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culto

Una notte a Brescia

Francesco Bugnone

Torna un nuovo appuntamento con "Culto", la rubrica a cura di Francesco Bugnone

La scorsa puntata parlare del Toro-Lazio deciso da Cristiano Lucarelli mi ha fatto tornare con mente e cuore a quanto successo nel turno precedente coi granata vittoriosi in quel di Brescia. Quella, per me, resta una partita di culto perché non vincevamo in trasferta in Serie A da una vita, per come si è sviluppato il tutto e per quello che è accaduto a fine gara. Sommando i vari elementi la sintesi è una sola: abbiamo goduto e tanto. Per capire il perché di quel tanto, bisogna tornare a quanto successo un girone prima.

Il nove settembre 2001, due giorni prima di una data che cambierà le vicende del mondo, il Toro ospita il Brescia in un caldo pomeriggio di sole in una sfida che mette di fronte due squadre che si sono fatte rimontare un doppio vantaggio all’esordio: i granata a Udine, le rondinelle in casa contro il Milan. La partita è piacevole e ricca di occasioni con la squadra di Camolese che crea molto, sbaglia anche un rigore nel finale, ha più di una lamentela con l’arbitraggio da fare, ma il tabellino dice 3-1 per gli ospiti: Tare al 9’, Lucarelli (gran colpo di testa) al 30’, di nuovo Tare al 68’ e Roberto Baggio su rigore all’89’.

Con l’animo leggero Mazzone, negli spogliatoi, si concede di consolare Camola per la sconfitta, solite cose: più giusto il pareggio, sono cose che capitano nel calcio, vedrete che alla prossima prenderete ciò che meritate. Come direbbe Lucarelli, e in questo caso parlo di Carlo in Blu Notte e non di Cristiano: “Teniamole lì queste cose che capitano, mettiamole da parte per un attimo”. La sera dobbiamo sorbirci anche Tare a Controcampo che alla domanda di Piccinini: “Quattro gol in due partite, ti aspettavi un inizio così?” risponde con un arrogantissimo: “E perché no?” che lascia di stucco anche chi gli ha posto la domanda.

Il diciannove gennaio 2002 il sole settembrino è un ricordo e Brescia e Toro si fronteggiano nell’anticipo del sabato sera. Fa freddo, un freddo potente, umido che gela chi è sugli spalti e sembra uscire dai televisori per investire chi la guarda da casa o nei Toro Club. Alle Rondinelle manca Roberto Baggio, Camolese schiera abbastanza a sorpresa Osmanovsky al fianco di Lucarelli. L’inizio sembra promettente, con Asta che si esibisce in una delle sue stupefacenti annuali dell’anno, ma è un fuoco di paglia. I lombardi tengono maggiormente palla mentre noi non riusciamo a ripartire. L’occasione più grossa della frazione è per Toni che con una girata da grande campione impegna Bucci in una parata miracolosa quando tutto sembrava già perduto.

La mazzata, però, arriva a inizio ripresa. Al 52’, su azione di corner, Toni prolunga di testa per Yillana che approfitta di una difesa granata in versione presepe vivente e schiaccia in rete di testa. Sembra non ci sia più niente da fare, l’undici allenato da Mazzone continua a premere, Toni calcia a fil di palo. Poi arriva il 61’ e Camolese fa un doppio cambio fondamentale. Non siamo ai livelli della sostituzione che rovesciò il derby del 3-3 con Ferrante e Vergassola per Osmanovsky e Semioli (quello cambiò la storia, questo “solo” una partita), ma dimostra ancora la sapienza del nostro mister nel leggere gli incontri. Ferrante per Osmanovsky c’è anche stavolta, poi tocca a Scarchilli per Maspero. Vergassola invece è già in campo, ma sarà decisivo anche lui.

Piano piano il Toro guadagna metri senza strafare, il Brescia riprende fiato e sembra controllare abbastanza tranquillamente, però a poco prendiamo qualche millimetro, che diventa centimetro e che diventa metro. Nulla di eclatante, ma siamo lì. A 7’minuti dalla fine conquistiamo un calcio di punizione sulla tre quarti avversaria, zona centrale. Scarchilli ha l’intelligenza di vedere un leggero movimento di Ferrante in area e il piede morbido per servirlo. Marco corre verso la parte destra dell’area per andare incontro a quel pallone geniale e velenoso su cui la difesa lombarda è impreparata. Non deve neanche guardare la porta, sa dove si trova. Il numero novantaquattro spara con il destro, il pallone finisce sotto la traversa, la rete si gonfia. Uno a uno e sarebbe già lusso così.

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Sarebbe, ma 3’ dopo succede un’altra cosa. Col Brescia leggermente sbilanciato, Scarchilli rifornisce ancora Ferrante che stavolta si trova in posizione di trequartista ed è a suo agio anche in quel ruolo. La palla filtrante mette Vergassola in area, fra due difensori, ma davanti a Castellazzi. In mezzo c’è Lucarelli con le braccia larghe a chiedere il passaggio visto che davanti a sé ha solo la porta sguarnita. Qualunque tifoso del Toro sta urlando o pensando “passalaaa”, ma Vergassola non la passa. Tira. E segna.

Il finale è generosa difesa, Asta viene espulso per doppia ammonizione, ma il Brescia non c’è più. Rimontato, beffato, quasi offeso. Il Toro non vinceva in A in trasferta dal gennaio 2000, a Piacenza. Il campionato sembra girato positivamente.

Negli spogliatoi Camolese sa che il Brescia forse avrebbe meritato qualcosa di più, ma pensa all’andata e da signore qual è vorrebbe consolare, seriamente e senza rivalsa alcuna, Mazzone come avvenne all’andata a parti invertite. Il tecnico delle rondinelle, però, non è proprio dello stesso umore di diciassette partite prima. In parole povere, è incazzato nero. In diretta si infuria con Riccardo Ferri perché non è d’accordo con l’analisi della partita in un frammento reso immortale dalla Gialappa’s (“Ferri, tu parli come quando giocavi, troppi falli” “Mister, ma quello era mio fratello”). Anche le altre dichiarazioni sono sullo stesso tenore (li abbiamo sovrastati, non abbiamo fatto niente, eccetera). Camolese capisce l’andazzo e non dice nulla, sta tranquillo. Tanto i tre punti sono nelle nostre tasche belli comodi.

Per tutti questi piccoli motivi, quella che poteva essere un’insignificante partita di un altrettanto insignificante sabato sera invernale nel mio cuore, e credo in quello di molti, resterà una partita che ci farà sempre sorridere quando ci finiamo con la mente anche a distanza di (mannaggia, non può essere passato tutto sto tempo) ventuno anni.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.