Conclusione dalla distanza di Antognoni che si stampa sul palo. Sulla mischia successiva, Pagliari colpisce in maniera non perfetta, ma trova la rete. Non è passato nemmeno un minuto. Questo è il benvenuto che il Toro riceve a Firenze il tre febbraio del 1980 e la gara prosegue sulla falsa riga di troppe prestazioni di quel sin lì maledetto 79/80: occasioni sprecate, rigori invocati e poi, quando Menegali ce ne concede uno, anche Graziani stecca facendosi parare il tiro dal dischetto. Siamo quartultimi (però a quattro punti dal Milan secondo: la classifica è cortissima), posizione indubbiamente bugiarda in una classica stagione in cui gira tutto storto fra infortuni e pali nel momento sbagliato, ma la realtà è quella ed è allora che si concretizza ciò che, poco tempo prima, sembrava impossibile. Gigi Radice viene esonerato.
Culto
Le fatiche di Ercole parte 1
Pianelli compie la scelta a malincuore. Il Presidente racconterà che, quando aveva anticipato la decisione alla sua famiglia, questa era scoppiata in lacrime. I giocatori stessi si dicono molto dispiaciuti della soluzione, mentre Radice, rattristato e signorile al tempo stesso, non polemizza, ma dichiara amaro “Io sono triste per come è finita. Pensavo di essere uno di loro, loro tra virgolette, pensavo si potesse soffrire insieme fino alla fine. È questo l’unico rimpianto.” Quattro stagioni e mezza, uno scudetto, un secondo posto che grida vendetta, tanto bel gioco: finisce così (per ora).
Il posto di Gigi viene preso da Ercole Rabitti. Oggi l’espressione “Maestro di Calcio” è abusata, affibbiata spesso a caso o con intento canzonatorio, ma Rabitti lo era sul serio. Dossena racconta che, quando ha iniziato la carriera di allenatore, il tecnico torinese gli aveva donato uno dei suoi quaderni scritti a mano, una sorta di manuale con esercizi e suggerimenti tattici, una miniera per chi volesse iniziare la carriera in panchina. Ercole ha cominciato il suo percorso allenando il settore giovanile della Juventus prima di cambiare sponda del Po facendo un lavoro enorme coi giovani granata. C’è un fattore che può far ben sperare: nell’unica esperienza con la prima squadra bianconera rilevò la compagine al terzultimo posto per portarla fino al terzo, arrendendosi al Cagliari nella lotta scudetto. Vediamo se può portarci da quartultimi a quarti nelle undici gare rimanenti più Coppa Italia dove siamo in semifinale proprio contro la Juventus.
Rabitti conosce la difficoltà della sfida che lo attende, ma cerca di spargere ottimismo convinto del valore della squadra e consapevole che basterebbe un risultato positivo contro la Roma per sbloccarsi e ripartire, considerando il valore dei giocatori, alcuni dei quali, con poca diplomazia, criticano la società per la cacciata del precedente tecnico. Non sembra il più incoraggiante degli inizi, ma, a poco a poco, le cose cambieranno e per i colori granata sembra arrivare una nuova primavera, di pari passo con l’inverno meteorologico che sta per finire.
Pecci scambia con Mandorlini e poi lascia a Claudio Sala che, schierato in posizione più centrale del solito, inventa un gran filtrante per Graziani, pronto a superare Tancredi in uscita. Questo è il primo centro del Toro targato Rabitti che esordisce con un successo sulla Roma strettissimo nel punteggio. L’estremo difensore giallorosso, infatti, compierà una serie di grandi parate che culminerà con la respinta sul rigore di “Ciccio”, al secondo errore in due turni, che sarà anche un sinistro presagio del futuro. Il presente, invece, è tutto sorrisi col Toro che improvvisamente ritrova tutto: se stesso, la vittoria, la prestazione, i tifosi. Rabitti manda un caloroso saluto a Radice (“Questo è sempre il suo Toro”), mentre Gigi, raggiunto da La Stampa per un commento sulla prima sua domenica senza granata addosso, conclude malinconico: “Per favore non fatemi parlare troppo del Toro. Non è che non voglia, è inutile. La squadra deve vivere la sua vita”. Non sembra la fine di un rapporto lavorativo, ma la fine di un amore.
Rabitti cerca di mettere da parte la sua riservatezza e si cala nella parte del tecnico di prima squadra fra tifosi che lo fermano per strada, giornalisti che lo intervistano e il derby dopo la sosta per la Nazionale. L’attesa stracittadina termina con un nulla di fatto col Toro che reclama un rigore per fallo di Scirea su Pulici, dopo uno dei pochissimi “buchi” in carriera del libero bianconero, e ha in Pat Sala il giocatore più pericoloso, mentre i bianconeri hanno la miglior occasione allo scadere con Tardelli che, disturbato da Pileggi, calcia a lato sull’uscita di Terraneo. Una partita francamente brutta coi tifosi di entrambe le squadre poco soddisfatti, ma è sempre un punto che muove la classifica.
