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Dal calcio a misura di tifoso, ai prezzi inaccessibili. E tutti parlano di fatturati…

Riceviamo e pubblichiamo una lunga riflessione di Anthony Weatherill: l'opinionista analizza l'evoluzione del rapporto tra società e tifosi.
Redazione Toro News
Dal calcio a misura di tifoso, ai prezzi inaccessibili. E tutti parlano di fatturati…- immagine 1

Qualche mese fa, su queste colonne, avevamo avuto l'onore e il piacere di ospitare una lunga lettera aperta indirizzata all'Uefa (leggi qui) di Anthony Wheatherill, nipote del celebre alleanatore del Manchester United Matt Busby. Weatherill - sulla falsa riga della lettera da noi pubblicata - continua la propria analisi sull'evoluzione del rapporto tra società e tifosi, raccontando - passo dopo passo - come in Inghilterra il calcio abbia abbandonato i meno abbienti, rendendo inaccessibile ai più un biglietto per assistere ad una partita di Premier.

Secondo recenti studi statistici, il reddito mensile di un volenteroso appartenente alla working class inglese (recentemente  ribattezzata tristemente  “working poor” , a causa dell’alto costo della vita di città come Londra, Brighton e Oxford) si aggirerebbe intorno alle 1200 euro. Questa notizia letta casualmente su un giornale economico, mi ha rifatto venire in mente alcuni scambi di opinioni avuti con alcuni tifosi del Manchester United, che si chiedevano come fosse possibile per un cameriere (stipendio medio annuo di 16.000 euro) o un cassiere di banca (stipendio medio annuo 17.000 euro) permettersi un biglietto dal costo minimo(e sottolineo minimo) di 100 euro per assistere ad una partita all’Old Trafford. La conclusione, un po’ rabbiosa un po’ malinconica, fu che un tipico stipendio medio inglese ormai lo United lo poteva vedere solo in televisione, rievocando con amici e parenti come era bello andare all’Old Trafford a vedere le gesta di George Best o Bobby Charlton. Allora, siccome un ricordo porta con sé un altro ricordo, ho tirato fuori da uno di quei cassetti dimenticati nel tempo, il testo integrale del “Rapporto Taylor”, commissionato nel 1990 dal governo presieduto da Margaret Thatcher. Era l’aprile del 1989, quando 96 persone perirono, schiacciati verso le recinzioni e le pareti dell’Hillsborugh Stadium di Sheffield, nel corso della semifinale dell’ FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest. Il dolore che attraversò l’ opinione pubblica inglese fu del tenore di quelli dei giorni più dolorosi che hanno attraversato la storia dell’Isola, un dolore che il primo ministro non poteva e non voleva ignorare. Margaret Thatcher, che non amava molto il mondo del calcio,  decise che la misura era colma e diede ordine di istituire una commissione inchiesta presieduta dal giudice Lord Peter Taylor di Gosforth.

I risultati dell’inchiesta, contenuti in quello che passerà alla storia come Rapporto Taylor, convinse il governo di Sua Maestà che il calcio inglese andava completamente ripensato. Da quel momento fu stabilito che gli stadi, che ricordiamo in Inghilterra essere di proprietà dei club, dovessero obbligatoriamente essere completamente ristrutturati e dotati di posti esclusivamente a sedere. Inoltre, per ragioni di sicurezza, tutti i settori degli impianti dovevano essere coperti da telecamere di sorveglianza. E’ stato bello, sia chiaro, che gli stadi inglesi abbiano assunto il tono e la fisicità di luoghi confortevoli e sicuri, ma tutto questo è stato l’inizio di una profonda divaricazione tra chi gestisce le società di calcio e i suoi tifosi. Tralascio in questa sede come i club si finanziarono per ammodernare i loro stadi (semmai sarà occasione di una qualche mia prossima riflessione sul mondo del calcio), perché vorrei concentrarmi su due punti del Rapporto Taylor che furono completamente disattesi.

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