Il Sabato di Pasqua un bellissimo gol di Ansaldi e un paio di miracoli di Sirigu permettono al Toro di espugnare la Marassi rossoblù e, grazie a una favorevole concomitanza di risultati, di trovarsi a soli tre punti dalla zona Champions League e a due dall’Europa League. Quando Mazzarri viene intervistato a Sky è accolto addirittura dalle note dell’inno della massima competizione europea. Il tecnico di San Vincenzo sorride, si schermisce, però il Toro è lì e può giocarsela anche perché la domenica seguente, nel posticipo serale, i granata affrontano il Milan ed è uno scontro diretto visto che i rossoneri sono tre lunghezze sopra di noi al parti dell’Atalanta. Nell’era Cairo non siamo mai riusciti a batterli. Se fosse la volta giusta?
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La settimana è frenetica. Mazzarri sta ottenendo più del massimo da una squadra buona seppur non eccelsa che però sta veramente provando a buttare il cuore oltre qualsiasi ostacolo. Non siamo spettacolari, ma dannatamente solidi. Picchiamo, andiamo duri sui contrasti, siamo pazienti nell’aspettare il momento giusto per colpire (e spesso a farlo è il Gallo Belotti che sta disputando, come prestazioni, una stagione che rivaleggia con quella del suo massimo di segnature), dietro ne lasciamo passare poche e quando succede Sirigu para da campione. Tutti ci crediamo, c’è la sensazione palpabile che non sarà la solita prova del nove buttata alle ortiche, ma che vinceremo anche perché il Milan di Gattuso non sembra al top della forma.
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Al momento del calcio d’inizio la Maratona è bella, troppo bella per non vincere. La partita, invece, è strana, una di quelle che se guardi solo le sintesi possono sembrare equilibrate o addirittura con più occasioni per gli avversari, ma che vista per intero offre una realtà opposta. “Ci avete ammazzato ieri sera” è la frase detta da molti amici rossoneri il giorno successivo. Questo succede perché il Toro è aggressivo da subito, pressa, corre, è dappertutto senza rifuggire il leale scontro fisico. Il Milan fatica a uscire dal basso o a mettere in piedi due trame in croce perché ci sono Rincon o il Gallo o Lukic o addirittura Meitè addosso a togliere il respiro e a recuperare palla a Bakayoko, Kessiè e Paquetà. Una situazione già vista, per esempio, nella vittoria contro l’Inter targata in Izzo, ma eseguita in maniera più convinta e consapevole.
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Il Toro impressiona di più, ma di fatto costruisce più mischie che occasioni. Il Milan, nel primo tempo, si porta due volte in avanti pericolosamente con un diagonale di Suso ben respinto da Sirigu e un tentativo di inserimento di Calhanoglu su cui il portiere sardo è bravo a uscire. Nella ripresa entriamo in campo con ulteriore furore agonistico per sbloccarla. Mazzarri ne ha fin troppo quando protesta per un fallo di Suso non sanzionato con un sacrosanto secondo giallo e conquista l’ennesimo cartellino rosso stagionale. Anche senza il suo allenatore, però, il Toro sa cosa fare e pochi istanti dopo, al termine di un’azione lunga e tambureggiante, ricca di cross e controcross in cui i rossoneri non sembrano poter mai uscire dai sedici metri, arriva l’opportunità propizia. Izzo recupera energicamente palla e serve Berenguer sul lato destro dell’area. L’ex Osasuna controlla palla e la serve all’accorrente De Silvestri che centra in area proprio per Izzo, fiondatosi dentro l’area dopo il precedente recupero sulla tre quarti. Kessiè tocca ingenuamente il difensore granata e Guida può solo fischiare calcio di rigore.
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Lo stadio trattiene il respiro, c’è chi non guarda aspettando solo il boato, chi si fa coraggio e fissa la rete sotto la Maratona pregando perché si gonfi. Davanti a Belotti c’è Donnarumma che, con una famosa parata nel recupero a San Siro nel 2016, ha fatto iniziare il pessimo rapporto del Gallo coi tiri dal dischetto. Il numero nove stavolta, però, non trema. Aspetta che il portiere della nazionale si muova per scagliare una sassata centrale. Torino in vantaggio con merito, esultanza totale.
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Che per gli ospiti non sia serata si capisce pochi istanti dopo quando un colpo di testa dal limite dell’area di Bakayoko sembra prendere la traiettoria giusta. Nelle partite buone una parabola di quel tipo diventa improvvisamente imparabile per il portiere e lo scavalca riportando in carreggiata senza quasi rendersene la squadra che l’ha fatta. Stavolta no, stavolta quasi. Parabola strana, portiere battuto, ma la traversa dice di no. Sirigu è bravo, sul tentativo di rimettere al centro di Cutrone, a buttarsi per allontanare. La palla picchia su Izzo, e non su Suso a pochi centimetri, e torna al portiere granata. Gli dei, quella sera, sono dalla nostra.
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Il rischio corso invece di toglierci coraggio ci dà la sana voglia di chiuderla. Conti respinge male un lungo traversone e la palla arriva a quel fenomeno di Ansaldi che addomestica la sfera sul vertice sinistro dell’area, sembra intenzionato ad andare verso l’interno, ma poi si allarga leggermente, quindi scivola, ma recupera l’equilibrio in una frazione di secondo e, tra due avversari, trova un buco per crossare teso. Musacchio respinge ancora peggio di Conti e la sfera arriva al limite a Berenguer. Il numero ventuno controlla e, quando la palla si alza, non ci pensa su due volte e calcia. La parabola è maligna, Donnarumma è fuori posizione e non riesce a far altro che sfiorare. La rete si gonfia per il gol più importante di “Bere” in granata mentre una curva, uno stadio e qualsiasi granata in grado di intendere e di volere esplodono. Il miracolo di Sirigu su un’altra zuccata di Bakayoko e il rosso di capitan Romagnoli per un applauso ironico a Guida tirano giù il sipario sull’incontro. Il Toro ce l’ha fatta, ha vinto, è in piena corsa per l’Europa, anche quella più grande.
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Com’è finito quel campionato lo sappiamo. Il Toro, nelle ultime quattro partite, perderà solo contro l’Empoli, ma complice qualche risultato discutibile su altri campi (vero Roma-Juventus?) e l’Atalanta che perde la finale di Coppa Italia contro la Lazio, non andrà direttamente in Europa nonostante il settimo posto. Ci riuscirà solo dopo l’esclusione proprio del Milan per motivazioni finanziarie coi rossoneri nemmeno troppo turbati dall’essere rimasti eliminati dall’Europa League. Da quel momento i granata finiranno in una specie di incubo partito con quel “Tengo tutti” che fu l’inizio della fine, con la telenovela Nkoulou e l’amara notte coi Wolves a stretto gira. Negli ultimi due anni ci sono stati momenti buoni, alcuni anche esaltanti come la sera della vittoria in coppa Italia col Milan targata Adopo, ma mai uno così felice. Non solo per il risultato di prestigio, ma perché sembravamo essere tornati un pochino grandi, sicuramente capaci di lottare per un obiettivo mettendoci tutto ciò che avevamo, finendo sulle pagine principali dei giornali e non solo di quelli “di scuderia”. Sono passati quattro anni, chissà quanti ne passeranno per provare le sensazioni di un’altra notte felice dove eravamo convinti di poter conquistare qualcosa, di prenderci ciò che volevamo, di afferrare un sogno.
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Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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