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TURIN, ITALY - SEPTEMBER 26: Andrea Belotti of Torino FC celebrates victory at the end of the Serie A match between Torino FC and AC Milan at Stadio Olimpico di Torino on September 26, 2019 in Turin, Italy. (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)
Domenica 11 aprile 2022, Toro-Milan, sessantaquattresimo minuto. Rodriguez, autore di una solida partita, porta palla in mezzo al campo e lancia lungo. Nei pressi della lunetta Belotti e Kalulu corrono affiancati, poi il Gallo si ferma all’improvviso e, col corpo all’indietro, controlla in maniera meravigliosa col destro mandando fuori giri il difensore rossonero. Il tempo si ferma, per un frammento torna il Belotti di qualche tempo fa, quello che stiamo rivedendo solo a sprazzi, quello che ci ha fatto letteralmente impazzire, capace di fare delle cose fenomenali tutte sue, delle “gallate” vere e proprie come le rovesciate col Sassuolo, le fughe contro l’Udinese palla al piede, il movimento sulla punizione di Ljajic per i gol contro il Palermo e la Fiorentina. Un misto di abilità, istinto e fame che sono il trittico su cui si fonda il motivo per cui amiamo quel numero nove e non riusciamo ad accettare che possa essere finita. Andrea calcia di destro sicuro di farcela, ma la conclusione è meno efficace dello stop e Kalulu riesce a rimediare mettendo in angolo quando tutti stavamo per esultare. Mentre stiamo per battere dalla bandierina penso a un altro Momento Gallo, proprio contro il Milan. Penso alla sera del 26 settembre 2019.
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Il ripescaggio in Europa League, dopo il bel campionato con Mazzarri, genera entusiasmo nell’ambiente. Solo una persona può demolirlo, sì, Lui. La squadra viene confermata in blocco, ma non rinforzata, se non per i rientri dai prestiti come quello di Lyanco (sigh), non vedendo che i 63 punti di Mazzarri sono stati un vero miracolo e non l’ordinario. “Difesa più forte della Juve” e “Messi non è disponibile" sono frasi che sembrano fatte apposta per diventare meme persecutori, ma vengono dette lo stesso da Cairo. Dopo aver eliminato senza patemi Debrecen e Shakhtyor Soligorsk, il Toro si ritrova davanti il peggior avversario possibile: il Wolverhampton. Contro gli inglesi, allo zenit dell’esperienza con Nuno Espirito Santo, il Toro perde per 3-2 in casa grazie anche a una sconcertante prestazione di Nkoulou, che di fatto inizia a essere inutile se non dannoso alla causa, e a uno straripante Adama Tourè che nemmeno tutte le bibbie del mondo di Ansaldi riescono a fermare.
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L’ambiente, di colpo, cambia umore, ma il campionato non parte male: vittoria col Sassuolo con un’ora dominante e un finale in apnea. Dopo la sconfitta di misura in Inghilterra a sancire l’eliminazione dall’Europa League nonostante una prova ben più gagliarda di quella interna, ma con scricchiolii difensivi preoccupanti, compriamo Laxalt e vinciamo una partita spettacolare sul neutro di Parma contro l’Atalanta: al vantaggio di Bonifazi risponde una doppietta di uno Zapata devastante, ma l’uno-due Berenguer-Izzo e le parate di Sirigu gelano Gasperini. Primi a punteggio pieno dopo due turni, compriamo sulla sirena Verdi al termine di una delle trattative più estenuanti della storia. Si torna a sorridere e a sognare fino a quando la terza vittoria di fila sfuma in casa con il Lecce: clamoroso 1-2, rigore negato a Belotti al var a tempo scaduto e bis a Genova dove facciamo beneficenza contro la Samp di Di Francesco che punisce di misura una nostra prestazione orrenda. Nel turno infrasettimanale arriva il Milan di Giampaolo. Se lo batti ti rilanci, se perdi può succedere di tutto. Anche che Mazzarri salti.
