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L’unica notte felice del Toro di Lerda

L’unica notte felice del Toro di Lerda - immagine 1
Culto di questa settimana racconta dell'unica vittoria realmente memorabile del Toro di Lerda e di una stagione che sembra tratta da un racconto dell'orrore
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

La leggenda narra che Franco Lerda fosse vicinissimo all’ambizioso Sassuolo, logica tappa di una carriera da allenatore che sembrava brillante con la finale persa ai playoff alla guida della Pro Patria, capace di sfiorare la promozione in B nonostante una situazione societaria disastrosa, e il bel campionato fra i cadetti col Crotone. Al richiamo del Toro però non si può essere indifferenti soprattutto se, come il nativo di Fossano, sei un ragazzo del Filadelfia e col granata addosso hai anche segnato una rete decisiva contro l’Empoli con un colpo di testa vincente su cross al bacio di un certo Junior, unico centro in massima serie. Lerda dice sì ai granata e approda alla corte di Urbano Cairo per sostituire Colantuono che ha consumato il divorzio a caldissimo dopo la finale playoff persa contro il Brescia dal cosiddetto Toro dei peones costruito a gennaio da Gianluca Petrachi.

Lerda non sa che si infilerà in una delle stagioni più assurde, disgraziate e vergognose della storia del Toro coi playoff persi all’ultima giornata e una serie di contrattempi deliranti che è persino difficile rendere a parole nella loro completezza. Il calciomercato porta da un lato dei buoni giocatori (Di Cesare, Zavagno, Iunco, Sgrigna, Stevanovic anche se sboccerà l’anno successivo), ma anche dei pacchi clamorosi. Per esempio Filipe Oliveira sembra un lusso per la B visto il profilo internazionale e si rivelerà uno dei giocatori più inutili di sempre, il giovane Isaac Cofie si farà notare per un assist al contrario al 90’ all’ex Tiribocchi nello scontro diretto con l’Atalanta che ne segnerà l’esperienza in granata, Obodo dapprincipio esalta, ma poi si rivela in netta parabola discendente, Lazarevic è una delle cose più fumose mai viste su un campo di calcio. Come se non bastasse la sessione estiva ha tre momenti che flirtano con l’assurdo, innanzitutto la telenovela Gabionetta. Denilson Gabionetta è un’estrosa ala brasiliana che Lerda vorrebbe in granata avendolo avuto a Crotone con ottimi risultati (31 presenze e 9 reti, una ovviamente al Toro). Parte una telenovela clamorosa combattuta a carte bollate dai calabresi, dai granata e dalla squadra carioca dal grottesco nome Hortolandia proprietaria originaria del cartellino. La situazione si chiarirà solo a gennaio con l’approdo dell’oggetto del desiderio lerdiano sotto la Mole dove fornirà il dimenticabilissimo contributo di nove presenze e zero reti.

Il secondo momento incredibile riguarda il centravanti che avrebbe dovuto alternarsi con Rolando Bianchi al centro dell’attacco granata. La scelta cade su Marco Bernacci e per la cadetteria pare un colpaccio visti i non indifferenti exploit con le maglie di Cesena e Ascoli. Bernacci esordisce contro il Varese, in una sciagurata sconfitta interna per 2-1 che fa capire sinistramente come sarà il campionato, sbaglia una rete incredibile in avvio di partita, quindi il giorno dopo annuncia che ha intenzione di ritirarsi per motivi personali intuibili, ma mai chiariti. Ritrovatosi di colpo senza attaccante la compagine granata vira su Alessandro Pellicori che si presenta con una conferenza stampa che esplode sui social grazie alla famosa frase “Io sicuramente al Torino darò tutto, massimo impegno, massima cattiveria, l’ignoranza che servirà, perché in B serve la fantasia, ma serve anche l’ignoranza per raggiungere gli obiettivi”.

La terza perla riguarda la gestione dei portieri. L’idea originaria è di appoggiarsi a Davide Morello che bene aveva sostituito l’infortunato Matteo Sereni nella fase finale del campionato precedente. La rete subita da quaranta metri da Dalla Bona in casa del Cittadella, che provocherà la seconda sconfitta in due partite, costerà il posto all’ex pisano sin dall’intervallo di quella gara, ma il sostituto Davide Bassi non offre particolari garanzie e così si vira in extremis su Rubinho ex portiere del Genoa e protagonista del famigerato ko interno coi rossoblù che di fatto condannò il Torino alla retrocessione nel 2009. Prendere uno dei giocatori più attivi nel rissone finale, sebbene si dicesse atleta di Cristo ma in un modo abbastanza particolare viste le mazzate distribuite, rimane una decisione che lascia perplessi, ma visto che un paio d’anni dopo si paventerà l’acquisto di Enzo Maresca non c’è molto da stupirsi. Rubinho fornirà un rendimento non trascendentale, nonostante qualche rigore parato, e il risultato è che si passa da un grandissimo portiere come Sereni a tre elementi che, sommati, non ne raggiungono lontanamente il rendimento.

