Se dovessi assegnare la palma del Toro che più ha deluso le attese negli ultimi anni vincerebbe a mani basse quello del 2007/2008. Le aspettative erano altissime: Novellino in panchina, l’attesa consacrazione di Rosina, l’arrivo di Recoba e Di Michele a formare i cosiddetti “Tre Tenori” col numero dieci, un portiere fenomenale come Sereni (tra i pochi a fare il suo quell’anno), l’acquisto di un big della difesa come Natali, il centrocampo Corini-Grella. La realtà fu molto diversa fra occasioni perdute, pessime figure, atroci beffe e situazioni grottesche (in primis il palo a porta vuota di Rosina e Di Michele contro la Roma) coi granata ritrovatisi addirittura invischiati nella lotta per salvarsi che portarono a casa la buccia grazie all’ennesimo ritorno di Gianni De Biasi. Nonostante questo anche in una stagione così buia, dove guardavamo increduli ogni sogno evaporare domenica dopo domenica, qualche partita da ricordare c’è stata. La vittoria 3-1 col Palermo coi gol dell’ex di Diana e Di Michele la domenica in cui Balzaretti, per la prima volta, si presentò da ex a Torino o il successo in casa della Reggina con un grande Stellone ritrovatosi dopo un lungo stop, tanto per dirne due. Però la gara che salta più alla memoria, soprattutto per la sua totale follia, fu un pareggio avvenuto nel tardo pomeriggio di un sabato di fine febbraio. Si tratta di un match che, alla vigilia, sembrava essere solo la tappa di avvicinamento al derby e invece si trasformò in uno spettacolo dell’assurdo tanto stordente quanto galvanizzante: Torino-Parma 4-4.
Culto
Storia di un quattro pari
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Toro tredicesimo a quota 25, Parma terzultimo appaiato al Siena a quota 21: è uno scontro salvezza più di quanto siamo disposti ad ammettere ed è uno scontro che inizia bene. Su un lungo lancio di Pisano a Stellone non riesce il controllo, ma la difesa del Parma è totalmente fuori posizione e Luca Bucci rimane a mezza strada senza sfoderare le uscite basse pazzesche a cui eravamo abituati permettendo al nostro attaccante di coordinarsi e insaccare in bello stile col sinistro nonostante il disperato tentativo di affossarlo di Couto: 1-0. La partita sembra scorrere via tranquilla come tante con la strana e bella sensazione che ci dà l’inusuale vantaggio immediato: un rigore invocato per un possibile mani di Zenoni, una conclusione a lato di un soffio di Stellone. Poi, all’improvviso, il deliro. Nel giro di 14’ il Parma va a segno quattro volte lasciandoci inebetiti a guardare qualcosa che ci sembra impossibile capiti e invece sta succedendo sotto i nostri occhi, senza avvisaglia alcuna, perché granata e gialloblù stanno continuando a giocare come dal 1’. Non siamo crollati noi e non sono diventati il Brasile del ’70 loro, ma le cose stanno semplicemente accadendo e ci troviamo sotto 4-1 guardandoci intorno per capire se stiamo soffrendo di un’allucinazione o se qualcuno ci stia facendo uno scherzo. Le facce di tutti hanno la stessa espressione incredula, quindi è tutto tristemente vero.
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Si comincia al 29’ con Natali che sembra in vantaggio su Mariga, partito sulla destra, ma poi si addormenta facendosi soffiare il pallone dall’avversario nei pressi della linea di fondo. Il futuro “tripletista” è bravo a servire in mezzo Gasbarroni che, attorniato da maglie granata che devono ancora capire cosa stia capitando, è freddo a controllare e insaccare. Al 32’ lo stesso Gasbarroni calcia in maniera magistrale una punizione da una ventina di metri e ribalta la situazione. Da quel momento non andrà più a segno per due anni e romperà il digiuno, sempre su piazzato, in un Toro-Grosseto 4-1, prima partita del Toro dei “peones”, ma questa è un’altra storia e dovrà essere raccontata un’altra volta. Dopo il “Gasba show” proviamo a reagire, ma il Parma è ancora in versione Re Mida, quello che tocca coi piedi diventa oro, che la prenda bene o che la prenda male non fa differenza. Al 42’ un campanile di Couto viene respinto dalla difesa granata sui piedi di Morrone che, con un destro al volo difficilissimo e nonostante un avversario a ostacolarlo, toglie la classica ragnatela dall’incrocio dei pali. Le braccia allargate di Sereni rappresentano l’uragano di blasfemie che alberga dentro tutti noi. Palla al centro e i ducali riconquistano la sfera. Il suggerimento di Gasbarroni sembra facile preda di Di Loreto che buca l’intervento. Budan si ritrova solo davanti a Sereni che gli dice no con un miracolo. “Mica può entrare tutto” ci diciamo. Errore: la palla s’impenna, prende una direzione incommentabile ed entra comunque in rete a fil di palo. Torino uno Parma quattro.
