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Una storia sbagliata

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Culto / Torna l’appuntamento con Francesco Bugnone. Al centro della riflessione il gennaio 2013 ed Alessandro Rosina

Gennaio 2013. Nello straniante scenario delle 12,30 un Toro incerottato sta battendo il Siena in quello che, nonostante si sia solo alla prima di ritorno, è già uno snodo cruciale per la salvezza. E’ la partita in cui Ventura è costretto a mandare in campo l’oggetto misterioso Caceres che riuscirà nell’impresa di incartarsi da solo al momento di fare un comodissimo cross da sinistra, in un modo che avrebbe fatto la gioia di Mai dire Gol. E’, soprattutto, la partita in cui Cerci segna il provvisiorio 3-1 con un coast to coast che fa esplodere la Maratona e che lo vede, sullo slancio, continuare a correre sotto la curva impazzita. Ora però il Toro soffre, Paolucci ha accorciato le distanze e i toscani stanno buttando in campo tutto quello che hanno per pareggiare. Brighi, che ha aperto le marcature ed è visibilmente stanchissimo, commette un fallo in area su Della Rocca. Rigore contro al 90’. Dal dischetto si presenta Rosina.

Rosina l’ha fatto tante volte quel gesto con la nostra maglia. Prima di diventare Rosinaldo, quando Rosinaldo lo è diventato, quando l’amore stava finendo e Rosinaldo non lo era più. Sotto la curva che non è più sua. Con una maglia diversa. Con la solita faccia, ma chissà cos’aveva dentro.

Chissà se ha pensato alla stagione 2005/2006. Nel Toro dei Pelati, allestito in quattro e quattr’otto da Cairo, è il più giovane, arriva in comproprietà col Parma dopo una stagione interessante a Verona. In mezzo a tanti vecchi lupi di mare di sicuro affidamento, ci vuole un giovane nel giro dell’under, con rapidità, fantasia, dribbling, faccia tosta, un gran mancino. E lui e sin dall’esordio con l’Albinoleffe fa vedere di che pasta è fatto, con una stangata sul palo da fuori, risultando fra i più positivi nel grande inizio stagionale dei granata che li porta subito ai piani alti della classifica.

Il primo gol arriva contro il Piacenza, su rigore. E fa strano che sul dischetto ci vada il più giovane della compagnia, ma se la palla va da una parte, il portiere dall’alta e la rete si gonfia c’è poco da dire se non ruggire mentre, col suo numero venti, corre sotto la Maratona. Anche contro il Cesena c’è un rigore, anche quella volta Rosina si presenta dal dischetto, anche quella volta la palla va da una parte e il portiere dall’altra, ma la sfera tocca il palo e si accomoda sul fondo e meno male che Fantini rimedierà poco dopo. Anche contro il Verona c’è un rigore, in una gara accesissima, dove accade di tutto e gli scaligeri sono avanti grazie a un’incredibile papera di Taibi su testa di Munari. Nella ripresa, fra botte, occasioni ed espulsioni, Muzzi pareggia con una sventola su punizione a due dal limite al 77’, poi, pochi secondi dopo, Rosina si conquista il penalty del sorpasso, se lo fa deviare in angolo da Van Stratten, va a calciare il corner con la Maratona che lo rincuora a colpi di “Alessandro Rosina olè” e sulla parabola mancina la difesa scaligera impazzisce e fa autorete.

Dopo due rigori consecutivi sbagliati, chiunque cambierebbe tiratore. Il Toro no e fa bene, perché da lì in poi Rosina diventerà letteralmente infallibile. Un calcio di rigore a favore è sempre fonte di ansia per noi granata nei secondi prima del tiro. La sera del rigore fischiatoci a favore al 90’ contro il Copenaghen, per esempio, c’era gente in Maratona che pregava, visto che venivamo da due errori consecutivi. Con Rosina, no. Dall’errore contro il Verona in poi eravamo sicuri che, comunque, l’avrebbe messa o spiazzando il portiere o mettendogliela così angolata che non l’avrebbe mai presa pur intuendola. Eravamo tranquilli, Rosina è infallibile.

Rosina segna il suo primo gol su azione contro la Triestina, di astuzia, scattando in avanti quando, dopo una punizione fischiata ai venti metri, gli avversari protestano ancora e Stellone batte rapidamente mettendo il numero venti davanti a Rossi: diagonale mancino morbido dentro a fil di palo. Il Toro chiude bene l’andata, ma inizia male il ritorno, pagando lo scotto della preparazione praticamente assente, però in quel momento Rosina è tra i più positivi e tiene su la baracca o almeno ci prova, come quando a Bari triangola con Edusei e, con una dolce carezza di destro, rende vano il tentativo di uscita di Gillet per un 2-0 esterno che verrà vanificato di lì a poco. Come quando va dal dischetto e non trema né contro l’Arezzo, né nel big match con l’Atalanta. Come quando sempre contro l’Atalanta, ridotta in nove dopo essersi portata sul 2-1, pareggia con un potente sinistro a giro dal limite. Inizia a buttar dentro anche le punizioni: due capolavori fotocopia di sinistro nel “sette” a Crotone e a Vicenza, che purtroppo fruttano un punto solo. Segna anche con la Ternana, inserendosi benissimo su un filtrante di Fantini, ma non basta per vincere.

