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CULTO

Toro-Lecce 1-1: la pettorina rossa

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Nella nuova puntata di Culto Francesco Bugnone ci parlerà di una partita che ebbe una scenografia molto particolare

I traslochi sono maledetti. Oltre a essere una delle maggiori cause di liti al mondo, rischiano di farti perdere alcune cose piccole ma preziose. A me è successo con una pettorina rossa che, per tanti anni, avevo custodito nella mia vecchia casa. Perché era importante e cosa c’entra col Toro?

Il 21 aprile 2002 c’è un certo friccicore nell’ambiente granata, soprattutto nella tifoseria e non perché si stia inseguendo chissà cosa ma per motivi di mera rivalità sportiva. Il Toro ospita il Lecce di Delio Rossi e potrebbe essere l’esecutore materiale della retrocessione dei salentini. Perché questa “cattiveria”? Ovviamente perché per due volte, al “Via del Mare”, il Toro retrocesse.

La prima occasione fu quella traumatizzante del 1989 con la corsa di Mazzone, il gol di Barbas, la polemica sui premi e Vatta felice di tornare nel mare pulito delle giovanili. La seconda fu nel 2000 con le reti di Sesa e Conticchio a dare la prima delusione a Cimminelli come patron granata.  In entrambe le circostanze gli striscioni giallorossi auguravano ai tifosi del Toro felici gite a Licata e a Crotone. C’erano già state, negli anni, occasioni di rivalsa sportiva per i granata, ma dare il colpo finale a chi aveva provocato due dispiaceri così grandi è un’altra cosa. Soprattutto se si ripensa all’ultimo episodio con l’ex Cavasin che dà in escandescenze in tribuna dopo essere stato espulso e Chimenti che festeggia con una canottiera inneggiante alla nostra retrocessione.

Chi entra nel secondo anello della curva Maratona trova una pettorina sul seggiolino. Può essere gialla o rossa. Le istruzioni sono chiare: una volta indossata mantenere il posto. A settore pieno chi si trova tra gli ospiti può capire in fretta a cosa si riferisca la scenografia: una B gialla su sfondo rosso, i colori sociali del Lecce per ricordare cosa sta per succedere. Lo striscione, non certo oxfordiano, recita “Sai leggere coglione. C’è scritto retrocessione!” firmato U.G.. Uno sfottò forte che viene stigmatizzato in maniera eccessiva dalla Gazzetta che scomoda il termine antisportività. Sia come sia rimane un momento di tifo memorabile, mentre molto meno lo è quello che si vede in campo per un’oretta.

Il Toro fatica a carburare e passa addirittura in svantaggio al 35’ quando Popescu trova il jolly con un calcio di punizione deviato da De Ascentis. Nella ripresa il Toro tira fuori l’orgoglio e inizia a premere con più convinzione. La punizione di Maspero è un cioccolatino per Ferrante la cui girata a colpo sicuro trova la deviazione di Giacomazzi che manda il pallone a sfiorare il palo quanto erano tutti pronti a esultare. L’appuntamento è rinviato di qualche minuto quando un lunghissimo rinvio di Bucci, deviato di testa da Lucarelli, si trasforma in assist per Franco che improvvisa il colpo dello scorpione per pareggiare.

La partita diventa divertente con occasioni da ambo le parti: Vugrinec e Cimirotic non riescono a gonfiare la rete a pochi passi dalla porta, poi Lucarelli, smarcato da un colpo di testa di Franco, controlla di petto, ma sparacchia alto da ottima posizione continuando a mancare l’appuntamento con la rete che gli manca da Toro-Lazio. Al 95’ succede di tutto: prima Galante centra il palo e poi Cimirotic conclude in curva dopo un incredibile slalom. La partita finisce e nonostante il pareggio il Lecce retrocede matematicamente fra i cadetti. Riprenderà subito l’ascensore e regalerà un paio di stagioni memorabili in massima serie con Delio Rossi prima e Zeman poi.

Non è stata una gara da annali, ma comunque chi è stato presente si è portato a casa quella pettorina come ricordo di un grande momento di tifo beffardo. La mia è rimasta piegata in garage per una decina d’anni, poi, improvvisamente, è sparita. Non so se l’ha buttata per sbaglio mio padre, non so che fine abbia fatto, ma non c’è più. Peccato. Maledetti traslochi.