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Le cinque giornate di Sergio Vatta: parte 2

Le cinque giornate di Sergio Vatta: parte 2 - immagine 1
Nel momento più buio, Vatta fa tornare il Toro un Toro vero e batte Como e Inter in due gare epiche. Purtroppo Lecce è dietro l'angolo. Culto di Francesco Bugnone ci racconta il miracolo sfiorato dall'uomo di Zara

Francesco Bugnone

Prima parte di questa rubrica disponibile qui:Le cinque giornate di Sergio Vatta: parte 1

Sei punti in tre partite. Questa sembra essere l’unica via del Toro non per salvarsi, ma per sperare di salvarsi. Nella settimana prima della trasferta di Como i granata ne conquistano addirittura sette, ma di sutura perché Cravero e Benedetti si feriscono scontrandosi in uno scontro aereo durante un allenamento. Non male per chi deve già rinunciare a Ferri e Comi squalificati. L’avvicinamento a quella che è davvero l’ultima spiaggia stagionale prosegue tra un dibattito partecipatissimo al cinema Gioiello fra Borsano e i tifosi e una piccola polemica per alcune affermazioni di Vatta sul succitato Cravero, frasi che il tecnico definirà da “papà”, visto che con Roberto ha a che fare dalle giovanili. La cosa rientra in fretta così come rientra la minaccia di sciopero da parte dell’Associazione Calciatori che aleggiava da giorni. Domenica 11 giugno si gioca. Allo stadio “Sinigaglia”, in riva al lago, c’è anche Pianelli a portare conforto e magia, ma, soprattutto, ci sono i tifosi che nonostante tutto sono ancora lì a sostenere la squadra e a riempire il settore ospiti con un maxi esodo. Qualunque calciatore granata che, all’ingresso in campo, si volti verso la curva sud dello stadio non potrà non avere un brivido vedendo quel muro umano traboccante di granata. Sembra di giocare in casa. Brontoloni, melodrammatici, esagerati, ma quando c’è da dire “presente” ci siamo sempre. I primi quattro minuti di gioco sono la sintesi dell’assurdità della stagione. Il Toro attacca sotto i suoi tifosi e, spinto da tanto affetto, parte all’assalto. Un numero d’alta scuola di Muller porta il brasiliano a liberare il sinistro, ma il giovane Savorani mette in angolo con un miracolo poi, sul corner di Sabato, dice no alla conclusione di Benedetti. Abbiamo l’impressione di ritrovarci di nuovo davanti il Gatta di turno, ma quello sarebbe il meno. Al 4’ il Como sblocca il risultato con un colpo di testa a parabola di Maccoppi sugli sviluppi di un piazzato. Sotto al primo affondo, roba da mettere ko un toro, ma non il Toro di quel giorno.

Come se le parole al cuore sussurrate da settimane ai giocatori da parte di Vatta fossero entrate in circolo tutte in un colpo, i granata si ribellano a un fato così beffardo da rasentare la volgarità e, nel giro di 12’, sfogano tutte le frustrazioni dell’anno andando a segno tre volte. Inizia Muller al 22’ con una strepitosa azione personale che spazza via due difensori comaschi che avevano provato a opporsi. Il numero nove, per sicurezza, evita anche Savorani in uscita e pareggia anticipando il ritorno di un altro lariano. Al 28’ arriva il momento di gloria di Edu Marangon con quella che è passata alla storia come “la punizione di Edu”, un sinistro a rientrare che si allarga aggirando la barriera per poi tornare nella giusta orbita insaccandosi sotto l’incrocio. Al 34’ altra punizione in posizione Edu che, però, stavolta batte Cravero con una deliziosa pennellata su cui Benedetti anticipa tutti e insacca di testa: una combinazione molto più gioiosa dello scontro fa teste avvenuto in settimana. Il rigore di Milton nel finale serve solo a darci qualche patema. Il Toro torna a vincere e, soprattutto, a sperare, mentre la Maratona in trasferta improvvisa una splendida danza immortalata dal servizio di Claudio Icardi alla Domenica Sportiva. Lecce e Cesena pareggiano a reti inviolate, il Pescara cade a Bologna, la Lazio lo imita contro la Juventus. L’Ascoli sconfigge 2-0 un Napoli con la testa altrove e che, nel finale, schiera addirittura Di Fusco come attaccante. Il Toro è quartultimo, appaiato al Pescara a quota 25, la Lazio dista un punto, il Cesena due, il gruppone formato da Ascoli, Lecce, Bologna e Verona a tre. L’avversario del turno successivo è da brividi: l’Inter. Non un’Inter qualunque, ma l’Inter dei record. I nerazzurri hanno vinto lo scudetto con quattro turni d’anticipo nel match contro il Napoli, proprio nella domenica dell’esordio di Vatta a Pisa. Nonostante questo la squadra di Trapattoni vuole fare il record di punti, gioca divertendosi e non fa sconti a nessuno. Vince 3-1 in casa della Lazio in lotta per non retrocedere, batte 4-2 l’Atalanta in lizza per l’Uefa, sconfiggerà, addirittura in dieci per l’espulsione di Matthaus, la Fiorentina per 2-0 nell’ultimo turno costringendola allo spareggio per l’Europa contro la Roma (ironia della sorte, vinto grazie all’unico centro viola della bandiera giallorossa Roberto Pruzzo). Se ci mettiamo anche la prestazione dell’andata in cui i nerazzurri vinsero 2-0, ma, senza le parate mostruose di Lorieri, avrebbero potuto farne sei o sette, ci sarebbe da essere preoccupati, ma non lo siamo, perché siamo entrati nella speciale dimensione in cui crediamo che sia tutto possibile.