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A fine primo tempo l’incantesimo inizia a spezzarsi. Cesare Natali è uno dei giocatori da cui più mi aspettavo e che più mi ha deluso nel biennio granata, ma quel giorno, dopo l’errore che ha aperto la strada all’1-1 avversario, decide di tornare il centrale col vizio del gol che ricordavo a Udine. Sulla sirena del primo tempo Rosina calcia una punizione in area e l’ex friulano colpisce di testa in maniera vincente con la difesa emiliana pietrificata. Una rete fondamentale che crea un paradosso: chi è sopra e con la partita in mano torna negli spogliatoi con meno sicurezze, chi è sotto improvvisamente si riscopre ancora vivo. L’intervallo è tutto tabelle su come sia possibile la rimonta: un gol ogni 15’ e vinciamo, no un gol ogni 25’ e pareggiamo, di più non si può fare. Dopo un quarto d’ora di contabilità della speranza le squadre si ripresentano in campo. Il Parma potrebbe incenerire qualsiasi calcolo, ma non si trova più nel quarto d’ora magico del primo tempo e allora la conclusione di Pisanu è respinta da Sereni in uscita senza parabole maligne che vanifichino la parata e la bordata di Mariga trova il palo e non il “sette”. Novellino vara un Toro a trazione anteriore e, dopo l’ingresso di Di Michele per Lazetic al 46’, butta dentro Recoba per Corini. Al 69’ un angolo del “Chino” da sinistra trova al centro Stellone che realizza con una saetta di sinistro al volo che fa esplodere lo stadio e butta definitivamente il Parma fuori dalla partita.
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Minuto 82: Sereni lancia lunghissimo in avanti, Stellone salta e la spizza di testa per Di Michele che si ritrova in area e decide di saltare Bucci con un pallonetto stupendo, uno di quelli che ti fa pensare a quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Vedere il numero diciassette correre sotto la Maratona per festeggiare l’incredibile pareggio rende quasi impossibile prevedere quanto male finirà la storia tra il Toro e l’attaccante entrato nel libro nero dei giocatori meno amati (eufemismo) della nostra storia. Certe volte è una fortuna non conoscere il futuro e, quando finiamo di esultare, l’unico nostro pensiero è quanto manchi alla fine e se ce la possiamo ancora fare. Otto minuti più recupero: fattibile. Scocca il 90’ e la palla arriva sulla destra a Comotto con lo stadio che aumenta i decibel. Il terzino alza la testa e lascia partire un cross efficace su cui Ventola, subentrato poco prima del pareggio a Rosina, si avventa in tuffo di testa. Bucci è immobile, guarda alla sua destra e può solo pregare: funziona. La sfera, colpita con violenza dall’attaccante barese, picchia nei pressi dell’incrocio dei pali e poi viene allontanata dalla difesa prima che Recoba riesca a intercettarla. L’unica cosa positiva di quel legno è che, probabilmente, se avessimo segnato il 5-4 mi sarebbe venuto un colpo (e non sarei stato il solo), ma le speranze di successo si infrangono lì. Quando Ayroldi fischia la fine non sai se essere felice per lo scampato pericolo o deluso per il mancato successo, ma hai quel calore dentro che ti lascia una partita comunque da ricordare, una partita di culto. Anche se non hai vinto. Anche se succede in una stagione pessima. Potere del quattro pari.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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