La vita di un tifoso è colma di rimpianti. Ci sono quelli per le partite e ci sono anche quelli che riguardano i giocatori che ci sfuggono e si realizzano altrove. In quest’ultima categoria, probabilmente, stravincono l’aver buttato via Christian Vieri e l’essersi lasciati scappare, anni prima, un giovanissimo Antognoni, quest’ultimo caso ancora più incredibile se pensiamo a come funzionasse in maniera strepitosa il nostro settore giovanile. Esistono rimpianti quasi poetici come non aver tesserato il fratello di Ronaldinho nelle giovanili contando che magari avremmo incluso anche Dinho nel pacchetto. Invece niente. Poi ci sono anche rimpianti più pane e salame, non verso fenomeni, ma nei riguardi di buoni/ottimi giocatori che sembravano fatti apposta per noi e invece la cosa finì per non funzionare. In questo gruppo, al numero uno della mia classifica, c’è Cristiano Lucarelli e la partita che acuisce questo sentimento è Torino-Lazio 1-0 del ventisette gennaio 2002, decisa da una sua rete magnifica poco dopo l’ora di gioco.
Culto
Toro-Lazio 1-0: Del rimpianto
Cristiano sembra disegnato apposta per vestire il granata: centravanti forte fisicamente, di grande temperamento, capace di reti assurde e anche di qualche momento di nervosismo di troppo che, anche se fatichiamo di ammetterlo apertamente, sotto sotto ci fa godere. Consacratosi a Lecce, veste il granata dopo ventisette reti in due anni nel Salento. Inutile dire che è il pezzo pregiato della campagna acquisti del Toro di Camolese che si appresta ad affrontare da neopromosso il campionato 2001/2002.
Il girone d’andata del livornese è molto buono. Sei reti, prestazioni di spessore, soprattutto la rete della scintilla che apre la pazzesca rimonta del derby del 3-3. Che abbia avviato lui la riscossa è significativo, visto che era tra i più inviperiti nell’intervallo, avvelenato dal sentirsi preso per il culo dal finale di frazione bianconero fatto di tocchetti e sicumera. Il ritorno parte ancora meglio con una doppietta all’Udinese per una vittoria pesantissima in cui il numero nove è stato vero trascinatore, colpendo anche un gran palo. Che a fianco a lui ci sia Osmanovsky, come a inizio stagione, o Ferrante, creando una coppia atipica, ma efficace, non sembra cambiare molto: Cristiano c’è.
Il Toro vince anche a Brescia con una goduriosa rimonta che farà infuriare Mazzone (ne parleremo un giorno) e arriva all’incontro contro la Lazio consapevole che un altro successo non solo lo porterebbe in acque decisamente tranquille, ma che potrebbe addirittura accendere qualche pensierino europeo, magari per entrare dalla porta di servizio dell’Intertoto. I biancocelesti allenati da Zaccheroni sono molto lontani, come rendimento, da quelli che due anni prima vinsero un incredibile scudetto e la stagione precedente tentarono una grande rimonta per contrastare il tricolore romanista, però i giocatori ci sono eccome (Fiore, Stankovic, il Piojo Lopez solo per citarne qualcuno) e domenica ne hanno stampati cinque al Perugia. L’umore in casa granata, però, è ottimo e quindi ci si crede.
Il primo tempo non regala molte emozioni. A loro mancano giocatori fondamentali come Nesta e Simeone, a noi manca Asta che in quel periodo è Maradona più Pelè come da immortale striscione. Toro guardingo come da piano partita e solo un paio di puntate di Claudio Lopez da segnare sul taccuino. Al ritorno in campo, invece, c’è subito un’emozione: Peruzzi lascia il posto a Marchegiani per infortunio e il boato della Maratona per Luca che si sistema in porta sotto di noi è di prammatica.
I granata che si ripresentano in campo sono determinatissimi. Lucarelli suona immediatamente la carica e dopo uno scambio stretto con Ferrante fa partire una rasoiata rasoterra che Marchegiani devia in angolo. Lopez potrebbe incenerire le nostre speranze qualche minuto dopo, ma prima l’uscita bassa di Bucci a stopparlo, specialità della casa, è perfetta, poi il colpo di testa tutto solo da ottima posizione è clamorosamente fuori.
Al 62’ si decide la gara. Scarchilli porta palla e apre su Ferrante che alza la testa e si inventa un lancio da regista vero, per certi versi simile a quello che originò la rete dell’1-3 nella stracittadina d’andata, a cercare Lucarelli. Cristiano è poco dentro l’area, leggermente defilato sulla destra. Lascia rimbalzare il pallone, si coordina e fa partire un proiettile di destro che trafigge Marchegiani sul primo palo. Non tutti i gol vengono festeggiati allo stesso modo sugli spalti, alcuni però ti tirano fuori a forza le corde vocali e te le buttano in campo. La bordata di Cristiano è così potente che lo fa, urliamo un “guoooooolllllll” quasi orgasmico mentre il numero nove festeggia indiavolato dedicandoci il gol, poi si inginocchia e ringrazia dell’assist Ferrante prima di essere sommerso dai compagni. Per poco non arriva anche la doppietta personale, con un ottimo spunto in contropiede prima di lasciare il posto all’esordio di Franco Ramallo. Il Toro si richiude e porta a casa l’1-0 senza troppo patire.
