- Calciomercato
- Prima Squadra
- Giovanili
- TN Radio
- Interviste
- Mondo Granata
- Italia Granata
- Campionato
- Altre News
- Forum
- Redazione TORONEWS
columnist
L’altra sera Report, occupandosi delle infiltrazioni n’dranghetiste nella curva della Juventus, ci ha ricordato che la malavita organizzata è fatta di pochi elementi, ma lavora solo se ha il consenso, più o meno esplicito, di molti. Il silenzio è d’oro, sotto diversi punti di vista.
Prendere le distanze, non è facile. Perfino per una potenza economica come la Juventus, non è facile. E allora succede che la Società fornisce i biglietti – perfino Marotta allunga pass a Dominiello, “te li lascio in hotel” – e i bagarini caporali, col coltello tra i denti, li vendono, determinando le quotazioni dell’oro. E a fine campionato il bilancio supera il milione di euro.
La Società valuta il male minore tra una rappresaglia della tifoseria e qualche danno collaterale. Verrà srotolato qualche striscione becero che inneggia al sangue colato su Superga, pazienza. L’ndrangheta firmerà lo Juventus Stadium con scritte che sanciscono la presa di potere di un luogo presidiato da polizia e security e telecamere, pazienza. Capiterà addirittura che a qualche compiacente venga presentato il conto, che gli venga chiesto di pagare qualcosa di più delle centinaia di migliaia di euro che ha incassato: il prezzo è la vita, neanche un centesimo di meno. Ma neanche questo è sufficiente alla Società per prendere le distanze dalla malavita, organizzatasi per l’occasione in versione stadio, formato curva.
Ma se si è pronti ad accettare come danno collaterale un suicidio – che appare molto, molto, assistito – allora forse la paura della rappresaglia della tifoseria è qualcosa che va oltre una curva che non canta nel primo tempo della partita. O le minacce sono di altro tipo, ben più stringenti, o quel silenzio d’oro puzza di tomba scoperchiata.
Forse la Juventus potrebbe iniziare a prendere le distanze per gradi, ad esempio indignandosi pubblicamente per un gruppo di terroristi – si chiamano così quelli che seminano paura con atti violenti ma anonimi – vicini a Forza Nuova, che ha vestito di bianco e nero il toret nei pressi del Filadelfia, quello che si ventilava potesse essere intitolato a Bruno Neri. Bruno Neri, un uomo che sul campo di calcio rifiutava di fare il saluto romano al pubblico fascista, una scelta di libertà che gli è costata la vita. No, non è una scelta politica schierarsi pro o contro, essere fascisti, in Italia, è vietato dalla legge.
Ma tra tanti che nel calcio non prendono le distanze da azioni ignobili, c’è chi le distanze le accorcia, e racconta per intero le persone che vanno allo stadio: dopo Report, girando da un canale all’altro, mi è capitato di ascoltare le minacce ricevute da Ilaria Cucchi a causa della sua coraggiosa crociata per la legalità, e ho pensato a uno striscione che ho visto srotolare sotto al mio naso nel 2014, in curva Primavera: la legge non è uguale per Cucchi.
Non dico che rappresenti il pensiero di tutti, ma io mi sono letta in quelle parole.
Altro non posso fare che tenere le distanze da chi agisce in un modo che non posso condividere, e accorciarle quando allo stadio incontro qualcuno in cui mi riconosco.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA