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culto

L’alba dei Gemelli del Gol

Francesco Bugnone

In una piovosa domenica di febbraio del 1974 Paolino Pulici e Ciccio Graziani segnano insieme, per la prima volta, nella stessa partita. Francesco Bugnone, nel nuovo episodio di Culto, ci racconta com'è stata l'alba dei Gemelli del Gol

Nel tardo pomeriggio del 3 febbraio del 1974, tornando dallo stadio, i tifosi del Toro pensano a molto cose. Al freddo maledetto sopportato sugli spalti, alla pioggia presa, all’essere tornati ad assaporare un successo interno dopo più di un mese (il primo nel nuovo anno), al sognare di rilanciarsi in classifica in un campionato un po’ balordo. Ci sono anche tante altre cose a cui non possono pensare, perché, semplicemente, non possono sapere. Non possono sapere che quella sarà l’ultima vittoria del Toro di Giagnoni visto che, esattamente un mese dopo, gli sarà fatale una sconfitta nella San Siro nerazzurra e verrà sostituito da Edmondo Fabbri, al ritorno in granata. Non possono sapere che di lì a due anni e qualche mese proprio il Cesena sconfitto 2-1 in rimonta quella domenica, sarà l’avversaria nel giorno dello scudetto. Non possono sapere che hanno assistito a un momento storico perché quel pomeriggio, per la prima volta, Paolino Pulici e Ciccio Graziani sono andati a segno nella stessa partita. In parole povere, senza saperlo i quasi diciannovemila spettatori presenti hanno assistito all’alba dei “Gemelli del Gol”.

Paolo Pulici sta letteralmente esplodendo. Dopo i primi anni in cui, all’irruenza della giovane età, non riusciva ad affiancare numeri realizzativi adatti alle sue potenzialità ora, anche grazie alla “cura” del primo anno di Giagnoni, è diventato Puliciclone. Diciassette reti nel 72/73 e titolo di capocannoniere in coabitazione con mostri sacri come Savoldi e Rivera, mentre sarà di quattordici centri il bottino con cui concluderà l’annata in corso prima di finire altre due volte davanti a tutti con, rispettivamente, diciotto e ventuno sigilli.

Bui inizia ad avere qualche annetto di troppo e allora si comincia a pensare al futuro. Gli occhi vengono puntati su un giovane attaccante che si sta facendo largo in serie B con la maglia dell’Arezzo: Francesco Graziani. Dall’amaranto al granata non cambia molto per Ciccio che si ambienta abbastanza in fretta e, in pieno inverno, inizia a buttarla dentro con una certa regolarità. Suo è il gol con cui il Toro espugna l’Olimpico laziale, una rete storica per tanti motivi: perché a Roma non vincevamo da diciotto anni, perché la Lazio non perdeva in casa da due e, soprattutto, perché sarà la prima di due sconfitte rifilate alla squadra che vincerà il campionato e che solo contro il Toro si ritroverà con zero punti in tasca. Suo è anche il pareggio nel derby di ritorno con sulla schiena il sette che gli aveva messo addosso Fabbri promettendogli che avrebbe trovato l’azzurro con quella maglia: scommessa vinta e questa è un’altra storia che un giorno racconteremo.

Alle quindici del 3 febbraio 1974, però, Graziani ha il nove e Pupi ha l’undici come da prammatica degli anni più belli dei due. Prima giornata di ritorno, Toro reduce da un successo a Verona targato Ciccio, autore di una bellissima azione personale e, a differenza della stagione precedente, siamo più tremendisti lontano dalle mura amiche che in casa: un successo, però, potrebbe rilanciare i granata nelle zone più alte della classifica visto che, se la Lazio pare irraggiungibile, il secondo posto è a quattro punti di distanza.

La prima brutta sorpresa è quando vengono tolti i teloni del Comunale: il campo è un acquitrino che le cronache dell’epoca paragono alle risaie vercellesi, suggerendo di utilizzare qualche pallanuotista come rinforzo. La seconda è che a passare in vantaggio è il Cesena di Eugenio Bersellini che di lì a dieci anni si siederà sulla panchina “giusta” del Comunale. Il Toro aveva anche cominciato bene, sfiorando a più riprese la marcatura con un Graziani indiavolato, ma al primo tiro in porta Bertarelli, invitato da Savoldi II, concludeva un’azione di contropiede superando Castellini.

La ripresa è puro forcing e, poco prima dell’ora di gioco, la dea bendata guarda finalmente verso di noi. Agroppi affonda in area e, affrontato da due cesenati, finisce a terra. L’arbitro Serafini fischia un rigore conquistato con mestiere, ma che c’è anche se negli spogliatoi i difensori cesenati elogeranno la capacità di cadere di Aldo che, al contrario, a fine gara (sistemandosi un cappello alla moda vinto dopo una scommessa col dirigente Porzio, come riporta La Stampa) definirà più che legittima la decisione arbitrale. Dal dischetto va Pulici, uno che non sbaglia praticamente mai e anche questa volta non si smentisce: occhi negli occhi con Boranga e Puliciclone pronto a metterla dalla parte opposta appena il numero uno bianconero accenna un movimento.

A un quarto d’ora dalla fine i pianeti si allineano e su un lungo traversone dalla sinistra Graziani irrompe a centro area con una capocciata al pallone che lo trasforma in una saetta: la sfera rimbalza a terra diventando imprendibile e lo stadio esplode fra giocatori che vanno ad abbracciare il centravanti e gente che entra in campo con l’ombrello in mano per far festa in quei momenti pittoreschi tipici del periodo che non smettono di fare innamorare. Il Toro stringe i denti e amministra, porta a casa i due punti e aggancia l’Inter in classifica.

Quell’anno i Gemelli non segneranno più insieme, ma inizieranno ad affinare l’intesa che li porterà a essere una coppia incredibile. Due attaccanti da doppia cifra che sapevano dividersi i compiti e ammazzare le difese con alle spalle una grande squadra e le pennellate di Claudio Sala a dare una grossa mano, come riconosciuto da entrambi i bomber. Due attaccanti il cui soprannome “Gemelli del Gol” sembrava dipinto apposta per loro e tante altre coppie offensive a cui è stato dato, per quanto meritevoli, non lo avrebbero mai portato come loro. Così uguali, così diversi. Così nostri. Quel pomeriggio piovoso c’è stata la loro alba e il sole avrebbe illuminato il loro (e il nostro) Toro a lungo.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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