cui non si è visto il replay ancora adesso, non ce l’abbiamo fatta per pochi centimetri. I tifosi però hanno capito quella squadra e quel finale, hanno capito che avevamo messo tutto dentro, ma contro certe cose non ce la puoi semplicemente fare, vedi il campionato 1971/72 per usare un precedente illustre. Sappiamo distinguere dalla sconfitte a testa alta “vere” a quelle tanto per dire. E lo sappiamo perché se ci pensiamo ci arrabbiamo ancora con quel livore che solo la certezza di avere subito un’ingiustizia ti può dare e quell’anno l’abbiamo subita eccome, passata beffardamente e criminosamente sotto silenzio, ma l’abbiamo subita. Quello che è certo è che è ancora lì sullo stomaco, perché se non riesci a “perdonare” il Perugia che ti ha dato una mano nel vincere il tuo ultimo scudetto vuol dire che non ti è ancora passata e, soprattutto, che non ti passerà mai.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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