La domenica successiva il Toro regola 2-0 il Perugia trascinato da un grande Graziani che, dopo aver spento in settimana le voci su un suo passaggio allo Stoccarda emerse dopo uno screzio con Pianelli in seguito all’esonero di Radice, viene tolto dal mercato dal presidente e si scatena vincendo il duello a distanza fra bomber azzurri con il perugino Paolo Rossi. Nel primo tempo “Ciccio” colpisce due legni (traversa in tuffo di testa e palo con un gran rasoterra) e nella ripresa mette al sicuro il risultato, aperto da un’inusuale rete di rapina di Claudio Sala, con un bel diagonale al volo su lancio di Patrizio Sala. Cinque punti in tre partite, difesa inviolata e qualcosa che ricorda una dimenticata euforia si sparge nell’ambiente prima della doppia trasferta a San Siro. All’andata la sfida con Inter e Milan portò in casa un solo punto, ma stavolta sarà tutta un’altra storia.
Pur privo di Claudio Sala, il Toro mette alle corde l’Inter capolista. Graziani, stimolato da un altro confronto a distanza con un compagno di Nazionale come Spillo Altobelli, segna un gol di rapina dopo respinta di Bordon su rasoiata di Vullo e colpisce una clamorosa traversa nella ripresa dopo un irresistibile spunto personale, poi non vede Pulici nel contropiede che avrebbe potuto chiudere l’incontro. Solo un colpo di testa di Muraro a una manciata di minuti dal termine, con Beccalossi giudicato in fuorigioco non punibile, ci nega il colpaccio. Il fatto di essere pieni di rimpianti mentre Bersellini, allora tecnico nerazzurro, ci giudica l’avversaria che più l’ha impressionato nell’anno la dice lunga su come sia cambiata la testa dopo neanche un mese. Il Toro è ottavo a due punti dal secondo posto occupato dalla Juventus, dall’incredibile Ascoli e dal Milan campione d’Italia, nostro prossimo avversario.
I rossoneri iniziano all’attacco e Terraneo deve volare sulla punizione di Maldera, ma alla prima vera opportunità gli undici di Rabitti fanno male. Zaccarelli, poco dopo il 30’, trasforma un piazzato indiretto con un bolide imparabile per Rigamonti. L’ultima vittoria nella Milano rossonera si aprì proprio con un gol di Zac l’anno dello scudetto, quindi gli auspici sono ottimi. Il Milan, che ha i nomi dei giocatori sulle maglie in clamoroso anticipo sui tempi, prova il forcing a inizio ripresa, ma le speranze si spengono sull’assolo di Antonelli che scheggia la traversa. Per il Toro si aprono praterie in contropiede e Pileggi si perde all’ultimo momento quando sta per scartare Rigamonti. A questo punto entra in scena Pulici che dà seguito alle dichiarazioni in settimana dove prometteva di ritrovare la via della rete che mancava dalla trasferta di Perugia, diciassette partite, fantascienza per uno come lui. Il digiuno sembrerebbe continuare quando Rigamonti gli si oppone due volte nella stessa azione, ma poi, su verticalizzazione di Pecci, arriva finalmente la gloria. Pupi segna una rete astuta, affamata, “mi devo inventare i gol, perché i tiri normali me li parano tutti” dirà negli spogliatoi. Finta di destro che diventa una giravolta, Minoia in bambola e furbo sinistro che beffa Rigamonti sul suo palo. Centoventi gol in serie A per il ciclone granata. Rabitti in panchina sorride: mancava solo il numero undici a segno per dire di avere ritrovato davvero tutti.
Il Toro è nel gruppone delle quarte, distante due punti da Juventus e Roma mentre l’Inter, a 34, ormai è irraggiungibile. L’impresa arriva in uno dei giorni più neri del calcio italiano. Mentre facciamo festa negli spogliatoi a San Siro entra in scena la guardia di finanza che arresta Giorgio Morini, Albertosi e il presidente Colombo per le vicende del calcio scommesse. A Pescara i mezzi delle forze dell’ordine appaiono addirittura sulla pista d’atletica per portare via alcuni calciatori della Lazio. La maglia del Toro rimarrà completamente pulita e distante da quello scandalo. L’unica nostra preoccupazione è il derby di Coppa Italia del mercoledì successivo.
(1 - continua)
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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