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CULTO

Toro-Roma 2-1: giustizia per Pato

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Pato Hernandez è passato a Torino un paio di settimane di fa. Gli rendiamo omaggio ricordando la partita più bella: un 2-1 alla Roma scudettata!

Prima della partita contro il Como c’è un uomo coi capelli grigi e il volto dolce, ma combattivo, sotto la Maratona. Al suo fianco Stefano Venneri, bravo e volenteroso come sempre, lo presenta, ma l’audio dell’Olimpico Grande Torino come al solito è abbastanza approssimativo e non tutti forse capiscono che a pochi metri da loro ci sia un giocatore molto importante del Toro dei primi anni ottanta. Si tratta del secondo straniero dalla riapertura delle frontiere, il primo dell’era Sergio Rossi: Patricio Hernandez, detto “Pato”. Non sempre è stato dato il giusto peso all’esperienza in granata di Hernandez, cosa in parte legata all’etichetta di “vice-Maradona” che si portava dietro quando giunse sotto la Mole. Etichetta legata più al fatto che fosse la riserva di Pibe de Oro ai mondiali spagnoli del 1982 che per un’effettiva vicinanza alla doti tecniche di Diego, ma per il semplice motivo che di Diego Armando Maradona ne è nato uno solo. Hernandez è stato un signor giocatore con ottimi colpi, bravo sui piazzati (sebbene su punizione diretta non arrivò mai il gol in campionato) e capace di giocate illuminanti come il favoloso colpo di tacco che diede il la alla rete di Selvaggi nel derby di ritorno 83/84. La vulgata spesso ne ha parlato come di un funambolo fine a se stesso, forse condizionata dal fatto che il Toro di Bersellini abbia raccolto meno di quanto potesse e di quanto meritasse.

Pato segna la prima rete del Toro di Sergio Rossi in campionato (e la prima della serie A 1982/83 in assoluto) contro l’Avellino con un intervento da centravanti d’area su assist di Zaccarelli in un match in cui regala anche un meraviglioso filtrante a Dossena per la terza rete di un pirotecnico 4-1. La stagione migliore sia dal lato realizzato che da quello delle prestazioni è, però, la successiva dove l’argentino va a segno ben undici volte. Proprio nel quarto turno di quell’annata arriva la miglior partita dell’ex Estudiantes in maglia granata, quella che utilizziamo per rendere giustizia a un giocatore ingiustamente sottovalutato, quella a cui pensavo mentre Patricio faceva il giro di campo a fianco di Venneri due venerdì fa. Il Toro ha iniziato il campionato in perfetta media inglese e senza subire reti: 0-0 a Catania, 1-0 interno alla Fiorentina, 0-0 in casa dell’Inter di Radice in quella che avrebbe potuto essere l’ultima giornata di campionato dell’umanità visto che la notte del 26 settembre il sistema satellitare Oko registra, sbagliando, un lancio di missili Usa verso il territorio sovietico. Il colonnello Stanislav Petrov, che stava monitorando la situazione, decide di non dare l’allarme ritenendo troppo esiguo per essere reale il numero di vettori segnalato, evitando così una tragica escalation. Umanità salva senza saperlo e la domenica successiva si va tutti allo stadio perché arriva la Roma campione d’Italia.

I giallorossi sono a punteggio pieno dopo aver battuto Pisa, Sampdoria (in trasferta) e Milan in campionato ed estromesso il Göteborg dalla Coppa dei Campioni al primo turno, ma Liedholm non si fida e serpeggia una strana tensione all’interno della squadra. Il tecnico svedese teme il potenziale del Torino, non ancora pienamente espresso nelle primissime giornate, e guarda all’incontro granata con notevole preoccupazione. I granata promettono battaglia e le parole di Dossena alla viglia sono anch’esse profetiche: “Come squadra sono superiori a noi e per questo occorrerà farli lavorare e faticare, farli correre insomma per metterli in difficoltà”. La tattica studiata da Eugenio Bersellini va proprio in quella direzione: gioco lento nella propria metà campo per far venire avanti gli avversari e improvvise accelerazioni dalla trequarti avversaria in su per colpire senza pietà. I piani migliori sono quelli che riescono e le cose si mettono bene sin dal settimo minuto. Dossena scocca un lancio commovente nella sua precisione all’altezza del cerchio di centrocampo. Hernandez indossa la numero undici e forse si sente pervaso dallo spirito di Puliciclone, padrone assoluto di quella casacca fino a un paio d’anni prima, visto che parte in progressione con una furia paurosa. Oddi prova a fermarlo, ma gli rimbalza contro e termina comicamente a terra. Pato si sistema il pallone, alza un istante la testa e buca con freddezzaTancredi in uscita prima di lanciarsi in un’esultanza sfrenata a pugni chiusi.

Che la giornata sia quella giusta lo si capisce pochi minuti dopo. Terraneo non trattiene una botta di Maldera e dalla mischia che si scatena emerge Graziani che calcia a colpo sicuro, ma quasi sulla linea Galbiati si trasforma in un portiere fenomenale e respinge in tuffo con la mano. Redini fischia l’inevitabile rigore, ma Terraneo blocca la conclusione decisamente rivedibile di Pruzzo. Il Toro ricomincia a caricare dopo lo scampato pericolo con Tancredi impegnato a più riprese. Al 40’ un’azione da manuale vale il raddoppio: Beruatto porta palla e si rende protagonista di un lancio liftato per Selvaggi che fa da sponda volante per l’inserimento di Hernandez. Stop di petto e gran botta sotto la traversa del numero undici che vale il raddoppio granata. Pato aveva già segnato ai giallorossi nella passerella post-scudetto che chiudeva la stagione precedente (un facile tocco a porta vuota su respinta del portiere), ma stavolta ovviamente le reti hanno tutto un altro sapore. Nella ripresa i padroni di casa sfiorano il 3-0 e l’autorete di Zaccarelli all’89’ vale solo per i tabellini e per far prendere un po’ di veleno a Terraneo che perde la sua imbattibilità.

Esattamente un girone dopo all’Olimpico, sul punteggio di 1-1, uno splendido pallonetto di Hernandez supera Tancredi, ma Nela, con un disperato tocco di mano, toglie la palla dalla porta imitando la “parata” di Galbiati all’andata. Dentro o fuori? Nel dubbio Casarin concede calcio di rigore, ma Pato lo sbaglia con Tancredi abile a deviare la sfera sul palo. La partita è stregata: nonostante la superiorità numerica per espulsione di Nela per fallo su Pileggi i granata vanno sotto per un rocambolesco centro di Pruzzo e l’ultimo tentativo di testa di Dossena, su cross ancora di Hernandez, si stampa sul palo. Da quel giorno la lotta dei granata per le zone alte della classifica inizia a perdere colpi. Se quel rigore di Hernandez fosse entrato o, meglio ancora, se Nela non fosse arrivato con le mani a impedire la rete del fantasista granata il ricordo dell’argentino sarebbe ancora più esaltante, ma non si può avere tutto. La stagione successiva Hernandez andrà ad Ascoli per un’esperienza sicuramente meno brillante di quella a Torino mentre in granata approda Leo Junior a insegnare calcio e a dipingere sogni, ma è giusto che nel cuore di ogni granata ci sia un posto per Pato. Dallo sguardo un po' commosso che lui aveva sotto la Maratona prima di Toro-Como sappiamo che sicuramente nel suo cuore c’è posto per noi.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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