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culto

Un principe a Torino

Francesco Bugnone

Francescoli a Torino non brillò come si sperava, ma ci regalò comunque qualche lampo di luce. Culto di Francesco Bugnone ci racconta di come fu avere un Principe a Torino

Circa una settimana fa, scorrendo Twitter con la solita punta di apprensione per timore che salti fuori una notizia ulteriormente peggiorativa della situazione internazionale, mi fermo abbagliato su un tweet di Giacomo Cobianchi, grande esperto di calcio argentino e seminaliano vero (se non sapete cosa sia un seminaliano non importa, ma se lo sapete il vostro cuore sarà un pochettino più caldo in questo momento). Il testo è “Enzo Francescoli, anni 60, sa ancora come fare emozionare i propri tifosi. La magia sigue intacta”. Sotto c’è un video tratto dalla partita di addio di Leonardo Ponzio in cui il Principe, con la casacca del River addosso e qualche fisiologico chilo in più, ma con piedi e classe intatti, si libera improvvisamente del nugolo di quattro difensori che lo attorniavano (l’ultimo lo fa fuori con un tunnel) strappando un mugolio di godimento calcistico ai telecronisti. La parte finale, diagonale vincente di destro sull’uscita del portiere, è quasi superflua. Gallardo ride, Ponzio dice “Andiamo via”, Enzo quasi si schermisce, come a dire che lo hanno fatto passare. Se aggiungiamo che lo stesso Giacomo, un giorno prima, aveva postato in un thread intitolato “Golazos del futbol argentino” un’altra rete meravigliosa dell’uruguiano all’Argentino Juniors nel 1995 (caracollante passaggio fra due difensori che tentano il raddoppio di marcatura sul lato sinistro dell’area, duello vinto con altri due avversari e splendido destro a incrociare) l’argomento della puntata di Culto odierna era già pronto, anche perché volevo scrivere da tempo della stagione, sfortunata, ma con alcuni lampi da stropicciarsi gli occhi, di Enzo Francescoli a Torino.

Francescoli è uno di quei giocatori di cui non potevi far altro che innamorarti per la poesia del tocco di palla e la maniera di stare in campo. Se Zidane ha chiamato Enzo suo figlio, un motivo c’è. Poi quel soprannome, il Principe, nato per caso da una canzone canticchiata dal giornalista Victor Hugo Morales durante un suo gol (“Tango Principe”) e che sembrava fatto apposta per lui per portamento e aspetto al di là della contingenza grazie a cui è nato.

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Dopo aver incantato i tifosi del River e fatto bene in Francia, sia nel piccolo Matra Racing che nel super pop Olympique Marsiglia del periodo, Enzo arriva in Italia subito dopo i Mondiali disputati da noi. Lo compra il neopromosso Cagliari, insieme ai connazionali Fonseca e Herrera, dove contribuisce a due salvezze tranquille e, soprattutto, a una meravigliosa qualificazione Uefa nel 92/93. La mia seconda partita vista dal vivo è un Toro-Cagliari 1-1 del 90/91. Sotto il freddo sole di inizio marzo, dopo una manciata di minuti, Francescoli viene pescato in area da una perfetta punizione di Matteoli e, con altrettanto perfetta coordinazione, colpisce al volo di destro. La palla ha una parabola arcuata e termina nel sacco con Marchegiani immobile. Il “nooo” della curva è quasi mitigato, nella sua virulenza, dalla bellezza del gesto visto. Il fatto che Policano pareggi a inizio ripresa con una rasoiata su punizione e, soprattutto, che a fine anno si andrà in Uefa coi gobbi davanti alla tv, rende comunque dolce, cosa più unica che rara, quella rete subita che sancisce la mia infatuazione per la stella uruguaiana.

Nell’estate 1993, ancora con gli occhi a forma di Coppa Italia che non ci fanno vedere le crepe sempre più pesanti del bilancio societario, potete immaginare la mia gioia nel sapere che Francescoli e il colore granata si sarebbero sposati e anche chi, come me, non ama di certo la monarchia, compresa la dinastia che regnava sulla nostra regione, può gioire dell’arrivo di un Principe a Torino. Piccola goduria in più il fatto che il membro più importante di un’altra dinastia torinese, forse ancora più potente seppur priva di corona, anni prima volesse portare Enzo alla Juventus e se l’è ritrovato comunque in città, ma con un’altra maglia addosso. Quella giusta. La nostra.

