Ci pensavo lunedì sera quando gli hanno annullato il gol in Fiorentina-Genoa. L’ho visto correre, esultare, rimanere deluso. Mi sembrava impossibile che fino a nemmeno tre anni fa fosse il nostro amore totale e ora, senza rinnegare nulla, fosse diventato niente. Come quando guardi la foto di qualcuno che è stato con te e ti sembra una cosa lontana, mai accaduta, appartenente a un altra galassia. Invece Andrea Belotti c’è stato eccome. È stato cintura nera nel chiudere male un rapporto (con noi, non col presidente: specifico), ma ha fatto cose da supereroe che non è stato in grado di ripetere altrove forse perché parte del suo potere veniva proprio da indossare la nostra maglia in grado di centuplicare i suoi punti forti e rendere marginali quelli deboli.
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Storia di due rovesciate
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Due dei momenti in cui questo strapotere si è manifestato in maniera così deflagrante da parlarne a qualsiasi latitudine sono stati entrambi contro il Sassuolo, ai tempi molto lontano dalla squadra male in arnese che abbiamo visto quest’anno. Il “Gallo” ha infilato due acrobazie clamorose a distanza di un anno e mezzo che ancora adesso ci lasciano il dubbio su quale delle due fosse la migliore. Torniamo per un attimo gallosessuali e andiamo a riviverle.
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27 agosto 2017, Toro-Sassuolo 3-0
—L’estate del grande dubbio sta finendo. Dopo l’exploit della seconda stagione granata con ventisei gol in trentacinque partite, Belotti finisce al centro di una serie infinita di voci di mercato. Sono i tempi della famosa clausola di cento milioni per l’estero e del Milan mirabelliano che punta al cuore (si dice) rossonero del centravanti per portarlo a San Siro. Alla fine non arrivano offerte che facciano girare la testa a Cairo e il centravanti resta sotto la Mole. Il senno di poi direbbe che forse sarebbe stato meglio cederlo, visto anche com’è finita. L’esperienza risponde che col tesoretto acquisito probabilmente si sarebbe “rifatta la squadra” con le solite lacune e quindi, per avere la coperta corta e il classico centro della classifica, tanto vale aver tenuto con noi Andrea ancora per un po’.
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Tanto per non farci mancare niente, il dibattito si sposta sul fatto che Belotti potrebbe non essere stato felicissimo di rimanere. Nella tripletta in coppa Italia al Trapani le reazioni dopo i gol vengono sviscerate con analisi degne di psicologi forensi: non ha esultato, non ha sorriso, non ha fatto la cresta, sì, l’ha fatta per un secondo (che palle). La prima di campionato a Bologna non è brillantissima per il centravanti, ma ci pensa Ljajic a pareggiare la rete di Di Francesco in una gara che fa infuriare Mihajlovic perché nel finale viene tolto un gol a Berenguer per un fuorigioco inesistente proprio del Gallo. Massa però fischia prima che il pallone entri e il var non può intervenire. Si tratta del prequel di ciò che accadrà l’anno successivo ancora a Berenguer, stavolta a Udine, ma questa è un’altra storia e i cahiers de dolèances dei torti arbitrali li apriremo un’altra volta.
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Per la prima in casa l’umore è discretamente alto e il Toro preme parecchio nella prima parte del match. L’occasione migliore capita a Berenguer che pasticcia su un pallone teso di Iago Falque solo da mettere dentro. Al tramonto della prima frazione il risultato è ancora sullo 0-0, ma i granata stanno per regalarci una perla. L’azione parte con un sombrero di Nkoulou su Politano e la palla recapitata a De Silvestri che sprinta sulla destra e crossa dal fondo verso il palo più lontano. Belotti vede arrivare la sfera e si coordina in maniera perfetta, sembra rimanere un attimo sospeso per aria, come se fosse in volo, poi impatta perfettamente il cuoio. Il pallone si insacca dalla parte opposta, potente, secco. Lo stadio esplode di gioia per una sforbiciata che riempie l’anima. Belotti esulta ebbro di gioia, fa la cresta, stavolta nessuna analisi comportamentale è necessaria: il Gallo è contentissimo. “Ma che gol ha fatto?” diventa la frase più pronunciata dalle parti di corso Sebastopoli o da chiunque stia seguendo la partita.