Un centravanti così che fa un gol così è una cosa da Toro incredibile. Uscendo dallo stadio penso a quanto potrà arrivare scavallando la doppia cifra, quindici, diciotto, magari il prossimo anno venti, chi lo sa. Invece, come per un maleficio, Lucarelli resta fermo a quota nove. Inchiodato da un paio di errori non da lui, contro Inter e Parma, inizia gradualmente a perdere fiducia realizzativa. Le prestazioni rimangono buone, come quella nel derby di ritorno dove contribuisce al 2-1 provvisorio di Cauet, ma le reti non arrivano. A Verona un qualsiasi giocatore, dopo una fuga di cinquanta metri e sull’uscita del portiere, gli avrebbe passato il pallone da appoggiare a porta vuota. Le eccezioni sono due: Filippo Inzaghi e Franco Ramallo che prosegue la sua fuga della vittoria e per sua fortuna segna. Anche quella volta niente decimo gol. E non arriverà nemmeno nelle ultime partite, dopo un altro erroraccio col Lecce.
La rete torna a gonfiarsi in partite ufficiali nel ritorno del primo turno di Intertoto in casa del Bregenz, per ironia della sorte un gol del quale non esistono riflessi filmati visto che, per questioni di diritti, la partita non è stata trasmessa in Italia. La rete non guarisce Cristiano che continua a essere nervoso. Col Villareal viene espulso a fine primo tempo supplementare, col Milan poco dopo la rete del 6-0 per proteste. Il disastroso avvio della stagione più vergognosa della storia granata nella massima serie vede l’inopinata sostituzione di Camolese con Ulivieri, ma per Cristiano le cose non cambiano molto. Il tecnico toscano deve toglierlo un paio di volte per evitargli il rosso nel derby e a Piacenza. In casa col Bologna, qualche turno prima, un clamoroso palo gli aveva negato la gioia della rete, mitigata forse dal gol di Conticchio lesto a prendere il rimbalzo. La situazione è talmente paradossale e inspiegabile che Cristiano addirittura prova a spiegare il suo digiuno dicendo ai giornalisti “Forse sono scarso”. A Udine sembra finalmente finito un incubo: azione strepitosa di Castellini, tocco sottomisura e finalmente gol, non bissato per un soffio qualche minuto dopo. L’inerzia sembra finalmente dalla sua e nel turno successivo, contro la Roma in un match dominato ma perso, è lui che va sul dischetto sullo 0-0 dopo aver conquistato un rigore per fallo di Samuel. Pelizzoli para, di fatto finisce tutto quella sera. Si ricorda un altro rosso per reciproche scorrettezze con Tudor nel derby finito in otto e poi cala il sipario.
L’anno successivo Ezio Rossi lo terrebbe eccome, ma lo mandiamo in comproprietà al Livorno di Mazzarri dove, a suon di reti (29!), porterà la squadra del suo cuore in serie A con noi a guardarlo con invidia al termine di un campionato allucinante. Potremmo ancora riscattarlo, ma Cristiano vuole rimanere a casa ed è in quel periodo che nasce la storia del “Tenetevi il miliardo” che ho sempre trovato un pochino retorica (Rinunciare ai soldi non è mai banale, ma Lucarelli andava a giocare in serie A, non fra i dilettanti). Miliardo a parte, col numero novantanove sulle spalle, il centravanti amaranto giocherà stagioni maiuscole in massima serie, conquistando il titolo di capocannoniere e giocando anche in Uefa. In tutte le competizioni ufficiali segnerà 101 reti prima di salutare per andare allo Shakthar. Tornerà a Livorno nel 2009/2010 dopo una parentesi a Parma e ne butterà ancora dentro dieci. Poi il finale di carriera a Napoli dove segnerà una sola rete. Ai gobbi.
Nonostante non mi sia piaciuto il modo del suo addio, nonostante ogni volta che vedessi un suo gol (di potenza, di astuzia, di istinto, di classe, da centravanti come piace a me) una fitta di dispiacere trafiggesse il mio cuore di tifoso, non ho mai voluto e non vorrò mai male a Lucarelli, anzi. E anche se mi venisse la tentazione di farlo, ripenserei a come mi ha fatto sputare le tonsille per quel gol pazzesco segnato in una soleggiata domenica di fine inverno dove cominciavano, illusoriamente, a sognare qualcosa di più, e mi passerebbe subito. Mai senza aver pensato per l’ennesima volta “che peccato, però”.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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