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Sogno o son sesto? Il Torino, la classifica e l’Europa
Il Torino è storia. E’ storia di eroi ed eroici comprimari, di battaglie e di valori, di simboli e di cuori. Ed è la storia stessa a definire le aspettative dei tifosi granata, che puntano all’Europa del calcio. Le sporadiche apparizioni degli ultimi anni non sono servite a saziare la fame di una tifoseria abituata, nel tempo, ad una frequentazione più assidua del palcoscenico europeo.
Non più tardi di qualche mese fa Mister Juric parlava con simpatia - qui intesa proprio nell’accezione latina originaria di condivisione emotiva - di questa ossessione anche un po’ malata, quasi a volerne mettere rispettosamente in dubbio la legittimità.
Per capire l’origine e valutare l’effettiva fondatezza delle aspettative dei tifosi granata diventa utile metterle in relazione con la performance sportiva del Torino negli anni, mettendo in primo piano i riferimenti a quel sesto posto nel campionato di Serie A che attualmente, al netto di ogni discorso relativo slla coppa nazionale, garantisce l’accesso alle competizioni internazionali.
Per valutare una performance abbiamo bisogno di un indice da analizzare: viene naturale pensare in primo luogo al posizionamento in classifica.
La figura riprende l’andamento del posizionamento in classifica del Torino a partire dal 1929, data di inizio dei tornei a girone unico. L’asse orizzontale rappresenta la stagione sportiva. L’asse verticale rappresenta la posizione in classifica dal primo all’ultimo posto ordinata verso il basso, separando la Serie A dalla Serie B. Vengono annotati la sesta posizione in Serie A e nella parte inferiore del grafico l’alternarsi alla presidenza del club.
Dagli scudetti del Grande Torino passando per il post-Superga, gli inarrivabili anni ’70 e gli ultimi posizionamenti di rilievo negli anni ’80 e ’90, per arrivare al ventennio horribilis ed il riconsolidamento. Questi in sintesi i sotto-trend individuabili in una curva che nonostante una decrescita generalizzata mostra segnali di ripresa nell’ultima fase.
Un’ultima fase, identificabile col secondo periodo Cairo (dalla seconda risalita in Seria A), che ha similitudini con il post-Superga (anni ’50) facilmente riscontrabili a livello visivo: entrambe le fasi sono caratterizzate indicativamente dallo stesso posizionamento medio e presentano pericolose valli verso le ultime posizioni della classifica, oltre ad evidenziare una totale assenza di quei picchi di performance oltre il settimo posto così frequenti in altri periodi.
In termini di Europa questo significa generalmente fallimento ed in quest’ottica si legge quello spirito di disillusione più o meno diffuso tra i tifosi granata.
Quanto è affidabile il posizionamento in classifica come indice di performance? Esistono fattori esterni all’effettiva prestazione di una squadra che possono influire su di esso?
Proviamo a rispondere relazionando il posizionamento in classifica alla media punti a partita, che prendiamo in considerazione come indice di performance alternativo.
Proponendoci di esaminare le classifiche di Seria A dal 1929 in poi, si rende in primo luogo necessario ricalcolare uniformando il valore in punti per vittoria, perchè la media punti a partita sia comparabile tra le stagioni antecedenti l’adozione della regola dei 3 punti e quelle successive. Andiamo quindi a ricalcolare i punteggi finali in classifica per ogni anno e per ogni squadra, attribuendo 3 punti per vittoria. Dividiamo questi punteggi per le partite giocate e otteniamo la media punti a partita. Le classifiche vengono ricalcolate “sul campo” (secondo la regola punti per vittoria vigente nella stagione considerata ma al netto di eventuali penalizzazioni).
Prendiamo, ad esempio, la classifica della stagione 1994. Sull’asse orizzontale indicheremo la media punti a partita, sull’asse verticale la posizione in classifica. Per ogni squadra partecipante disegniamo un punto in corrispondenza dei valori della media punti a partita e della posizione in campionato.
Uniamo i puntini con una linea e ripetiamo il procedimento per ogni stagione considerata.
Ora coloriamo i nostri dati in tinte che vanno dal rosso al verde al progredire delle stagioni sportive.
Per individuare un pattern temporale, si legga la relazione tra posizionamento in classifica e media punti a partita in entrambe le direzioni.