L’immagine della speranza è una foto in cui Vatta accarezza con dolcezza paterna Cravero, rimasto in campo nonostante zoppicante nei 20’ finali, al termine della gara col Como, ma tutto l’ambiente sembra risvegliato. Il mister però non vuole sentire il termine “sperare”, perché preferisce “crederci”. Mentre fioriscono i rimpianti sul suo tardivo innesto sulla panchina granata utile a dare la scossa morale che serviva alla squadra, il Mago, pur tenendo in mano il bastone decisionale, si confronta continuamente coi calciatori per capire il modo migliore per affrontare la partita successiva. Al Filadelfia si rivedono tifosi entusiasti e si sente la presenza di Borsano. Nel frattempo arrivano buone notizie dal giudice sportivo: Matthaus e Brehme, i meravigliosi tedeschi dell’Inter, sono squalificati. Muller sembra ritrovato, addirittura saggio. Edu è un altro giocatore. Ci sono voci di mercato su Fuser, ma non disturbano. In tutto questo clima arrivano le parole di Vatta, quasi sussurrate, relegate a un piccolo riquadro sulla Stampa attorniato da un articolo su cui si afferma con certezza che Cravero farà di tutto per salvare il Toro e poi se ne andrà. I fatti smentiranno tutto visto che Roberto indosserà la fascia dalla risalita trionfale dalla B alle notti di Madrid e Amsterdam, ma non è questo l’importante. L’importante è la dichiarazione del tecnico granata: “L’ambiente professionistico è inquinato dai soldi, dai procuratori, da certi dirigenti e da altre cose: non mi scandalizzo e lo direi anche se il Torino fosse in lotta per la zona Uefa, anziché per evitare la B. L’esperienza che sto facendo non mi ha cambiato, ma voglio tornare al settore giovanile, a meno che non capiti qualcosa di straordinario”. Emerge il desiderio di tornare al suo mare pulito, a un calcio più vicino ai valori dell’uomo o meglio a un calcio che in quel momento era più vicino ai valori dell’uomo, mentre oggi il mare sembra inquinato anche su quelle rotte. Arrivano finalmente le ore diciassette del 18 giugno. La Maratona è splendida, traboccante di tifo sotto il mitico bandierone che la copre a inizio gara. Il Toro, in campo, inizia come contro il Como: alla carica. Risentendosi da A ha troppa voglia di mantenere la categoria e non importa se davanti ci siano i campioni d’Italia, il Barcellona o chissà chi. I primi minuti sono di rara furia. Cravero si ritrova un buon pallone in area dopo il lavoro di Skoro e Muller, ma Zenga salva di piede. Lo stesso capitano batte l’angolo fuori area per Fuser che liscia il pallone, ma a calciare ci pensa Edu dal limite: Zenga è ancora bravo a deviare oltre il fondo il rasoterra del numero undici anche perché non lo vede partire. Ancora corner, ancora occasione: Ezio Rossi, che già a Como era stato, con successo, avanzato a centrocampo, ci prova di testa, ma Verdelli salva sulla linea e si va ancora dalla bandierina. La rete sembrerebbe arrivare da un momento all’altro, ma bisogna attendere la ripresa per sbloccare la gara. Il Toro gioca con tenacia, si chiude e aspetta il momento per ripartire e colpire. Benedetti vince il duello con Serena, re dei bomber stagionale. Tutta la squadra si muove in un modo che acuisce i rimpianti, ma la realtà è che bisogna vincere e il primo mattone viene messo al 53’, quasi all’improvviso: Muller serve Skoro che anticipa un avversario e beffa Zenga con una conclusione bassa e precisa che provoca il boato orgasmico dello stadio. Ancora una volta il portiere nerazzurro non vede partire il tiro, ma, a differenza di quanto accaduto nella prima frazione con Edu, non riesce a tuffarsi.

