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E il Grande Torino era pieno

Maria Grazia Nemour
Sotto le granate / Il pensiero della nostra Maria Grazia Nemour: "Domenica a vedere tutte quelle persone in granata muoversi intorno, mi sono emozionata"

E lo stadio, era pieno…ho iniziato a canticchiare domenica, entrando al Grande Torino.

Il Toro giocava, le sue partite.

E si scriveva i punti sul diario, per sentirli veri.

Doveroso rispetto ai tifosi del Chievo che domenica hanno riempito quattro macchine e hanno sofferto di solitudine in un settore ospiti vuoto, ma lo spettacolo, domenica, era tutto granata.

Due settimane fa avevo visto un tizio scendere dall’auto al semaforo e inveire contro un gruppo di tifosi che attraversava la strada: maledetti voi e le vostre partite, è mezz’ora che giro per trovare parcheggio a casa mia!

Eh…croce e delizia di abitare in via Filadelfia.

Spero che quel tizio domenica se ne sia andato al mare per le vacanze di carnevale, perché lo stadio…era pieno! E spero che la prenoti per tutta la primavera la camera al mare, perché vorrei una Torino invasa dai tifosi granata ogni volta di più.

Già, vuoi per i risultati di periodo, vuoi perché le donne pagavano un euro in prossimità dell’otto marzo, è stata tanta la gente che ha avuto voglia di esserci, contro il Chievo. Io che invece mi sento quasi obbligata a non mancare quando le cose traballano, domenica a vedere tutte quelle persone in granata muoversi intorno, mi sono emozionata. Le persone sono pacchi di energia e stando vicini l’energia comincia a muoversi e si compenetra, moltiplica. Alla fine del primo tempo mi chiedevo come avessero fatto i ragazzi a non lasciarsi galvanizzare maggiormente dal pubblico che li spingeva su ogni pallone. Ma il Chievo stava stretto stretto, certo, e per bucare il muro di chi gioca con denti e unghie per salvarsi, ci sono voluti 76 minuti di gioco abbastanza anonimo. Dopo il tiro caricato da mesi di costante lavoro del Gallo, ho pensato che noi siamo davvero quel Toro lì, quello che non vive di evidente superiorità tecnica o di fenomeni che la partita la giocano da soli, sufficienti a se stessi. No, siamo quelli che contro il Chievo faticano a prendere respiri lunghi dal centrocampo e vincono per impegno, anche un po’ per la fortuna che abbiamo capito amare chi ci crede e sorride. Siamo il capitano che dopo la partita non parlerà di quel gol come una grazia che anelava da settimane, ma come di un elemento che si aggiunge a un lavoro intenso che impone a se stesso da tanto, e che da tanto gli dà soddisfazione. Assomigliamo a quel capitano che non ha ripetuto la stagione record dei 26 gol, ma che ha conquistato chi ha imparato ad amare la sua voglia, prima dei suoi gol.  

Siamo Rincon che non si ammala di panchinite se non comincia la partita come titolare, ma che quando è dentro scombina il Chievo con l’irruenza di chi vuole esserci. E siamo Zaza che segna. In coppia con Belotti, segna. Zaza che finalmente ha fatto qualcosa – oltre al gol – che sono riuscita ad apprezzare: il bacio messo nella mano e spedito alla curva. L’imponderabile fattore umano che, fatto un gol, ne chiama altri due. Il calcio delle persone.

 

E poi domenica siamo stati il Toro dell’orgoglio, quello che regala i record. Un lungo tempo di imbattibilità di Sirigu e del Toro che avrà inorgoglito innanzitutto il Giaguaro che, prima di essere il detentore del record della battuta imbattibilità, è una bandiera del Toro. 

Il piacere dolce di vincere lo assapora di più chi ha avuto spesso in bocca il gusto acre delle sconfitte. Che delizia.

Aggiunti i tre punti, terminata l’ola dei calciatori sotto le curve, lo stadio si è svuotato pian piano. Sulle scale, senza la voglia di andarmene, ho cambiato canzone: tu chiamale se vuoi, emozioni…

MARIA GRAZIA NEMOUR - Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.