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columnist
Nove contro undici
Dei derby ti entrano nel cuore anche se fanno male. Anche se perdi, se c’è il pieno di polemiche, se per una settimana andrà in onda L’ora del moralista. Ci pensavo l’altra sera quando eravamo undici contro nove. La testa è a quella volta che in nove eravamo noi, davanti ai nostri cugini e gli abbiamo fatto sudare quella stramaledetta vittoria fino all’ultimo.
Novembre 1991: il Toro è nel bel mezzo della sua peggior crisi stagionale, rimarrà senza gol per 637’ dalla rete di Bresciani contro la Roma il venti ottobre a quella di Lentini contro la Fiorentina il quindici dicembre. E’ nella sua peggior crisi stagionale, ma non lo sa e non lo sa per due motivi. Il primo sono le coppe, dove segna e va avanti in scioltezza sia in Italia che oltre il confine. Il secondo è la difesa. Sì, perché, nonostante un digiuno così lungo, i granata perderanno soltanto due partite, contro le due prime della classe: la Juventus, vedremo come, e il Milan capolista, che quell’anno non perderà mai. Questo per dire quanto forte fosse il reparto arretrato granata, che, a fine campionato, sarà il migliore con soli venti gol al passivo.
Il Toro comincia a perdere la stracittadina nella giornata precedente, il tre novembre, prima della sosta per le nazionali. Comincia a perderlo sempre a causa di un cartellino rosso. Contro l’Inter, infatti, l’ex Scifo viene espulso per un fallo di reazione su Matthaus e priva i granata di uno degli elementi più di classe della squadra. La partita contro i nerazzurri di Orrico finisce a reti inviolate e Riccardo Ferri commenterà che se l’Inter giocasse così in casa i tifosi tirerebbero i seggiolini in campo, quasi dimenticando di essere stati sopra di un uomo per più di mezzora e di non essere riusciti a vincere. L’Inter finirà ottava, fuori dalle coppe e con sole quatte vittorie interne. Prima di guardare la pagliuzza negli occhi del Toro, c’è la trave in quella del biscione.
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Poco da segnalare alla vigilia, se non richiami alla correttezza che, visti col senno di poi, fanno sorridere. Il sole bacia Torino e l’inizio di gara è equilibrato, ma fa già intravedere qualche rudezza di troppo. All’11’ il patatrac: Mussi valuta male un lancio per Alessio che centra da sinistra, Casiraghi anticipa Bruno di testa e supera Marchegiani. Subire gol in un derby è sempre orrendo, ma per Pasquale, stavolta, lo è di più del solito, visto che ha segnato il “suo” uomo e la cosa lo innervosisce.
Passano 5’. Bruno e Casiraghi a contatto al limite dell’area. Il bianconero stramazza al suolo. Ceccarini, QUEL Ceccarini arriva e sventola il secondo giallo a Pasquale, che significa rosso.
Non c’è una gomitata, Bruno gli va addosso col corpo, gli fa sentire la cosiddetta presenza, al limite alza la spalla. Niente da fare, bisogna uscire. Lo stadio diventa una bolgia, il nostro numero due prima sembra calmo, incredulo, poi all’improvviso va verso l’arbitro in cerca di una spiegazione, Lentini prova a trattenerlo e la cosa fa infuriare ulteriormente il nostro. Lo stadio è una bolgia, Bruno viene trascinato fuori in preda a un attacco di nervi per l’ingiustizia che pensa di avere subito. Il Toro è in dieci. Lo shock sembrano subirlo anche gli uomini di Trapattoni che combinano poco nonostante la superiorità numerica. Il tempo finisce così, senza troppo da segnalare. Il clima è strano, quasi mortificato. La Juve che non sa bene cosa fare, visto che arrotondare il risultato sembra un obbligo. Il Toro deve decidere come e quando colpire per raddrizzare il pomeriggio.
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Secondo tempo: al 50’ Policano ha il pallone fra i piedi nei pressi della panchina bianconera. Casiraghi entra durissimo sulle gambe di Robi, quello sbagliato a cui fare una cosa del genere e lo dimostra subito con una scarpata in pieno volto all’avversario. Il rosso è inevitabile e sacrosanto, ma ci sarebbe anche quello per Casiraghi che, già ammonito per aver festeggiato fuori dal campo la sua rete, ha commesso un fallo da giallo. Niente, Ceccarini sventola il cartellino solo a Policano. Toro in nove, Juventus in undici. Si va verso un massacro sportivo, sulla carta. Invece no.
Il Toro non ci sta e lo fa sapere quasi subito a tutti quando, al 53’, Martin Vazquez pesca in area Bresciani che, con una girata in diagonale, manda il pallone vicinissimo al secondo palo senza che nessuno riesca a deviarla in rete. Sarà proprio Rafa a guidare i tentativi di riscossa del Toro sotto di due uomini, con un incedere quasi sacerdotale in campo. La Juventus, nel frattempo, ha la goleada a portata di mano, ma non ce la fa. Ha praterie in contropiede, ma non ne approfitta, sprecando occasioni incredibili. Passano i minuti e sembra quasi convincersi che potrebbe esserci la beffa, così si rifugia nella melina e nel retropassaggio.
C’è da rimarcare come la curva Maratona entri a gamba tesa nel derby con una colonna sonora geniale e irridente, con la bravura di adeguare il tifo all’andamento della gara da vero dodicesimo uomo. Il coro “Schillaci in nazionale” ogni volta che Totò sbaglia un’occasione più facile da realizzare è di rara perfidia, calcolando che Sacchi ha tutto tranne che l’intenzione di fargli rivestire l’azzurro. Sbeffeggiare la paura di chi passa indietro a Tacconi nel finale fa trasparire quanto venga prima la prestazione e il coraggio e poi il risultato nel cuore del più caldo tifo granata. L’apoteosi sarebbe se il tiro di Vazquez a una decina di minuti dalla fine, dopo un pallone rubato in pressing, fosse stato dalla parte giusta del palo e invece no, fuori di poco.
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Alla fine, ovvio, esultano loro e non noi. La sconfitta fa male, malissimo. Il giorno dopo verremo presi per il culo a scuola o in ufficio, ci sta. Come ci sta guardare negli occhi chi lo fa e non abbassare lo sbaglio visto come si è resistito nove contro undici. Oppure si potrebbe far leggere l’incipit dell’articolo di Mario Gherarducci sul Corriere della Sera “Se questa è la Juve che dovrebbe contendere lo scudetto al Milan, i rossoneri possono dormire tra guanciali”. E sarà così. Al ritorno la musica sarà diversa, chiedere a Casagrande per informazioni.
Siccome la storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa, nel 2002/2003 il peggior Toro di serie A di sempre, dati alla mano, si ritroverà addirittura otto contro dieci e la palla tra i piedi di Fattori che inspiegabilmente non tira rimarrà uno dei momenti più grotteschi e inspiegabili della nostra storia. Se proprio dobbiamo scegliere, preferiamo ricordare quel derby del Toro 91/92.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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