Vorrei dire che la stagione di Francescoli a Torino è stata magnifica, ma mentirei. Non è successo, ma non è stata tutta colpa sua, anzi. Un concentrato di coincidenze nefaste e sfortuna non hanno permesso al Principe di manifestare tutto il suo potenziale con la maglia del Toro addosso. Innanzitutto le qualificazioni a Usa ’94 che si vanno a sovrapporre alla prima parte della stagione azzerando di fatto la preparazione fisica. Supercoppa a Washington a parte, l’esordio ufficiale dell’uruguagio è alla sesta di campionato contro il Genoa in cui lascia il campo dopo meno di un’ora per problemi fisici e una forma da trovare visti gli sballottamenti intercontinentali. Prova a riprendere il suo posto a Milano contro l’Inter, ma è ancora lontano da quello che ci si aspetta. Passano tre giorni e qualcosa si muove. Nella rimonta interna contro l’Aberdeen in Coppa delle Coppe gioca una buona partita, però la stanchezza accumulata non gli permette ancora l’abituale brillantezza.

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Mondonico è costretto a confinarlo in panchina per qualche gara, ma sa metterlo in campo quando conta, come a Roma contro lo Lazio dove assaggia l’erba al 51’ coi granata sotto di un gol e fa cambiare marcia alla squadra che vince in rimonta. In casa contro il Lecce ritorna la maglia da titolare e un’altra prova convincente nel 3-0 vergato dai due gol e mezzo di Silenzi. Enzo entra nelle azioni delle prime due marcature e porta splendidamente il numero sette sull’erba del “Delle Alpi”. Il primo dicembre arrivano, finalmente, anche i gol.

Nell’ultimo giorno di novembre affrontiamo in Coppa Italia un’Atalanta in piena crisi. Nella notte di Bergamo, Francescoli segna di testa in avvio su cross di Mussi e raddoppia poco dopo con un preciso sinistro dal limite dopo aver conquistato un pallone vagante. Sono passati solo 12’ e vinciamo 2-0. Triplicherà Aguilera, in una serata targata Uruguay, con un tocco a porta vuota su uscita sbagliata di Ferron. I progressi però si stoppano nuovamente a fine dicembre, dopo un altro paio di prestazioni confortanti, esclusa quella di Foggia in cui tutta la squadra sbanda. Tanto per aggiungere sfiga a sfiga, Enzo si prende un’emtparesi facciale da freddo che lo costringe di nuovo ai box. L’intoppo sembra meno grave del previsto dato che si paventava un mese di stop, perché il nostro è di nuovo in campo il giorno della Befana a Piacenza in Coppa Italia dove mette Venturin in condizione di trovare il provvisorio 2-0 e va anche vicino alla gloria personale con un colpo di testa angolatissimo, però in campionato, sempre contro gli emiliani, deve di nuovo lasciare il campo per infortunio.

Un paio di settimane dopo, sempre contro il Piacenza nel ritorno di Coppa Italia, inizia a vedersi il miglior Francescoli granata. Nel momento più buio, con la società che si sta sfaldando, gli stipendi che non arrivano, la parola fallimento pronunciata con una leggerezza spaventosa, Enzo è tra i leader granata che tengono la barra dritta e mantengono a galla il Toro in un modo quasi commovente. Nella serata di coppa contro i biancorossi il Principe propizia la rete di Sinigaglia con una punizione non trattenuta da Gandini, regala altre ottime giocate in tandem con Carbone e chiude con il morbido assist che chiude il triangolo con Venturin permettendogli di siglare allo scadere la rete che mette in cassaforte la semifinale.

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A Udine arriva anche la prima rete in campionato. In una gara in cui Galli sfodera la sua miglior prestazione stagionale, facciamo partire un contropiede letale che nasce da un recupero palla tutto grinta e classe di Luca Fusi, prosegue dalla percussione centrale di Venturin e viene chiuso da un non irresistibile destro di Francescoli su cui Battistini la combina un po’ grossa. Vittoria non meritata con rete bruttina? Non sia mai, siamo brave persone, ci sentiamo in colpa e dopo pochi istanti con un rigore più espulsione di Delli Carri a causa di un misterioso mani su un pallone non certo destinato in rete, arriva il pari dal dischetto di Branca.