Il Toro, scivolato fuori dalla zona playoff, improvvisamente si riprende, ne vincerà nove delle ultime dieci, ma, paradossalmente, in quella rimonta che lo porterà al terzo posto, Rosina siede spesso in panchina. Farà fruttare bene i minuti che gli concederà De Biasi, come nel big match contro il Catania, quando al 90’, sull’1-1, Abbruscato si procura un rigore e dagli undici metri va il numero venti. Dalla Maratona sembra il rigore più piccolo del mondo, la porta è minuscola, Pantanelli lunghissimo, si butta bene, azzecca l’angolo, ma la palla, rasoterra, perfetta, entra lo stesso.

Contro il Rimini, con una Maratona in fibrillazione per i fatti di Calciopoli, un sua saetta di sinistro su cui il portiere avversario non è perfetto, vale l’1-0 e i momentanei saluti: bisogna andare a disputare l’Europeo Under 21. Che non finirà bene per gli azzurrini, ma lo farà per il Toro che avrà di nuovo il suo fantasista per i playoff. Non solo, Gentile, infastidito, dirà che Rosina pensava più al Toro che alla Nazionale in quei giorni e cosa può esserci di meglio di una bandiera bianconera che si arrabbia per quello? In semifinale contro il Cesena e nell’andata contro il Mantova parte in panca, ma nella finale di ritorno, quando c’è da ribaltare il 4-2 dell’andata, Rosina è titolare quasi a furor di popolo.L’inizio del match è complicatissimo, a strappi, poi Muzzi viene cinturato in area e Farina fischia il rigore. Se quello contro il Catania era il rigore più piccolo del mondo, questo è il più lento. Brivio è spiazzato, la palla entra in rete lemme lemme. Il resto è storia, Rosina sarà fra i migliori, Toro promosso, giocatore comprato a titolo definitivo, sarà la stellina dei granata che si apprestano a giocare il solo campionato della loro storia come unica squadra di Torino in serie A, per lo più nell’anno del Centenario.

Rosina sistema la palla sul dischetto, la Maratona fischia. Non succedeva così quando lo faceva col granata addosso. C’è qualcosa di strano in tutto questo. C’è che il destino ci ha messo lo zampino in qualsiasi modo vada a finire.

Forse Rosina ha pensato al 2006/2007, quando si ritrova il Toro sulle spalle, quando è sempre tra i migliori anche se la squadra sbanda, sin dalla Coppa Italia dove segna una doppietta all’Ivrea e poi un gol da cineteca al Crotone che, però, ribalterà nel finale ed eliminerà il Toro al 90’. De Biasi viene esonerato prima che inizi il campionato, arriva Zaccheroni e all’inizio non sembra vederlo molto, talvolta schierandolo largo, larghissimo, ma poi viene convinto a buttarlo sempre più nel vivo del gioco, col mancino fatato che spesso sbatte contro i pali avversari. Quando Rosina inizia veramente a girare, il Toro sembra finalmente sbloccato. Il primo gol in A non poteva che essere dal dischetto, a decidere il posticipo contro la Samp, ma nella trasferta successiva a Bergamo che arriva la vera epifania. Il grande calcio si accorge di Rosinaldo.

Il Toro sta vincendo in casa dei nerazzurri grazie a una tragicomica carambola che si tramuta in un’autorete di Bernardini, quando il numero dieci all’88’ parte in contropiede in un due contro due coi difensori avversari che non sanno se andare su di lui o se coprire su Abbruscato. Rosina punta deciso l’area, evita Loria che, sullo slancio, va addirittura a gambe all’aria e poi, di esterno sinistro, in un colpo solo anticipa il rinvenire d’un avversario e beffa Calderoni in uscita, il quale può solo sfiorare. Rosina è inarrestabile anche nel palpitante 0-0 a San Siro contro il Milan, contro la Roma segna un gol di testa da centravanti rapinoso. Ad Ascoli fa di tutto, è uno show continuo, sblocca su rigore, colpisce una traversa, poi, subito dopo un rigore parato da Abbiati a Bjelanovic allo scadere, parte in contropiede con Comotto e chiude la pratica. Roba da essere chiamato in Nazionale subito.