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Nella ripresa il Toro continua ad attaccare e arrotonda il risultato con Ljajic su assist di Falque, in seguito a un harakiri difensivo avversario, e Obi dopo un’azione personale di uno scatenato Belotti. Fomentati come belve all’uscita dello stadio, con quella prodezza acrobatica ancora negli occhi, siamo pronti a giurare che il Gallo segnerà caterve di reti anche quest’anno, ma sbaglieremo e non tanto per un calo di rendimento del centravanti, quanto per la sfortuna: due brutti infortuni ne condizioneranno la stagione e alla fine timbrerà dieci volte il cartellino del gol. Si rifarà abbondantemente negli anni successivi.
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12 maggio 2019, Toro-Sassuolo 3-2
—Dopo il pareggio nel derby al Toro di Mazzarri non resta che vincere contro il Sassuolo per mantenere vivo il sogno europeo, ma il Sassuolo di De Zerbi, pur non lottando per particolari obiettivi, sta onorando il campionato con tutti gli avversari. L’anticipo della mezza è sempre un animale insidioso e anche stavolta una serie di trappole complicano la domenica granata. Un rigore concesso ai granata per un richiamo del var viene fallito da Belotti che scheggia la traversa. Gli ospiti puniscono con una conclusione dalla distanza di Bourabia che fa scendere il gelo sul Grande Torino nonostante la bella giornata, ma il centrocampista, già ammonito, alza la maglia per festeggiare e trova il cartellino rosso.
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La ripresa granata è tambureggiante: su cross di De Silvestri Belotti prova una rovesciata strepitosa, ma Consigli alza in angolo. “Pensa se avesse di nuovo segnato in rovesciata come la scorsa stagione” ci si dice in curva, forse con termini leggermente più coloriti. Eh, pensa. Il pareggio arriva grazie all’ennesimo inserimento di un De Silvestri in stato di grazia che Belotti traduce in rete intervenendo sotto misura. Da rimarcare lo splendido lancio di Baselli alla sua miglior stagione in granata che pesca Lollo. Sembra tutto pronto per il sorpasso, ma il Toro non fa i conti con Boga che costringe Sirigu a una difficile respinta dopo un’irresistibile serpentina prima che Lirola ribadisca in rete di tacco. Si ricomincia a respirare quando Zaza capitalizza un perfetto filtrante di Meitè. Guardiamo l’orologio: mancano dieci minuti al termine. C’è ancora tempo. Ne basterà pochissimo.
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Meitè allarga a destra a De Silvestri che mette l’ennesimo pallone in mezzo. Belotti è spalle alla porta, fa un passo indietro e si coordina. Se quella dello scorso anno era più sforbiciata che rovesciata, su questa non ci sono dubbi. Rovesciata piena, pulita, da copertina dell’album Panini. Consigli si tuffa alla sua destra, ma la palla è troppo forte. Ricordo con una nitidezza che non c’entra nulla con la gioia folle del momento quel pallone che gonfia la rete, poi il boato, poi non so nemmeno io cosa sia successo, solo urla, urla e ancora urla. L’esultanza per quel gol fu per anni lo sfondo del mio telefono. Quando eravamo chiusi in casa per il Covid pensavo spesso alla possibilità di vivere altri momenti simili, coi corpi che si buttano uno sull’altro a ululare in una splendida giornata di sole. Finisce 3-2 possiamo continuare a sognare un Europa che arriverà per vie traverse, ma anche questa è un’altra storia.
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Sfumano le grida, i corsi e ricorsi, le maglie granata che corrono per il campo, le creste. Si può provare totale indifferenza, con una punta di fastidio, per un giocatore e, al tempo stesso, risentire un amore sopito riguardando le immagini? Certo che si può, perché a volte il viaggio dei sentimenti è semplicissimo, altre per niente. Bisogna solo accettarlo per provare a vivere un pochino meglio.
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Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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