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Perdere l’amore

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Culto / La nuova rubrica di Francesco Bugnone: "Adoravo Recoba. Quei due gol col Brescia nel 1997/98 mi avevano folgorato sulla via di Damasco e continuavo a non darmi pace del fatto che uno con quel mancino non avesse dato al calcio quello che...
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

17 maggio 2007, finale di ritorno di Coppa Italia fra l’Inter neo-campione d’Italia e la Roma. I giallorossi hanno incredibilmente vinto per 6-2 l’andata, ma i nerazzurri, con i gol di Crespo e Cruz a inizio ripresa, sembrano aver posto le basi per l’insperata rimonta. Manca quasi un quarto d’ora al termine quando Doni, portiere giallorosso, perde malamente il pallone nella propria area. In agguato c’è Recoba che, sebbene defilato, avrebbe tutto il tempo di convergere e mettere in rete, oppure, alternativamente, appoggiare al centro a un compagno per una marcatura facile facile che potrebbe, con tutta l’inerzia a favore della squadra di casa, portare di slancio anche al 4-0. Potrebbe. Potrebbe perché Recoba non riesce a controllare bene la sfera che finisce sul fondo insieme alle residue possibilità di alzare la coppa: qualche minuto dopo, infatti, la rete di Perrotta chiuderà i conti.

In quell’errore di Recoba ho sempre visto una specie di linea di demarcazione fra l’Inter pre-Calciopoli, quella che trovava sempre un modo per farsi beffare, e quella successiva che, nel giro di tre anni, arriverà al Triplete. Il “Chino” come triste simbolo incompiuto dei nerazzurri di prima. Ora che l’Inter vuole diventare grande davvero per lui non c’è più posto, non c’è più posto per rigori sbagliati contro l’Helsinborg o pali al 90’ contro la Lazio in finale di Coppa Italia o cose che avrebbero potuto essere e non sono state, come quel pallone non domato dopo l’errore di Doni.

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Adoravo Recoba. Quei due gol col Brescia nel 1997/98 mi avevano folgorato sulla via di Damasco e continuavo a non darmi pace del fatto che uno con quel mancino non avesse dato al calcio quello che avrebbe dovuto. La testa. La sfiga. Secondo una frase attribuita a Veron, non è diventato il miglior giocatore del mondo semplicemente perché non ha voluto.  Però, visto che ad amarlo non ero solo io, ma in primis, il suo presidente, sentivo che quel sentimento non era mal riposto. Figuratevi  la reazione quando, nell’estate 2007, dopo una stagione ai margini all’Inter, ma in cui l’unico gol realizzato è una perla direttamente da corner contro l’Empoli, accostano il suo nome al Toro.

 

All’inizio sembra una cazzata, una di quelle che voci che escono quando arriva un allenatore nuovo e la sua squadra sembra pronta a comprare tutti i giocatori che hanno lavorato con lui altrove. Il Toro ha appena preso Novellino, Recoba non sembra trovare più spazio all’Inter, vuoi non ricordare l’iconica mezza annata del duo a Venezia? Col passare delle settimane, però, la voce prende consistenza. Dopo aver buttato al vento l’occasione di onorare al meglio il fatto di essere l’unica squadra di Torino in serie A nel 2006/2007, chiudendo il campionato con una salvezza dai pochissimi picchi, il Toro sembra fare sul serio. Sereni, Natali, Corini, Grella, Di Michele, Ventola: sulla carta sembra che per il 2007/2008 ci siamo. Manca solo la ciliegina.

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E il 31 agosto la ciliegina arriva: Alvaro Recoba è un giocatore del Torino. Impazzisco. Lo immagino duettare con Rosina, ai tempi ancora Rosinaldo, come dimostrano il delizioso cucchiaio alla Lazio alla prima giornata o il gol pazzesco in coppa Italia al Rimini. Immagino i tre tenori (Recoba-Rosina-Di Michele), quando l’ex palermitano rientrerà dalla squalifica. Solo il fatto di essere in turno di sabato mattina, mi impedisce di andare a ingrossare le fila dei 5000 che stanno assistendo al primo allenamento dell’uruguaiano che sembra felicissimo di essere da noi, lo dice anche in conferenza stampa, si sente di nuovo al centro dell’attenzione, i nerazzurri lo davano un pochino per scontato. Dentro di me la sensazione che abbiamo finalmente svoltato. Una sensazione tremendamente fallace, ma non posso saperlo: penso solo a uno dei giocatori più forti che potessi immaginare che ora gioca da noi con l’allenatore con cui ha fatto meglio. Cosa potrebbe andare mai storto?

Con un inusuale numero 4 sulla schiena, Recoba esordisce subito contro la Reggina in una gara tranquilla solo sulla carta, visto che Amoruso ci fa andare sotto. Il Chino però sembra preso bene, partecipa al gioco, si intende con Rosina dopo nemmeno mezzo allenamento ed entra nelle due azioni che ribaltano il risultato (gol di Rosina e Ventola). Poi, senza i 90’ nelle gambe, è costretto a uscire, così come aveva fatto Rosinaldo poco prima. Toro praticamente senza fantasia per 25’, Bjelanovic prende un palo, Vailatti si fa male lasciandoci in dieci, Cozza pareggia con un calcio a due in area e l’amaro in bocca è fortissimo. Però, con Recoba in campo, stavamo vincendo. E’ solo un episodio, l’ennesimo tributo al farci rovinare le feste che dobbiamo pagare, si spera per l’ultima volta.

