CULTO

Quando il 7-0 era per noi

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
"Uno 0-7 in casa è tremendo, figuriamoci due in poco più di un anno. Eppure c'è stata una volta, quasi trentadue anni fa, in cui il 7-0 fu per noi. Un altro tempo, un altro Toro"

Culto di questa settimana non doveva essere questo. Doveva essere la prima di un ciclo di tre puntate sulla stagione 2005/2006, sul fatto che fosse quella della grande illusione, di quando la storia sembrava avere messo decenni di dolore al loro posto per farci iniziare finalmente la riscossa e invece, a posteriori, non lo fu, anzi. Nonostante ciò quel campionato andava e va celebrato, ci sono stati giocatori e persone come si deve che hanno dato tutto per la nostra maglia in quei mesi e vanno raccontate. Però non stavolta, un sette a zero è troppo pesante, soprattutto in casa, soprattutto perché viene dopo poco più di un anno da un altro sette a zero, qualcosa di indecente.

L’unica cosa che può leggermente lenire la ferita è il ricordo di un altro sette a zero, solo che questa volta eravamo noi dalla parte giusta. Da quella sbagliata c’era il Pescara. “Il Pescara ha giocato la più indegna, la più indecente partita degli ultimi tre anni” dice Galeone. “Poteva finire 10-1” scrive il Corriere della Sera. Sembrano dichiarazioni post 7-0, ma in realtà si riferiscono a qualche mese prima: 2 aprile 1989, il Toro allenato da Claudio Sala ospita il Pescara in una delle gare sulla carta decisive della salvezza e, probabilmente, se la gioca lì, o meglio lì e nel pareggio interno contro l’Ascoli durante il finale gestito da Vatta, quello del rigore fallito di Muller e poi del nubifragio. I granata giocano una gara tutta all’attacco, ma non basta, perché il giovane portiere biancazzurro Gatta gioca la miglior gara della sua vita e para letteralmente tutto. Inizia con un intervento di istinto su Comi, poi capitola al 14’ su combinazione Comi-Sabato-Muller finalizzata da Skoro. Cerchiamo di arrotondare, ma l’estremo abruzzese dice no con un miracoloso tuffo a un rigore in movimento di Muller, poi vola due volte su Fuser (bordata da fuori e colpo di testa). Il Pescara pareggia appena mette fuori il naso con Edmar che approfitta di un buco difensivo. I granata continuano ad attaccare, ma la risposta è sempre la stessa: Gatta para tutto, compreso un rigore che Cravero si procura a contatto con Junior (sì, proprio lui), ma fallisce. Il 17 settembre 1989 le due squadre si ritrovano in serie B. Il Torino ha chiuso la stagione con l’amara sconfitta di Lecce, gli abruzzesi hanno vinto solo a Roma, alla prima del girone di ritorno, e poi solo pareggi e ko. I granata, nonostante la retrocessione, hanno l’entusiasmo al top, Borsano ha costruito una squadra fuori categoria e l’ha affidata a un mago della cadetteria come Eugenio Fascetti. Gli abbonati sono addirittura mille in più dell’anno post scudetto e la stagione d’addio al Comunale e a “quella” Maratona è un tripudio di goleade (ne parleremo, ne parleremo). Siamo solo alla quarta giornata, ma è chiaro quale sarà il cammino granata: essenziale in trasferta, pirotecnico in casa.  Siamo solo a quarta giornata, ma è chiaro che quel Toro in B era come l’uomo su questa terra: solo di passaggio. Sulla panchina degli abruzzesi non c’è più Galeone, bensì Castagner. In porta, invece, c’è sempre Gatta. Se quattro mesi prima le aveva prese tutte, stavolta le raccoglierà solo quando sono finite in rete. Comincia in fretta, è il nono minuto: Policano da sinistra per il neo-sposo Pacione che si sblocca, e sblocca il risultato, con un gol capolavoro. Controllo di petto, girata volante di sinistro e corsa per festeggiare. Al 23’ Muller affonda sulla sinistra, in mezzo ci sono due compagni, ma vuole fare da solo anche se la posizione è molto difficile. Sull’uscita di Gatta il destro a incrociare e dolce e preciso, sono due. Al 25’, su angolo a rientrare di Policano, stangata di testa di Ezio Rossi per il 3-0. Allo scadere, su lungo lancio di Mussi, Pacione fa la torre per Skoro che gira rabbiosamente in rete. Poker in 45’, fermarsi o continuare non è dilemma da porsi, l’importante è non irridere, ma continuare a giocare e quel Toro granata nella maglia, nei pantaloncini e nell’animo rientra in campo per andare avanti nel lavoro. Al 60’ Skoro batte un angolo da sinistra, molto lungo. Benedetti colpisce di testa e serve Pacione che controlla e in acrobazia gonfia la rete. Gatta, che si buttava ovunque nel precedente citato in avvio suscitando facili giochi di parole col suo cognome, stavolta è fermo, fa una specie di saltino sul posto più per riflesso automatico che per altro, poi china la testa rassegnato. Non ha ancora smesso di grandinare su di lui e sul Pescara, però. Gatta prova a rinverdire i vecchi fasti con una risposta su botta di Muller, ma sembra più un triste tentativo di riprovare certe sensazioni che una parata convinta, anche perché in agguato c’è Policano che lo infila immediatamente con un colpo di testa. Allo scadere ancora Policano chiude la sua splendida con un traversone da sinistra che Muller calcia sporco, la palla rimbalza, Gatta non sa bene cosa fare, forse non è lui, è una controfigura. La sfera supera la linea beffardamente, poi è finita con la Maratona in delirio. 12 maggio 2021, sul 3-0 per il Milan metto su Diretta Gol, succede raramente che lasci così le cose a metà. Per esempio era capitato il 25 gennaio 2020. “Se fanno il quarto me ne vado a casa”. Il quarto lo fa Ilicic, da metà campo. Esco e sento un boato, torno indietro per capire se abbiamo fatto il 4-1, no, è l’Atalanta che ha fatto il quinto. Quel pomeriggio in cui Ezio Luzzi mi comunicò, quando gli diedero la linea per il finale credendo che si fosse ancora sulla 6-0, della settima rete di Muller, con me a guardare mio nonno con gli occhi sgranati e la bocca aperta e sorridente per l’incredulità non mi è mai sembrato così lontano.

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Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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