Come se non bastasse la depressione per la mancata promozione e un altro anno fra i cadetti, l’ambiente viene ulteriormente debilitato dall’introduzione di quella tristezza incredibile che è la Tessera del Tifoso. La maggior parte dei gruppi organizzati decide di non farla e questo significa partite interne col biglietto, ma esterne impossibili. La Maratona itinerante, a tratti commovente nell’annata precedente, di fatto scompare. Monta la contestazione nei confronti di Cairo e nelle prime giornate in molti protestano indossando i primi colori del Torino (“Nero e oro finché non vendi il Toro”). Nella nostra ora più buia si affaccia in B il Novara che, ringalluzzito dal disputare quello che crede un derby e con centri sportivi all’avanguardia, a fine stagione arriverà in serie A prima di retrocedere e quindi tornare dov’era venuto e dov’era sempre stato con tifosi che com’erano comparsi spariranno ricominciando a tifare le strisciate come avevano sempre fatto o quasi. Vedersi sorpassati anche da loro, però, in quel momento sarà un’ennesima palata di dolore anche se nella trasferta di San Valentino succederanno cose che meriterebbero un episodio a parte, ma questa è un’altra storia.

In una stagione così devastante non poteva mancare “la trattativa”. Dopo Basarins nel 2003/2004, stavolta è addirittura la volta di Mansur del Manchester City e il fatto è che sembra esserci qualcosa di più concreto del solito, ma il risultato è sempre lo stesso e l’unico sceicco che vedremo sarà quel tifoso geniale che si presenterà vestito da emiro sugli spalti di Torino-Frosinone che, per la cronaca, finirà con un’amara sconfitta per 2-1, uno dei sei ko subiti tra le mura amiche: dato inaccettabile.

Il campionato del Toro vede ben presto i nostri perdere terreno nei confronti della vetta e ritrovarsi col lottare per l’ultimo posto disponibile per i playoff che sfumerà nel confronto diretto col Padova all’ultimo turno in uno 0-2 col settore ospiti in tripudio e Maratona e dintorni giustamente in preda alla rabbia più nera. Il cammino accidentato è costellato di momenti surreali come l’esonero di Lerda sostituito da Papadopulo per due giornate chiuse con altrettante sconfitte e poi il ritorno dell’allenatore originario. Anche i pochi momenti positivi (i dieci risultati utili consecutivi a fine girone di andata spezzati dalla batosta di Varese, le tre vittorie di fila dopo il ritorno di Lerda) sembrano sempre casuali e pronti a finire. Il momento più esaltante dell’anno finisce con l’essere il derby di raccolta fondi per i malati di Sta dove passiamo dal vedere Budel e Paolo Zanetti a Leo Junior e Lentini.

Sarà forse esagerato affermare che l’unica notte felice è quella che andremo raccontare, ma di base è così perché anche nelle vittorie il Toro sembra sempre avere qualcosa che non va. Dopo un punto in tre partite vinciamo contro il Sassuolo al “Braglia”, ma l’attenzione sembra indirizzata maggiormente agli spalti drammaticamente vuoti confrontati con quello che si era visto solo pochi mesi prima dove giocammo praticamente in casa. Il successo col Novara è quasi sporcato dal fatto di aver rischiato di subire un incredibile pareggio undici contro nove. Le vittorie col Portogruaro sono striminziti e col brivido. Il 2-1 in rimonta con l’Ascoli è più noto per la storica contestazione dei gruppi che vanno in tribuna (appare anche il due aste “Ho speso più io in vino che Cairo nel Torino”) che per ciò che succede in campo. A Trieste si vince 1-0, ma il "tacco di Allah” di Pellicori, che segnerà un gran gol una settimana dopo contro l’Empoli, farà perdere la pazienza persino a Fabrizio Bellone in radiocronaca. La vittoria col Pescara è funestata da Bianchi che, dopo aver segnato da un metro, corre verso Lerda, reo di averlo messo in panchina, facendogli il gesto di restare muto. L’unico momento in cui abbiamo davvero creduto in una svolta è stato durante uno dei tantissimi turni infrasettimanali di quella stagione infinita: tredici ottobre 2010, nona giornata, Toro-Vicenza 2-1.

