Questa storia, dal punto di vista personale, inizia in un momento preciso: il 23 settembre 1992. Il Processo del Lunedì sta parlando della clamorosa sconfitta dell’Inter di Orrico per 4-0 contro la Sampdoria campione d’Italia. Parte la scheda di Carlo Nesti e cominciano a scorrere immagini d’epoca relativa all’ultima sconfitta così pesante dei nerazzurri in campionato. Nonostante il bianco e nero riconoscerei quelle maglie tra mille: sono le nostre. Pulici e Sala che zompano per aria sono un’apparizione per me, fugace perché a breve ritornano i colori dell’attualità, ma che mi rimane piantata come un chiodo in testa visto che per anni, da quando il mare magnum di internet ci dà potenzialmente la possibilità di risalire a ogni partita, ho provato a ritrovarla e ci sono riuscito a ottobre dello scorso anno. Servizio scarno, solo i gol mentre Giagnoni parla alla Domenica Sportiva dei rimpianti di quella stagione in cui, a differenza dell’anno prima quando ce l’hanno rubato, non siamo riusciti a entrare in lotta per lo scudetto a causa di numerosi infortuni e vicissitudini varie. Però è già qualcosa poter rivedere di nuovo qualche fotogramma di quel Toro-Inter 4-0 del venticinque marzo 1973.
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Toro-Inter 4-0: l’apparizione
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E’ un anno di rimpianti quello granata, a iniziare dal modo incredibile, e fraudolento, con cui veniamo estromessi dal Las Palmas in coppa Uefa. Con un Pulici mostruoso, i granata hanno un rendimento da prima della classe in casa, ma da zona retrocessione in trasferta dove, a dimostrazione di ciò, l’unica vittoria “esterna” è al Comunale visto che si tratta del derby di ritorno. Quello che affronta l’Inter nel primo match di primavera è, però, un Toro in palla. Delle ultime sei partite ne ha vinte quattro, pareggiata una e persa una. Gli avversari sono irrimediabilmente distanziati dal Milan capolista dopo aver perso lo scontro diretto del derby la domenica prima e il morale non è dei migliori.
Da scudetto in campo e da scudetto sugli spalti, il Toro formato casalingo parte subito forte per imporre la legge del Comunale. Capitan Ferrini è gladiatorio, Rampanti incontenibile. Dopo una decina di minuti Toschi duella con l’esordiente Bini e conquista un calcio di punizione dal limite dell’area. Agroppi tocca a Claudio Sala. Il Poeta del Gol, che generalmente non li fa, ma li fa fare, ha vissuto una stagione travagliata e sembra volerla scaricare tutta in quel sinistro radente con cui perfora la barriera e supera Bordon portandoci in vantaggio. Con quel gol Claudio si sblocca. Da lì alla fine del campionato ne segnerà altri tre, uno quello stesso pomeriggio. Mentre tutti lo sommergono di abbracci, saltando intorno a lui, è facile pensare all’ultima volta che Sala ha alzato le braccia per un suo gol in campionato a Torino. Il derby dell’anno prima, ancora su punizione, quella volta non di forza, ma di poesia con una parabola arcuata a impattare immediatamente il vantaggio di Anastasi. La gioia dopo la rete di quel giorno, con gli occhi fuori dalle orbite, rimane un’esultanza di culto.
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Il Toro gioca un ritmo altissimo ed è una cosa per cui riscuoterà i dividendi nella ripresa. L’Inter regge, ma quel resistere la fiacca progressivamente e nella seconda parte della ripresa, mentre attaccano sotto la Maratona, i granata decidono di chiudere la questione. Al 71’ Crivelli, subentrato all’infortunato Toschi, recupera palla e smista a Rampanti che mette in moto Sala. Claudio entra in area, controlla il piazzamento di Bordon e lascia partire una saetta in diagonale che non lascia scampo al portiere nerazzurro. Due a zero, gara apparentemente al sicuro, ma ne vogliamo ancora.
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Ne vuole ancora soprattutto Pulici che, dopo aver seguito alla lettera la cura Giagnoni dell’anno precedente, è diventato l’attaccante da doppia cifra periodica che tutti sognavano nel percorso che lo sta portando a essere il Toro impersonificato. Il duello a distanza con Savoldi e Rivera, che a fine stagione si risolverà con un ex aequo a 17 gol, è appassionante. Il Golden Boy sigla una doppietta per regolare la Roma, Beppe-gol trova in extremis il raddoppio nel match fra Bologna e Fiorentina, quindi tocca a Paolino battere un colpo, anzi due.
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All’81’ il numero undici parte in progressione inarrestabile, evita Facchetti e solo un fallo in area di Burgnich riesce a fermarlo. Dal dischetto Pupi guarda negli occhi Bordon e quando questi si tradisce con un movimento sulla propria sinistra, il nostro calcia una gran botta che gonfia la rete dalla parte opposta: e sono tre. Non è finita. Pulici si ritrova nuovamente fra Burgnich e Facchetti e li fa sembrare due dilettanti invece dei difensori meravigliosi che sono. Sguscia abilmente tra i due che ci capiscono poco o nulla, poi sull’uscita di Bordon fa partire un mancino che non lascia scampo. Ed eccola la scena che ricordavo in quel giorno di settembre del ’92.
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Pulici, misuratissimo dopo il 3-0 su rigore, non si contiene. La palla varca la linea e lui, improvvisamente, salta per aria col petto in fuori e le braccia in alto, come se un’energia irresistibile lo avesse sollevato dal suolo. Continua a correre e guarda dietro di sé chi sta arrivando a festeggiarlo, poi si concede un ultimo zompo a bocca e braccia aperte. Quando ritorna al suolo le braccia non si chiudono perché c’è Claudio Sala ad abbracciarlo forte, poi tutti gli altri. La fregola che mi prende quando devo cercare qualcosa che mi ricordo, ma non trovo, finalmente può spegnersi, il cerchio si chiude. L’apparizione ora è reale: abbiamo davvero vinto 4-0. Erano passati quindici anni dall’ultimo rovescio simile dei nerazzurri, ne passeranno, come abbiamo visto, altri diciannove. Non è una cosa da poco.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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