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Otto di fila (seconda parte)

Culto / La nuova rubrica di Francesco Bugnone: "secondo me anche Nello Santin è preoccupato, perché, in una trasmissione locale, dice che dopo cinque vittorie di fila, magari va bene anche un pareggio, dai, non esageriamo"
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

CAPITOLO 5 COSENZA

Quando si viene da un periodo positivo e c’è una lunga sosta, il dubbio è che, alla ripresa, la magia possa sfumare. A Cosenza, la truppa del Camola ci toglie il pensiero fosco dopo nemmeno 5’: torre di Colombo e Schwoch calcia splendidamente al volo di destro dal limite con palla all’incrocio. Gol da cineteca.

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A posteriori, fra le otto vittorie, questa è quella che mi ha fatto godere di più e per tre motivi. Primo perché si è sofferto e la sofferenza calcistica, se va a finire bene, impreziosisce sempre. Il Cosenza ha premuto, ha voluto dimostrare perché fosse primo fino a qualche giornata prima, ha avuto anche 20’ in superiorità numerica per il rosso a De Ascentis, coi granata che avevano appena perso Castellini per infortunio, ma niente. Abbiamo stretto i denti, non si passa.

Il secondo motivo è dato dal fatto che il telecronista di Telepiù era palesemente un tifoso del Cosenza. Delizioso ascoltare come provasse a trattenersi, pensando magari a un bestemmione mentale ogni qual volta i silani sembravano lì lì per farcela e invece no.

Il terzo motivo è il gol del raddoppio. Schwoch entra in area da destra e serve al centro Maspero, che la tocca di giustezza al 92’. Cos’ha di particolare questa rete? La dolcezza con cui la sfera entra, tanto da farti assaporare il sapore di avercela fatta prima ancora che varchi la linea, e il fatto di aver segnato alla fine, in modo da avere la certezza di aver vinto, ma con ancora qualche secondo a disposizione per gustare la vittoria con tranquillità, dopo un’ora e mezza di continui moti intestinali.

Dopo il pokerissimo, tra noi e la zona promozione ci sono soltanto due punti. Quanto ci piace sto Toro umile e cazzuto.

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CAPITOLO 6 SALERNITANA

Premessa numero uno: l’ultima volta che il Toro ne aveva vinte cinque di fila era nel 1996/97 con Sandreani in panchina, chiudendo trionfalmente il girone d’andata dietro il Lecce capolista. Risultato finale: nono posto. Mi preoccupo.

Premessa numero due: secondo me anche Nello Santin è preoccupato, perché, in una trasmissione locale, dice che dopo cinque vittorie di fila, magari va bene anche un pareggio, dai, non esageriamo.

Il Toro di Camolese se ne frega delle nostre preoccupazioni, di tutto e, nell’anticipo del venerdì contro la Salernitana, non ci fa nemmeno realizzare che la partita sia cominciata che la sblocca: spunto di Schwoch, zampata vincente di Colombo, un minuto e cinquanta sul cronometro. Al 28’ si chiude la partita: espulsione un pochino fiscale di Tamburini per fallo su Maspero, punizione magistrale dello stesso Ricky, 2-0 e maglia per incoraggiare Castellini, appena operato, in bella mostra. Dopo le sofferenze di Cosenza, ci aspettano tre quarti di gara di totale tranquillità. Capita di rado. Ce li godiamo, anzi, facciamo anche un pochino i difficilotti perché non abbiamo fatto il terzo. L’andata si chiude coi granata sempre a due punti dalla zona A. Ormai è soltanto questione di giornate per azzannarla definitivamente, lo sappiamo noi e, soprattutto, lo sanno le altre.

CAPITOLO 7 ANCONA

Un girone fa, il primo settembre, il Toro esordiva in campionato perdendo una partita incredibile in casa contro l’Ancona con Storari che parò di tutto, facendoci inaugurare la stagione con improperi vari. Anche per questo, ci dobbiamo vendicare.

In un mondo dove Telepiù e Stream si dividono le gare interne delle squadre, l’Ancona è l’unica che si può ascoltare soltanto per radio ed è subito ritorno alle scuole medie. I due fendenti vincenti di Schwoch li sentiamo senza vederli, ma esultiamo lo stesso, così come ci disperiamo quando Brambilla colpisce due legni e iniziamo a farcela sotto quando Melli ci buca dopo 546’ nel finale. La beffa, però, non arriva. Il rumore delle lamentele doriche, che in casa non perdevano da 31 gare, è dolcissimo, anche perché i tifosi, tra minacce ai dirigenti e sassi ai pullman, non si sono comportati proprio benissimo.