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E’ bello, troppo bello per durare, forse. Infatti il Toro ne perde sei di fila e ritorna in piena bagarre per non retrocedere. Non solo, dopo la sconfitta per 2-0 contro la Lazio, sul sito del giocatore appaiono della pagelle poco lusinghiere per i compagni, scritte pare dal fratello o da non si sa bene chi. Sinistri anticipi di quello che sarà. Rosina viene punito da Zaccheroni che lo tiene fuori nella partita con il Chievo, fatale per il tecnico. Torna De Biasi e Rosina, di colpo, torna Rosinaldo, tutto pare alle spalle. Contro la Fiorentina illude i suoi prima che il Toro ne prenda cinque, ma contro il Catania fa il vero capolavoro che vale mezza salvezza: parte in velocità a centrocampo, umilia Stovini, punta Sottil e, ovviamente, lo salta, prima di battere Pantanelli in uscita con un secco rasoterra. Nel 3-0 a Messina colpisce due traverse nella stessa azione, manco fosse il famoso filmato di Ronaldinho, e segna il rigore del raddoppio.

Il Toro prova a impelagarsi di nuovo nella lotta per non retrocedere, ma alla fine la sfanga. Fondamentale, in questa circostanza, l’1-0 contro l’Ascoli firmato proprio da Rosina che si inserisce sull’affondo di Stellone e segna con un tocco di fino. Il bello deve ancora venire o così pare.

La rincorsa è lunga, il cambio di passo che in genere è letale stavolta sembra un segno di insicurezza, quel muro granata davanti che una volta era suo, perché era il dieci, era il capitano, ora fischia. E i fischi fanno male.

Il 2007/2008 sembrava l’anno buono per il Toro e quello della consacrazione per Rosina. I tifosi sognano il trio tutto fantasia con Di Michele e Recoba. L’inizio sembra dare ragione a tutti. Contro la Lazio Rosinaldo trova uno di quei gol immortali, quelli da mandare in continuazione nelle sigle dei vari programmi: un pallonetto, un cucchiaio, un tocco da delirio dal limite a scavalcare Ballotta. Pochi giorni dopo, in Coppa Italia, decide nei supplementari la sfida col Rimini con un sinistro al fulmicotone. In casa con la Reggina duetta con Recoba e segna con un preciso destro. A Palermo non segna, ma dà spettacolo, arriva anche il momento di esordire in nazionale, poi, progressivamente, cala, come cala la squadra. Colpi e sgroppate ci sono sempre, ma sono meno efficaci. Dal dischetto è sempre implacabile, ma qualcosa sembra incepparsi.

Quel qualcosa potrebbe sbloccarsi la sera del derby di ritorno, noto, in casa granata, come il derby della traversa di Rosina. C’è una punizione dal limite a una ventina di minuti dalla fine e la batte il numero dieci. La traiettoria è perfetta, Buffon è immobile, la palla centra in pieno la trasversale e rimbalza in campo. Un “tonc” che è rimasto nella memoria, che poteva ridarci la stracittadina con otto anni d’anticipo. Il Toro progressivamente si perde, anche se, nei suoi unici squilli, Rosina c’è ancora, come quando una scucchiaiata mancina mette Di Michele in porta nel 2-1 a Catania o come quando sigla quello che, di fatto, è il gol salvezza a Livorno.

Metà del lavoro è fatto, Gillet, un pararigori, è fregato, perché  si butta dalla parte sbagliata. Però è solo metà.

 

Il 2008/2009 è l’anno più triste. Il Toro è in mezzo una sarabanda di mea culpa e di torti, si rompe qualcosa fra Rosina e l’ambiente. Fischiato nel riscaldamento prima del match col Siena, tirerà polemicamente la palla contro la Maratona. Com’è lontano ieri.

Eppure, oltre ai soliti rigori, Rosina avrebbe potuto segnare il gol salvezza a Napoli, con una punizione magistrale che vale il successo per 2-1, ma la vittoria nel recupero del Bologna sul Lecce non è altro che l’anticipo della beffa contro il Genoa. Le lacrime in casa della Roma, quando la B diventa certezza matematica, sono l’epilogo amaro di qualcosa che, a un certo punto, sembrava un’unione perfetta e, a un certo punto, non lo è stata più. Senza un motivo, come capita quasi sempre.

L’altra metà è metterla dentro, basta angolarla un pochino, ma un pochino stavolta è troppo. La palla va fuori, la curva viene giù con un boato, lo stesso di quando la sfera, calciata dallo stesso sinistro, gonfiava la rete. Un boato che sarebbe stato il triplo se quella maledetta traversa fosse entrata. Reginaldo rincuora il compagno. Il destino per una volta ha detto Toro, la gioia è grande, arrivano tre punti di granito, ma una punta, una punta solo di amaro che rimane, perché non si capisce bene quando una storia che sembrava giusta è diventata di colpo sbagliata. Sbagliata come quel rigore a tempo scaduto.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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