Dopo la sosta, si va a Palermo, dove l’anno prima ne prendemmo tre (a zero). Il gol in apertura di Simplicio sembra rimettere le cose su quella strada, ma il Toro tiene, cresce e a inizio secondo temo pareggia e pareggia LUI: Recoba serve Rosina di tacco e il dieci gli restituisce palla appena dentro l’area. Diagonale mancino rasoterra e palla nell’angolino basso: 1-1. E’ il preludio a una gran ripresa e solo il fatto che Bjelanovic si calci il pallone addosso da solo (letteralmente) al limite dell’area piccola ci impedisce il colpaccio, ma sono felice come se avessimo vinto: prestazione all’altezza contro una squadra che ci aveva pesantemente schiaffeggiato in passato, intesa Recoba-Rosina in ulteriore crescendo e primo gol in campionato del Chino. Peccato non sapere ancora che sarebbe stato anche l’ultimo.

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Da quel momento il campionato del Torino entra in un imbuto: poche vittorie, pareggi a ripetizione,  sconfitte dolorose (soprattutto una, il 30 settembre, per un gol irregolare che cerco ancora di non rivedere adesso), una svolta che deve sempre arrivare e non arriva mai. Altro che lotta per l’Europa, si inizia a scivolare pericolosamente nella mediocrità, se non peggio. In quel marasma, Recoba fa quello che può e non è tantissimo, ci si mette anche qualche guaio fisico come contro il Cagliari, quando deve uscire al 38’. Non mi rassegno, è solo un momento, passerà: i miei sogni di punizioni nel sette, assist e gol pazzeschi non possono finire così.

Una possibile svolta potrebbe arrivare a dicembre, in casa col Genoa. Per la prima volta Novellino schiera dall’inizio i tre tenori (Rosina-Di Michele-Recoba) e dopo una manciata di minuti potrebbero già far male: il Chino recupera palla e lancia il contropiede, Rosina smarca Di Michele che, da pochi passi, tira altissimo. Il male, quindi, lo fanno solo a noi. Per Recoba un tiro velleitario da centrocampo e poco altro. Al 51’ lascia il posto a Ventola. Un’altra svolta potrebbe avvenire la domenica dopo, a Milano contro l’Inter, il Chino contro il suo passato, stimoli a raffica, ma Novellino viene colpito dalla sindrome di Ulivieri con Baggio contro la Juve e lo tiene fuori, mettendolo in campo quando l’Inter è già sul 3-0.

Contro la Roma, nella famosa partita del palo a porta vuota di Rosina e Di Michele, il Toro domina e Recoba morde ancora il freno in panca. C’è la sensazione che, se lo mettessimo in campo, vinceremmo, ma niente: panchina e 0-0, nonostante il dominio contro una squadra molto più forte di noi. La sensazione però era giusta e il perché si capisce pochi giorni dopo: ancora Roma in casa, stavolta in Coppa Italia. Recoba è titolare e ci mette 12’ a portarci in vantaggio: finta che manda per terra De Rossi e rasoiata di sinistro da venti metri nell’angolino basso. Al 50’, dopo che nel frattempo aveva pareggiato Mancini, Grella lancia il numero quattro in profondità e stavolta la rete arriva addirittura con il destro. Recoba entra anche nell’azione del 3-1 di Comotto, si prende un otto in pagella e sembra finalmente pronto a guidarci verso nuovi orizzonti. C’è un qualcosa di poeticamente perverso nel fatto che la sua miglior gara in granata, di fatto, non servirà assolutamente a nulla, visto che la Roma al ritorno ce ne farà quattro e tanti saluti alla coppa Italia.

Il resto della stagione è sulla falsariga del girone d’andata. Ci sono momenti in cui Recoba prova a prendere sulle spalle la squadra, ma intorno a lui c’è il deserto (vedi una squallida sconfitta interna contro il Livorno), ci sono momenti in cui è fuori per i soliti problemi fisici, ci sono momenti in cui sbaglia la scelta, come nel derby di ritorno, quello della traversa di Rosina, quando, in avvio di gara, parte in contropiede, punta l’area, stiamo già pregustando un sinistro che spacchi la porta, sicuramente tirerà, lo farà, sono anni che aspetto questo, invece si allarga inspiegabilmente, tanto inspiegabilmente che se dovessi fargli una sola domanda su quell’anno al Toro gli chiederei “ma perché ti sei allargato?”, cross in mezzo e nulla di fatto. Mentre il campionato scema, nemmeno la soddisfazione di un gol su punizione da ricordare: con l’Empoli becca una traversa clamorosa all’alba di un’altra sconfitta interna allucinante. Esonerato Novellino, il Toro si riaffiderà a De Biasi e, in qualche modo, si salverà, sebbene sia una salvezza che in sé ha i germi della retrocessione dell’anno successivo e, soprattutto, è una salvezza che non potrà farmi avere un bel ricordo di Recoba al Toro.

Sì, perché ho perso l’amore. Non è nemmeno colpa tua, Chino. E’ colpa delle aspettative, perché se ti fai delle aspettative e credi che le cose andranno finalmente in una certa maniera, perché è tutto apparecchiato perché vadano proprio in quella maniera lì, verso la felicità, verso i sogni e poi non vanno, l’amore lo perdi. Ti ci aggrappi per un po’ anche irrazionalmente, ma lo perdi. Come quando inizia una storia e credi che vada tutto bene, poi crolla tutto e ripensi ai primi tempi e come cazzo è possibile che sia andata così male. Invece è possibile. Può arrivare il giocatore che hai sempre desiderato con l’allenatore con cui ha reso di più e invece va tutto male lo stesso. E allora perdi l’amore, senza augurare il male a nessuno, ma lo perdi. O dici così solo per convincerti, perché ci stai ancora male. Perché sai che vivi nell’unico universo in cui Recoba ha fallito al Toro. Sì, perché in altre migliaia di realtà alternative, il Chino ci ha guidato a grandissime vittorie. Ci potete scommettere.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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