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Toro-Inter 2-0: profumo di buono

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Toro-Inter 2-0 è stata la prima vittoria in A del Toro di Mondonico e profumava di buono: Culto di Francesco Bugnone ci spiega perché
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

Il 23 settembre 1990 è una giornata bellissima per i colori granata, fatta di prime volte. Prima vittoria in campionato del Toro di Mondonico, prima vittoria al Delle Alpi, prima gara in massima serie per Gianluca Sordo, primi gol in A per Martin Vazquez e Lentini. È un successo che lascia nell’aria un profumo di buono, una splendida scia capace di farci credere, ma andiamo con ordine.

Dopo due giornate in campionato con un solo punto in due gare il Toro riscrive il concetto di classifica bugiarda. Nell’esordio interno con la Lazio il pareggio può dirsi accettabile perché Pasquale Bruno (a proposito, buon compleanno) ha lasciato in dieci i compagni all’ora di gioco dopo una gomitata a Sosa, mentre a Bari la sconfitta all’ultimo secondo su rigore è difficilmente digeribile sia per l’ingenuità di Carillo che ha portato al penalty che per il gioco sfoggiato dai granata a cui il pareggio andava strettissimo. Per rilanciare immediatamente il cammino degli uomini di Mondonico, che puntano alla coppa Uefa sebbene il Torino sia una neopromossa, ci vorrebbe subito uno scalpo importante e l’Inter arriva proprio a proposito. I nerazzurri di Trapattoni hanno vinto le prime due partite in campionato, ma vengono da un amaro mercoledì europeo dove hanno subito la rimonta del Rapid Vienna, fallito il pareggio su rigore con Brehme e perso per infortunio Matthaus, autore del provvisorio vantaggio.

A Torino l’assenza del panzer porta l’ex Mandorlini a vestire un inusuale numero dieci, mentre Mondonico deve fare a meno di Bruno, Benedetti e Skoro. Via libera per Annoni, Dino Baggio e il già citato Sordo con la undici che va sulle spalle di Gigi Lentini. Gli oltre quarantamila spettatori incollano subito gli occhi su Martin Vazquez che prende per mano la squadra sin dal principio fra lanci al bacio, dribbling nello stretto e una sensazione di calma che infonde fiducia a chi gli sta intorno. I primi squilli sono del Toro con Policano che, al termine di un arrembante spunto, conclude sul fondo e con Muller, pescato bene da Lentini, ma impreciso nel concludere. L’Inter risponde con uno splendido lancio di Mandorlini per Berti che appoggia di testa per Serena che spettina la traversa con una gran botta.

All’improvviso il Toro si ritrova senza marcatori perché anche Annoni deve alzare bandiera bianca. Carillo subentra a “Tarzan” e, mentre Dino Baggio resta su Serena, Policano va su Klinsmann. Una mossa che si rivelerà fondamentale visto che “Poli” costringerà il centravanti tedesco a doversi preoccupare anche di difendere come farà notare Mondonico alla Domenica Sportiva. Poco dopo altro guaio fisico, ma per i nerazzurri: Berti si allunga per arrivare su un delizioso lancio di Brehme, ma si infortuna. Trapattoni manda in campo Beppe Baresi. Il tempo si chiude con una conclusione alta di Policano dopo un’incertezza in uscita di Zenga.

La ripresa è iniziata da 5’ quando Vazquez cerca Muller. Il brasiliano, spalle alla porta, controlla male, ma vince il rimpallo con Mandorlini e riconquista la sfera. Viene attaccato da due avversari, si muove come un cucciolo di leone che vuole giocare, sembra cadere e invece rimbalza in piedi ritrovandosi in grado di puntare deciso al limite dell’area. Battistini lo stende e Lo Bello fischia il calcio di punizione. La palla viene posizionata al lato della lunetta e Martin Vazquez si incarica di calciare. Destro teso, forte, che approfitta di un buco della barriera per impallinare Zenga e far esplodere la Maratona. Rafa festeggia e in un momento di gioia unica conserva classe nell’esultare anche se gli occhi stanno per uscire dalle orbite mentre i compagni lo abbracciano e Ciccio Romano sembra il più contento di tutti. Vazquez probabilmente ha un quadro che invecchia al suo posto in una soffitta, come Dorian Gray. Se avete visto le foto del matrimonio della figlia (a proposito, felicitazioni) dove potrebbe benissimo essere scambiato per lo sposo, sapete cosa voglio dire.

L’Inter non riesce a reagire e il Toro chiude la partita al 79’. Mussi, entrato da pochissimo per Sordo, arpiona un pallone volante ed è l’ultima cosa che vediamo prima dell’epifania di Lentini. Gigi è stato splendido nella seconda parte dell’anno fra i cadetti dove ha anche siglato la rete per la promozione, ma in A si sono visti solo sprazzi contenuti del suo talento, fino a quell’istante. Il tornante granata si fionda sulla palla anticipando nettamente Battistini e regalandosi l’autostrada per l’area di rigore. Gigi corre imprendibile e sull’uscita di Zenga realizza con un preciso diagonale rasoterra. I granata sfiorano addirittura il 3-0 con Muller che è sublime nel far impazzire la difesa nerazzurra per liberarsi al tiro, ma disastroso nella cosa più facile visto che sparacchia malamente sul fondo quando tra lui e la rete c’era solo più il portiere in uscita.

Come scrivevo all’inizio è una vittoria che sa di buono. Sì, perché al di là di scaramanzie e discorsi quell’anno sentiamo tutti quel profumo di qualificazione europea e nessuno si permette di mollare il sogno anche nei momenti più difficili (come quando prendevamo sempre gol alla fine verso la fine del girone d’andata). Quello stesso profumo di buono che abbiamo sentito quando stavamo per affrontare il Real Madrid o quando giocavamo il derby o durante il cammino della Coppa Italia 1993 quando anche sotto 5-2 e con un’enormità di minuti da giocare sentivamo che non l’avremmo persa nonostante lo stomaco che si contorceva. Il Toro 1990-1994 è stato l’ultimo a farci sentire sempre il profumo delle imprese che avremmo addentato, senza autocommiserazione, senza paura di essere felici. Le nostre narici hanno bisogno di risentire quel profumo.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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