Il Toro si scrolla di dosso le paure. Gallaccio, uno dei tanti giovani messi in campo da Vatta, subentra a Sabato e si fa subito notare: detta il passaggio a Skoro a destra poi, sul cross basso dello slavo, sfiora la sfera liberando al tiro a colpo sicuro Muller, ma Zenga si salva. La festa per il brasiliano è rinviata solo di qualche minuto. Cravero parte in contropiede solitario dopo aver intercettato un pallone e, contro quattro nerazzurri, riacquista la calma per allargare a Gallaccio che gli ritorna il pallone. Il capitano vede con la coda dell’occhio lo scatto di Muller e diventa carioca a sua volta con una scucchiaiata che mette Luis davanti al portiere. La posizione è defilata, ma il diagonale mancino è vincente. Esplode lo stadio, esplode la panchina granata dove Borsano ha deciso di seguire la gara, esulta anche Vatta. L’espulsione di Verdelli chiude il discorso. Il Toro ha vinto. La classifica ci vede quartultimi a quota ventisette, a un punto da Lazio e Ascoli, che si affronteranno all’ultimo turno con clima di pareggio nell’aria, a due da Bologna, Verona, Cesena e Lecce. Proprio il Lecce è l’ultimo avversario del campionato e si ritrova quasi inaspettatamente coinvolto nella lotta per non retrocedere dopo domeniche di relativa tranquillità: in casa ha perso solo due volte nel girone d’andata e nel ritorno si è piegato solo a Napoli e Inter, le prime due in classifica. Il Toro è salvo se vince. In caso di parità andrebbe allo spareggio, ma solo a certe condizioni. Perdendo retrocederebbe. Si organizza la trasferta in Salento, ma i giallorossi stanno preparando un ambiente giustamente caldo per evitare un eventuale spareggio: prezzi popolari e voglia di stadio pieno, tanto da non fornire nessun biglietto ai tifosi granata con scuse puerili, così come puerili sembrano le lamentele del presidente della Lazio Calleri sull’impegno dell’Inter al Comunale. Ma è normale, nei momenti di difficoltà il Toro è sempre solo e può contare solo sulle sue persone. La società riesce a racimolare millecinquecento biglietti e organizza un treno speciale, mentre il presidente Jurlano continua la battaglia psicologica dicendo ai tifosi del Toro di rimanere a casa perché non ci sono posti. Una tarantella squallida che rischia di far salire la tensione in una stagione che ha già visto episodi di violenza sin dalla prima giornata con la morte di Nazzareno Filippini, pestato dopo Ascoli-Inter, seguita da quella di Antonio De Falchi prima di Milan-Roma e dalla molotov lanciata dai tifosi della Fiorentina contro il treno di quelli del Bologna con il quattordicenne Ivan Dall’Olio gravemente ustionato. Quest’ultimo episodio è accaduto solo la domenica precedente. Alla fine il numero uno salentino dichiarerà che i biglietti invenduti saranno a disposizione del Torino e il caso, così come era nato, si sgonfia.

Vatta, nel frattempo, cerca di caricare l’ambiente, di togliere dalla testa ai giocatori che dopo due vittorie consecutive sia facile e automatico arrivare alla terza, di evidenziare l’importanza del poter dipendere da noi stessi senza dover appiccicare l’orecchio alle radioline. La troppa tensione viene allentata con allenamenti che, parola del Mister, “sono giochi”. C’è spazio anche per una lungimirante critica a un campionato che ha allargato la forbice tra ricchi e poveri. C’è speranza che il Lecce, incredibilmente ritrovatosi ancora invischiato nella lotta per non retrocedere patisca l’avere molto da perdere, mentre la disperazione, come affermato da Ezio Rossi, pare abbia messo le ali al Toro. Alla cinque della sera di domenica 25 giugno Magni fischia l’inizio di quella che sarà la fine delle speranze di salvezza. Al momento clou il Torino, nonostante il lavoro enorme di Vatta, si blocca, finisce male e crolla. Il colpo di testa di Paolo Benedetti, la punizione meravigliosa di Barbas, la sguaiata esultanza di Mazzone, che alla vigilia si era concesso qualche dichiarazione comprensibile ma evitabile: il Torino è già morto e sepolto. Il bel gol di Fuser su punizione non ci fa nemmeno illudere. Il 3-1 è tragicomico: Marchegiani appoggia con le mani a Sabato che si allunga troppo palla e se la fa soffiare da Paciocco che, col portiere granata fuori dai pali, realizza con un pallonetto. Dopo trent’anni il Toro è in serie B, roba da perderci il sonno. Sabato stesso dirà che, per un certo periodo, non riusciva a dormire bene la notte. Vatta a fine gara è chiarissimo e parla con lucidità quasi crudele, ma giusta. Parla di come il Toro abbia ritrovato la paura di non farcela, proprio quella che la disperazione aveva spazzato via, e che questo abbia condizionato la prestazione. Parla di un’ultima partita specchio della stagione, di come il Toro durante l’anno avrebbe dovuto difendere meglio il suo passato e di quanto questo epilogo, nonostante tutto, fosse evitabile. Dichiara chiusa la sua parentesi “non piacevole”, lascia ad altri il “rodersi il fegato” perché in prima squadra si vedono cose “inaudite” e con un amaro sorriso torna al suo “mare pulito”. La questione premi che emergerà di lì a poco non farà altro che confermare quanto detto dopo la gara del “Via del Mare”. Il “Mago” ci ha provato e per poco non ci riusciva. Ma d’altronde i maghi fanno incantesimi, non miracoli. Per fortuna di lì a qualche mese il Toro inaugurerà un triennio dove si parlerà del granata in modi molto diversi.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo. 

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