E’ di non pochi giorni fa la dichiarazione, in un’intervista, di un presidente di una nota squadra di vertice del campionato italiano, che auspica la costruzione di uno stadio non molto grande(massimo 40.000 persone), da destinare ad un pubblico selezionato dal censo, che sarà ben disposto ad ergersi ad elite del tifo proprio perché disposto a pagare un biglietto costoso(ecco farsi ancora largo la stategia dello stadio/salotto, piuttosto che dello stadio casa dei tifosi). Del resto, come ha dichiarato questo presidente (diciamolo il nome di questo presidente: è Aurelio De Laurentis), ormai il futuro è nella televisione, che ci garantirà sempre più necessari nuovi introiti (ritorna, come nella mia lettera aperta, la bufala dell’allargamento necessario dei ricavi). Tutti, nel nome dei necessari ricavi, vogliono costruire stadi piccoli, confortevoli e stupefacenti cornici di un pubblico facoltoso (e annoiato dalla vita di tutti i giorni) sempre più alla ricerca di un esclusivo avvenimento live. In questo quadro auspicato e perseguito, è quasi ovvio come presidenti alla Aurelio De Laurentis paventino la riduzione a sedici squadre(con una sola retrocessione) del massimo campionato nazionale. E’ incredibile come sia chiara l’intenzione di dividersi in meno squadre il ricco bottino dei diritti tv della Serie A, creando così anche la premessa per perseguire meglio il sogno (secondo me impossibile e anche un po’ pirata) di creare un campionato europeo esclusivo per club. Qualcuno, a questo punto, mi direbbe che ciò è un guardare al futuro, tentando così di condannare le mie preoccupazioni e le mie idee ad un deprecabile anacronismo. Ma io penso che non sia anacronistico ritenere che il calcio sia dei tifosi, che ad un pur prestigioso Manchester United-Milan preferiranno sempre Milan-Inter o Milan-Juventus.