Nemmeno ventiquattr’ore prima l’Italia calcistica ha vissuto una pagina nera in quel di Marassi dove Italia-Serbia viene sospesa per le intemperanze dei tifosi ospiti capitanati da Ivan Bogdanov soprannominato con ben poca fantasia “Ivan il Terribile”. Ben altro clima all’Olimpico con neanche diecimila paganti e i granata che devono cancellare la bruciante sconfitta a Bergamo a tempo scaduto. Si fa pericoloso per primo il Vicenza con un calcio di punizione di Paro (sì, quel Paro) che scheggia il palo dando l’illusione del gol. Risponde Garofalo con un piazzato ancora più bello che centra in pieno la traversa.

Al 19’ la partita si sblocca nel modo più incredibile anche se veramente adatto al mood stagionale. Un calcio di punizione senza nessuna pretesa di Paro dalla sinistra viene colpito da De Vezze che, nel tentativo di spazzare, disegna un’involontaria parabola che scavalca Rubinho e fa venire alla mente l’autorete di Brambilla nel derby 1999/2000. Aggiornato il libro delle beffe il Toro prova a buttarsi in attacco e crea l’occasione più grossa della frazione al 33’: Lazarevic si inserisce su un filtrante di D’Ambrosio e, da destra, serve un pallone d’oro a Stevanovic che prova prima col destro trovando la respinta di Russo e poi col sinistro in diagonale centrando in pieno il palo. Il tempo si chiude coi fischi di una curva sempre più inferocita.

Nel secondo tempo l’innesto di Gasbarroni per Stevanovic rianima il Toro che ha un guizzo di amor proprio e ci mette almeno l’orgoglio. Il gioco latita, la confusione è tanta, ma almeno si inizia a vedersi una squadra che spinge. Il pubblico lo sente e appoggia la ripresa granata, a dimostrazione che ci basta davvero poco per scaldarci. Lanciato da Garofalo “Gasba” ha una buonissima opportunità al 56’, ma Russo salva in uscita. Poco dopo Gasbarroni offre un delizioso assist a Di Cesare sganciatosi in avanti, ma Russo respinge ancora e Iunco si fa rimpallare la conclusione successiva. Al 65’ Iunco, dopo uno strepitoso aggancio sulla sinistra, chiama al tiro da fuori Obodo, ma il destro è bloccato a terra dal portiere. Al 78’ un destro a spiovere di Gasbarroni sibila vicino alla traversa.

All’82’ gli dei del calcio iniziano finalmente a fare un mezzo sorriso al Toro. Sugli sviluppi di un lungo lancio di Rubinho Pellicori, subentrato a Iunco, stoppa e smarca Lazarevic che si ritrova davanti a Russo. Il portiere salva ancora in uscita, ma il granata è stato attaccato fallosamente da Bastrini mentre si apprestava a tirare. Rigore ed espulsione: Rolando Bianchi spiazza Russo e rimangono ancora 7’ più recupero per approfittare della superiorità numerica.

Il novantesimo è passato da poco più di un minuto quando Garofalo lancia lungo per cercare la testa di Pellicori che salta altissimo e fa la torre per Bianchi lasciato incredibilmente solo in area. Il capitano controlla di petto, lascia rimbalzare il pallone e colpisce col destro dal basso verso l’alto facendo partire un bolide in cui sembra scaricare tutte le frustrazioni dell’avvio di stagione. La palla gonfia la rete e il pubblico esplode mentre Rolando festeggia con una grinta contagiosa. I compagni lo raggiungono per stringerlo in un grande abbracci mentre Gasbarroni battibecca con qualcuno in tribuna, ma non importa, tanto abbiamo capito come va quest’anno.

Sembra davvero il momento della tanto attesa svolta invece già il sabato successivo arriva un’altra amarezza: sconfitta 2-1 a Livorno e testa che torna bassa: non è stagione. Chissà quante volte Franco Lerda avrà pensato a quella chiamata, al richiamo del sangue, a un no difficile da dire, ma che forse era meglio dare visto anche come si è sviluppata successivamente la sua carriera. A volte l’amore ti fa fare delle vere cazzate.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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