Fissandosi sull’asse orizzontale osserviamo come a un pari livello di media punti a partita corrisponda un posizionamento in classifica sempre più basso negli anni (tendendo verso il verde).
Considerando le stagioni evidenziate, si può notare come simili valori in termini di media punti a partita si traducano in posizionamenti in classifica molto diversi tra loro in funzione del tempo. Le prestazioni delle stagioni 2014 e 2017 sono valse il nono posto mentre nel 1956 e 1972 prestazioni analoghe (se non leggermente peggiori) sono valse rispettivamente il 5° e 6° posto.
In modo analogo, fissandosi sull’asse verticale, notiamo come procedendo nel tempo (tendendo verso il verde) la stessa posizione di classifica richieda una media punti a partita sempre maggiore per essere conquistata (osservazione valida in particolare per le posizioni più nobili della graduatoria).
Se andiamo ad isolare i dati relativi alla performance necessaria per cogliere il sesto posto in classifica è facile riscontrare come negli ultimi anni questa sia in considerevole rialzo. In particolare, è visibile quello che potrebbe essere l’effetto dell’introduzione della regola dei 3 punti a vittoria (1994).
Esaminando le figure precedenti è facile notare come una delle estremità dei “baffi” che sembrano venir disegnati si adagia su posizioni di classifica ben precise: 16°, 18° e 20° posto. Questo è ovviamente l’effetto del variare del numero di squadre partecipanti al campionato di serie A.
Riprendiamo la relazione tra posizionamento in classifica e media punti a partita, utilizzando questa volta il colore per discriminare tra il numero delle squadre partecipanti al campionato a cui un particolare punto fa riferimento.
Riassumiamo i nostri dati tramite previsioni di modelli matematici (le curve che vedete), uno per ogni tipologia di torneo (16,18 o 20 squadre)
e ingrandiamo intorno alla sesta posizione in classifica:
secondo le previsioni dei modelli, raggiungere il sesto posto in un torneo a 20 squadre richiede ottenere mediamente 0.13 punti a partita in più rispetto ad un torneo a 16 squadre e 0.06 punti a partita in più rispetto ad un torneo a 18 squadre (quasi 5 e oltre i 2 punti in più nella classifica finale rispettivamente).
Consideriamo la stagione 2018 di Mazzarri e due stagioni iconiche della storia granata, quelle del 1984 (16 squadre) e 1991 (18 squadre) con Radice e Mondonico alla guida tecnica. La performance di Mazzarri è paragonabile per livello a quella di Mondonico e non troppo distante da quella di Radice (0.11 punti di differenza in media, per un totale di circa 4 punti su un intero campionato a 20 squadre): al primo non è valsa l’accesso sul campo all’Europa mentre ai secondi è valsa 3° e 2° posto.
Introducendo la media punti a partita ci siamo chiesti se il posizionamento in classifica fosse un indice di performance affidabile; le considerazioni precedenti suggeriscono una minore “robustezza” rispetto alla media punti a partita, in quanto esistono fattori esterni al campo (come visto, regola dei 3 punti a vittoria, numero di squadre partecipanti e loro probabile interazione) che sembrano avere un impatto su di esso.
Abbiamo esaminato l’andamento del posizionamento in classifica del Torino ed individuato l’origine delle aspettative dei tifosi granata, certificandone la fondatezza nel tempo (benchè lontano). Abbiamo in seguito introdotto la media punti a partita ed analizzato trend e pattern nell’evoluzione della classifica di Serie A, evidenziando come in un contesto di Serie A a 20 squadre e dopo l’introduzione della regola dei 3 punti a vittoria i requisiti per l’accesso all’Europa siano sempre più stringenti in termini di performance.
Se è vero che il Torino non guadagna l’Europa sul campo ormai da troppo tempo è anche vero che una volta archiviati i patimenti delle stagioni precedenti il presente offre validi motivi per essere ottimisti e rappresenta un’opportunità anche in termini di ambizioni europee.
L’auspicio per gli anni a venire è che la storia del Torino in Europa non rimanga soltanto un buon libro da leggere con nostalgia ma uno di cui ancora poter scrivere i capitoli migliori.
DALLO STESSO AUTORE: Il Torino di Juric spiegato dal professor xG
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