Settima vittoria consecutiva. Nella nostra storia c’era riuscita solo una squadra. Esatto. Quella. Camolese parla giustamente di paragone assurdo, ma quelli sono i numeri e sono bellissimi. Tipo avere agganciato la Ternana al quarto posto, l’ultimo utile per salire. Tipo sentire la paura di quelle davanti che ci sentono caricare.

 CAPITOLO 8 PISTOIESE

 Mai nella sua storia il Toro aveva vinto otto volte di fila. Nemmeno al Grande Torino era riuscita l’impresa. Ovvio che il solo accostamento sia blasfemia, ma Camola e i suoi non vanno sminuiti nel tentativo di entrare, a modo loro, nella storia. Gara sulla carta abbordabile contro la pericolante Pistoiese, ma non pensiamo neanche che, in situazioni del genere, di solito ci incartiamo. C’è la corretta sensazione che tutti, tra campo e panchina, sappiano esattamente cosa fare. E lo facciamo.

Al 32’ una conclusione di Maspero viene deviata da Bianchini ed entra lemme lemme in rete, un altro di quei gol in cui alzi le braccia prima che entri, sicuro che nulla potrà beffarti. Dopo il vantaggio, il Toro insiste e solo un po’ di precipitazione in zona tiro e la giornata felice del portiere avversario Dei mantengono la gara in bilico. Neanche esporre in curva Scirea lo striscione “Ecco l’ottava sinfonia di mister Camolese” prima della fine, in barba a qualsiasi regola scaramantica, ci fa punire: siamo così sicuri del fatto nostro che ce ne fottiamo. Anzi, allo scadere arrotondiamo il punteggio con un gol quasi poetico, griffato da due subentrati: Tricarico, dentro da neanche 5’, scende a sinistra e crossa sul palo lontano dove Artistico, assente dalla stagione precedente, non perdona in tuffo di testa, spacca la bandierina del corner con un calcio e, già ammonito, si salva dal rosso per il buon cuore di Morganti (pare gli abbia detto “almeno la rimetta a posto”). Camola come Re Mida: ha recuperato anche Ciccio e lo vedremo nel gare successive.

Il Toro ha fatto il record. Il campionato è ancora lunghissimo, ma nell’aria c’è la sensazione che non rovineremo tutto. A conforto di ciò, ci sono le facce dei giocatori a fine gara, soprattutto quelli tenuti un pochino ai margini: sembra sappiano tutti quale sia la direzione giusta, sembra sappiano tutti remare verso di essa e, se ci fosse qualsiasi problema, sanno che basta guardare quel signore coi capelli castani in panchina per risolverlo e ripartire.

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EPILOGO

Una così bella cavalcata si sarebbe potuta interrompere in modo indolore con un prezioso pareggio a Venezia, invece scegliamo la strada della beffa, o meglio, del furtarello, visto che prendiamo gol al 94’ da Maniero che, però, commette un fallo abnorme su Cudini. Scricchioliamo (vittoria di misura contro il Treviso, sconfitta in casa Samp in una gara tristemente nota più per motivi extracalcistici che per altro), ma poi ripartiamo subito a macinare risultati utili e vittorie, soprattutto in trasferta, in alcuni casi in maniera particolarmente goduriosa (ne parleremo) fino al colpo di testa di Artistico a Pescara che varrà, complice la vittoria del Piacenza a tempo scaduto contro la Sampdoria, la promozione matematica. Non ci fermiamo più, vinciamo anche le ultime due e arriviamo primi. In una squadra normale, starebbero allestendo un monumento equestre a Camolese. Da noi la società lo mette addirittura in discussione per essersi permesso di schierare Mauro Bonomi, pare contro il parere dirigenziale. Tutto rientra nel giro di qualche settimana, ma è un campanello d’allarme. Però adesso non ascoltiamolo, pensiamo solo a ringraziare Camolese per quello che è stato, per quello che ha fatto, ma soprattutto per quello che è. Un allenatore senza santi in Paradiso, che crede nel suo lavoro, che ha raccolto meno di quanto meritasse in carriera (proprio per non avere santi in Paradiso), ma che si è fatto il regalo di diventare, per noi che amiamo il Toro, semplicemente indimenticabile.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.

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