La domenica successiva il Parma, che ha appena vinto la Supercoppa Europea battendo ai supplementari il Milan a San Siro, arriva a Torino e nella prima mezzora è quasi irresistibile con Galli che deve prolungare la striscia di grandi parate fatta vedere a Udine per evitare un paio di reti già fatte. Il secondo errore di Luca Fusi in granata (il primo l’anno prima contro il Cagliari con pallone perso che manda in rete l’avversario. Nome dell’autore del gol: Francescoli. Reazione dello stadio: un applauso enorme per l’ex napoletano che per tre anni non aveva praticamente avuto sbavature e ci ha mostrato di essere umano) dà il via alla rete di Apolloni che aspetta proprio noi per trovare la prima gioia in A dopo tre stagione e mezzo. Grazie, Gigi. Non dovevi.

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Il Toro, tanto per cambiare, lamenta una decina di assenze, ma ha l’orgoglio necessario per buttarsi in attacco con gli emiliani che iniziano ad accusare i 120’ del mercoledì precedente. Carbone si vede negare un rigore mostruoso e lo stadio inizia a ribollire. Nel secondo tempo Crippa scatta sul filo del fuorigioco e la terna arbitrale mette subito in pratica la direttiva “nel dubbio non sbandierare” proclamata da Casarin in settimana. Massimo centra basso sull’uscita di Galli, Fortunato prova a intervenire alla disperata e l’ultimo tocco di Zola ci fa andare sotto 2-0. Tutto quello che c’è di granata sugli spalti è incazzato, urla, si imbufalisce. L’unico calmo sembra Francescoli.

Il Principe vince un contrasto di forza e poi evita l’intervento in scivolata di Minotti. Il pubblico smette immediatamente di urlare per la rabbia e fa sentire un boato di speranza. Francescoli avanza, è ormai ai venti metri e Apolloni e Sensini danzano intimoriti sulla linea che delimita l’area, incerti se uscire a chiudere o schermare eventuali passaggi per Carbone e Silenzi. Il numero sette si ritrova così lo spazio necessario per un destro a giro radente che rimbalza a terra e si insacca nell’angolino basso della porta di Bucci vanamente proteso in tuffo. Ricordo solo quanto festeggiai quel gol che ci faceva tornare improvvisamente vivi, una rete splendida anche se sarà inutile perché, col Parma in ginocchio per la stanchezza, Bucci parerà tutto (compreso un diagonale ravvicinato ancora di Francescoli), Carbone si farà anticipare a tu per tu col portiere e i guardalinee si renderanno protagonisti di segnalazioni tali da far pensare che il “nel dubbio non sbandierare” valga solo a nostro svantaggio.

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Enzo ormai è perfettamente calato nella realtà granata e non esce più di squadra, tra amarezze come le eliminazioni nella coppe per mano di Ancona e Arsenal (a Highbury è uno dei migliori, ma non basta), soddisfazioni come le vittorie contro Inter e Cagliari in campionato e il dispiacere per aver mancato un gol fattibile in un derby conclusosi 1-1. La sua ultima rete in granata è in casa contro la Lazio.

Il Toro passa la gara all’assalto della porta di Marchegiani, colpisce due traverse, fallisce un rigore, ma il tabellone, verso lo scadere, dice che i biancocelesti conducono per 1-0 con, doppia beffa, rete dell’ex juventino Casiraghi. In uno degli ultimi assalti il conquistiamo un corner. Sugli sviluppi della battuta di Jarni la palla finisce fuori area dove Francescoli la controlla perfettamente ed è bravissimo a calciare pochi istanti prima che arrivi un avversario assatanato per contrastarlo. Il diagonale di destro è teso, forte, bello, ma soprattutto vincente.

Il resto è storia nota: dopo il successo di Lecce e l’arrivo di Calleri al posto di Goveani, il Toro, paradossalmente, crolla per essersi sentito tutto di un colpo addosso il peso di una stagione impossibile da reggere a livello di pressione societaria. Anche i senatori non si ritrovano più e due punti nelle ultime quattro partite fanno fallire la qualificazione europea. Francescoli non scampa al repulisti calleriano e torna al River a fare ancora magie.

Il rimpianto per aver avuto un giocatore così grande nel momento sbagliato resta enorme. Nonostante la preparazione problematica, i guai fisici immediatamente concatenati, una società moribonda, Enzo, quando ha potuto, ha saputo regalare delle gemme da ricordare. Tanto basta per farsi volere bene, anche se non come a Cagliari dove fu divino, ma comunque un bene tale che è sufficiente rivederlo accarezzare la palla a sessant’anni per mandare il video del gol sulle chat dei tuoi compagni di fede e per farti venire voglia di aprire il computer e dedicargli una puntata. Grande, grandissimo Principe.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata. 

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.