Non c'è solo il mercato calciatori a segnare arrivi e partenze in casa granata, sebbene i movimenti siano davvero pochi, per ora. Anche a livello dirigenziale c'è stato un avvicendamento: Giacomo Ferri non è più il team manager del Toro, sostituito nel ruolo da Luca Castellazzi che da terzo portiere granata lascia l'attività agonistica e comincia una nuova carriera.
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Cuori granata in società: servono davvero?
Sulla serietà e sulla professionalità dell'ex portiere non credo si possano avere dubbi. Al tempo stesso immagino che molti, io in primis, abbiano poco chiare in testa le vere mansioni di un team manager al punto da poter valutare con cognizione di causa la bontà della scelta fatta per sostituire Ferri. Se la figura che dovrà interpretare Castellazzi è una sorta di tramite tra la squadra e la società allora penso che uno che ha smesso di giocare da due mesi e conosce benissimo l'ottanta per cento della rosa perché fino a poche settimane prima ne faceva parte sia una scelta azzeccatissima. Diverso è se il ruolo in questione implica la trasmissione al gruppo di calciatori dei valori propri, per storia e consuetudine, della società per la quale si gioca: un elemento con un forte passato granata, e Ferri di certo lo aveva, allora sarebbe stato più logico come candidato.
Quando si è sparsa la notizia che a Ferri non sarebbe stato rinnovato il contratto, ho sentito molti invocare per sostituirlo i nomi di Pasquale Bruno, Annoni, Ferrante o addirittura di Pulici! Candidature più che sostenibili, sia chiaro, specialmente l'ultima che sarebbe il sogno di ogni tifoso, ma poi mi chiedo: ha senso mettere un cuore granata in questo tipo di ruolo? Chi si ricorda il Ferri giocatore a stento lo ha riconosciuto nei panni del team manager, ruolo in cui non mi pare abbia trasmesso ai calciatori passati dalle nostre parti quelle dosi di "tremendismo granata" che è l'unico doping di cui vorremmo i nostri abusassero. Non so quanta colpa possa essere imputata a Ferri stesso, ma il Toro di Ventura di cui lui è stato team manager è stato di tutto tranne che un Toro vicino ai valori coi quali Giacomino è cresciuto ed ha giocato. Allora il dubbio è che sia inutile invocare i cuori granata in società se poi la gestione tecnica (vedi Ventura, ma oggi con Mihajlovic la musica dovrebbe cambiare in questo senso) e quella dei vertici societari (Cairo e Petrachi) divergono sensibilmente dai valori che quei cuori granata potrebbero portare. Ex granata in società ce ne sono sempre stati e, ad esempio, durante lo scempio e il vilipendio del granatismo avvenuto sotto la proprietà Cimminelli solo la presenza di gente come Cravero e Zaccarelli impedì una deriva totale (fallimento a parte). In un calcio però sempre più lontano dai valori nei quali noi tifosi del Toro ci identifichiamo anche il lavoro di qualche "vecchia bandiera" a livello dirigenziale sarebbe oggigiorno oltremodo duro. Diciamo che forse figure come quelle di Bava, che non sono vecchie glorie, ma seri ed appassionati professionisti che lavorano con lo spirito di ricreare un ritorno ai fasti del Toro che fu, sono le risorse ideali ed il giusto compromesso per mantenere intatto il legame tra società e tifosi.
Anche a me piacerebbe un Toro con Pulici presidente, Longo allenatore e Pasquale Bruno team manager, ma non è detto che sarebbe più vincente del Toro di Mihajlovic con Castellazzi team manager. Tutti ci ricordiamo i danni che fece Mazzola, figlio di cotanto padre, da dirigente. In Uruguay ancora si spanciano dalle risate per l’affare Ramallo…Ecco, allora forse meglio dare spazio alla professionalità, alle idee e alla voglia piuttosto che al pedigree. Tanto ci pensiamo noi tifosi a far capire alla squadra cosa significa indossare la maglia granata!
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