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E lo stadio era pieno

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Sotto le Granate / Torna su TN la tagliente rubrica di Maria Grazia Nemour, che questa volta commenta il pareggio del Toro contro l'Inter
Maria Grazia Nemour

Sabato lo stadio era pieno. Pieno grazie agli interisti, questo è indubbio, comunque pieno. Solo al derby, l’ho visto più zeppo di così.

Le persone una vicino all’altra sviluppano un’energia che diversamente in natura non si scatena, e più sono, le persone, più l’aria che si respira agita, eccita.

E se l’effetto stadio colmo, visto da un seggiolino, è questo, mi chiedo che iniezione di adrenalina debba essere per chi pesta il campo e, alzando la testa, vede gonfiare la Maratona della scritta ‘TORO’ alta venti metri. Sabato, allo stadio, si sono accesi tutti i granata, giocatori e non. Tutti tranne Ljajic. Per lui neanche un’iniezione di adrenalina sparata in petto da John Travolta, basterebbe.

Sabato no, non abbiamo vinto, ma è stato uno degli spettacoli più esaltanti in cui si è esibito il Torino negli ultimi mesi.

Non abbiamo vinto, ma era impossibile non  stare col fiato sul collo di Acquah nelle sue ripartite, non spingerlo, nelle riconquiste. Impossibile non saltare in aria davanti a un pallone che le umane geometrie non possono fare entrare in rete, e invece…invece i più critici dicono che solo i piedi storti di Acquah, potevano direzionare a quel modo la palla. Io, dico che piedi storti o dritti, è stato un numero degno di essere ricordato.

Non abbiamo vinto ma il centrocampo ha tessuto idee e le ha giocate, tutte.

Non abbiamo vinto ma la personalità del Toro si è spiegata in un Acquah che ha la forza di Poseidone e se non sfodera altrettanta finezza, pazienza; un Baselli esile ma lesto e meticoloso nell’inventare possibilità; un Molinaro che non ha la velocità di Barreca ma non ha bisogno che qualcuno gli spieghi cosa fare, mentre Barreca prende fiato.

Il Toro ha personalità se ne diversifica l’espressione.

Non abbiamo vinto nonostante gli interventi salvifici di Hart, e non abbiamo perso nonostante sporadicamente vada a caccia di farfalle, Hart. Il Toro apprezza gli originali, li sa comprendere e valorizzare. Difendere, se è il caso. L’amato Hart farebbe un regalo a se stesso prima che al Toro, rimanendo.

Non abbiamo vinto nonostante un Belotti oltremodo famelico, con 22 gol in pancia e tanti calci e spintoni addosso. Quanti falli non fischiati ha subìto sabato? Quindici, venti?

Non abbiamo perso nonostante Banti sia stato intransigente col Toro (Ljajic ha dovuto usare il goniometro per sistemare il pallone del calcio d’angolo) e casualmente girato, ogni volta il gioco dell’Inter lo richiedeva.

E non abbiamo perso nonostante Miha sia un giocatore d’azzardo. Irrecuperabile. Ma talmente irrecuperabile da infilare a fine partita una quarta punta (un’amata, quarta punta) a scapito di un centrocampo bilanciato, che aveva sfilacciato la trama dell’Inter.

Questo è carattere?

“Se non vedo carattere, i ragazzi sanno che succede” ha detto Miha, e mi ha incuriosita, me lo sto ancora chiedendo, che succede. Perché sarebbe grandioso scoprire che le minacce sanno tarare l’equilibrio delicato di una squadra di giovani talenti milionari, fino a renderla vincente. Si potrebbe militarizzare la serie A, nel caso.

Per me il carattere si esprime in scelte coraggiose ma mai avventate. Rischi consapevoli. La temerarietà del generale la scontano i soldati, e tra questi si contano 11 giocatori,  per il resto, sono tifosi.

Non abbiamo vinto, ma dovremo farlo con Udinese, Cagliari, Crotone, Chievo e Sampdoria, oltre a sfidare l’Innominata, certo. E se giochiamo con l’anima e il corpo di sabato, si può vincere, sì.

Insomma, non abbiamo vinto ma nel bel mezzo di uno stadio gremito si è visto un gran Torino dar battaglia a un’Inter che si batteva per la Champions. E va bene così.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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