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I rossoneri hanno appena perso il derby e cercano anch’essi rilancio al Grande Torino. Partono molto meglio di noi e su un bel traversone da destra di Piatek, Leao viene steso da De Silvestri mentre si lancia per colpire di testa. Rigore che Piatek calcia angolatissimo e Sirigu non ci arriva. Ci arriva eccome, invece, su un colpo di testa dello scatenato Leao che prova a prenderlo in controtempo poco dopo. Il portiere granata risponde presente anche su un tiro di Chalanoglu liberato da Bennacer, all’interno di uno spazio lasciata clamorosamente incustodito dai nostri a venti metri dalla porta. Siamo nell’angolo e solo un mezzo regalo di Donnarumma, con un’uscita scriteriata su lungo lancio per Belotti, ci concede di essere pericolosi col Gallo, ma non precisi.
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Dopo l’intervallo, però, sembra scendere in campo un altro Toro, come se ci si fosse finalmente guardati negli occhi negli spogliatoi. Il primo squillo è di Ola Aina, ma Donnarumma devia, in maniera non perfetta, in angolo. Ci sbilanciamo fin troppo e subiamo un contropiede clamoroso con Lyanco che dimostra praticamente i suoi limiti bucando un anticipo a centrocampo e lascia una prateria per Romagnoli. Mazzarri si mette le mani nei capelli e si fa il segno della croce. Il difensore appoggia a Piatek in area, ma il piatto a colpo sicuro del polacco esce di niente. Siamo ancora vivi.
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La curva sale di tono, il Toro preme, si accendono mischie. Verdi centra rasoterra, Donnarumma stoppa la girata di Belotti e Musacchio anticipa Zaza a porta vuota. Poi, al 71’, la svolta. Chalanaoglu avanza ai venti metri e va giù a contatto con Rincon, probabilmente sgambettato. I milanisti protestano, noi ripartiamo. Bremer, con freddezza, rilancia l’azione, Baselli e Berenguer fraseggiano poi è proprio Rincon a lanciare lungo per Belotti che va in trance agonistica. Il furore gallico inizia ad abbattersi sul Milan, Andrea si libera di Musacchio al limite, calcia col destro, Donnarumma ci mette una mano, la palla entra, lo stadio esplode. Gallo fa la cresta, andiamo a recuperare la palla in rete, vogliamo vincerla.
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Al 76’ Aina verticalizza per il Gallo che, abbassa la testa, e parte verso l’area, non pago. Stavolta non tira, ma smarca Zaza e continua a correre andandosi a posizionare per l’eventuale respinta di Donnarumma che arriva. La porta è vuota, basterebbe mettere il piede, abbiamo già le corde vocali pronte a bruciare, ma Belotti la buca. In quel momento è onnipotente e un errore da matita rossa diventa un auto-assist per la rovesciata vincente a porta vuota. Ricordo di essere impazzito, passando in un secondo, forse meno, dall’incredulità al delirio. Ribaltata, incredibile. Gallo vola sotto la curva, ci ha trascinato fuori dalla melma per portarci in Paradiso.
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Il finale è sofferenza pura. Esco ed entro dall’anello cercando di capire cosa succede dalla reazione dei miei amici e dal boato del pubblico. Mi perdo Kessie, dimenticato da tutti sul secondo palo, che fa la cosa più difficile, preparandosi il tiro, ma spreca calciando in curva da un passo. Mi perdo Zaza che, a tu per tu col portiere, crolla vergognosamente non chiudendola e regalando ancora un’opportunità al Milan per pareggiarla. Mi perdo anche quella, ovvero Sirigu che ferma col corpo, col cuore, con la disperazione, un’incornata di Piatek di quelle che entrano nove volte su dieci. Non mi perdo i festeggiamenti.
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Pensiamo tutti di avere svoltato e che Wolves, Lecce e Samp siano solo un brutto sogno. Lo pensiamo quando li vediamo festeggiare sono di noi, quando Belotti dice che perdere gli fa rodere il culo. Invece sarà solo la penultima notte felice di quel Toro. L’ultima sarà in casa della Roma, un 2-0 sempre targato Gallo. In mezzo tanta merda, dopo non ne parliamo, poi arriverà il covid a spianare tutto. L’affetto con cui ricordo quella sera, però, è immutato, perché pensavo di aver ritrovato tutto quello che volevo nella mia squadra, trascinata da un capitano bestiale che sarà uno dei pochi a salvarsi in quello scempio di stagione.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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