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E ora qualcuno metta dei paletti ai giocatori (e ai loro procuratori)

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata della Porta Accanto / Donnarumma, Raiola, ma anche i rinnovi telenovelas come quello di Baselli: servono nuove regole che restituiscano valore ai contratti

Si sa, c'è stato un prima e c'è un dopo, che è poi quello che stiamo vivendo adesso. Il calcio prima della famosa sentenza Bosman era in mano alle società, le quali, proprietarie dei cartellini dei giocatori, potevano farne quello che volevano. Poi le cose sono cambiate, per certi versi in meglio, ridando dignità alle scelte professionali dei calciatori e restituendo loro la possibilità di incidere sulla propria carriera. Come ogni sistema, però, c'è sempre il rischio che si inneschi qualche fattore distorsivo che ne pregiudichi la stabilità: il fattore inaspettato per gli equilibri del calcio è stato il crescente potere acquisito dai procuratori, figure professionali una volta indispensabili per tutelare in sede di trattativa contrattuale i calciatori ed oggi veri e propri deus ex machina delle composizioni delle rose delle squadre. Il quadro in un quarto di secolo si è completamente ribaltato: lo strapotere delle società è finito nelle mani dei giocatori, che di fatto l'hanno "consegnato" (o per  meglio dire si sono consegnati) quasi completamente nelle mani dei procuratori.

Raiola, Mendes, Ramadani sono gli eredi molto più potenti dei Pasqualin, dei Bonetto, in parte anche dei Moggi. Uomini che guadagnano cifre mostruose (sebbene questo di per sé non sia un male in valore assoluto) spostando come pedine su di una scacchiera i propri assistiti. Inutile citare il caso Donnarumma: è solo l'episodio più eclatante di quanto fuori controllo sia ormai il sistema calcio anche sotto questo punto di vista.

Lungi da me voler difendere le società, però si sta perdendo un principio fondamentale che regge qualsiasi tipo di business: il controllo e la redditività degli investimenti. Le società sono quelle che mettono i soldi sui cartellini dei giocatori, rischiando parecchio già solo per il fatto che le prestazioni dei propri "acquisti" non sempre sono all'altezza del valore pagato per ottenerle. Normale rischio di impresa, in effetti. Quello che invece non è normale è il paradosso opposto: se il calciatore eleva il proprio standard qualitativo, quasi immediatamente, di solito orchestrato dal procuratore di turno, parte il "ricatto" per ottenere o un aumento di ingaggio (e questo può ancora rientrare in una logica "sindacale" di miglioramento salariale legata ad una superiore produttività) o una cessione ad un club più prestigioso che di solito fa anche rima con più generoso se parliamo di remunerazione.

Una prassi sempre più collaudata e perniciosa che fa leva spesso sulla scadenza dei contratti e sulla minaccia dello svincolo a parametro zero.

Al Toro ci ricordiamo bene i casi D'Ambrosio e Maksimovic, ma ogni anno è uno stillicidio di richieste di rinegoziazione contrattuale oltre a pseudo richieste di promesse di cessione. Certo la politica poco ambiziosa sul profilo sportivo ed il monte salariale forse eccessivamente contenuto nel suo ammontare non aiutano i migliori giocatori granata ad essere invogliati a restare per tanti anni alla corte di Cairo. E se il presidente ben si guarda dal "tarpare le ali" ai gioielli di famiglia, lenito nel dolore della perdita dall'effetto taumaturgico delle corpose plusvalenze che puntualmente mette a segno, resta di fondo un problema del calcio in generale verso il quale le società dovrebbero schierarsi compatte per ottenere da Fifa e Uefa regole più eque.

A mio parere il fenomeno si può limitare in poche e semplici mosse. Non credo molto al tetto che la Fifa vorrebbe imporre sulle commissioni da corrispondere agli intermediari, sebbene possa essere comunque una misura per certi versi corretta da adottare. Il problema andrebbe estirpato alla radice. Più che i costi di commissioni, sono i potenziali ricatti ad essere penalizzanti per le società. Prendiamo il caso Baselli. Si sta trattando il rinnovo col giocatore, per evitare il rischio che il centrocampista possa svincolarsi alla scadenza dell'attuale contratto non riuscendo a ricavare dalla sua eventuale cessione o addirittura a perdere il consistente investimento con cui era stato prelevato Atalanta. Sebbene in questo caso ci possano essere le condizioni per un ritocco salariale vista la crescita del giocatore nella seconda metà del campionato, dovrebbe però esistere una norma che impedisca che il giochetto possa essere fatto ogni anno in base alle prestazioni. L'ideale sarebbe che i contratti non possano essere rivisti prima di un tot di tempo, come la metà del periodo naturale della loro durata (ad esempio prima di due anni se il contratto ne dura quattro) o che possano contenere delle clausole di salvaguardia che tutelino la società da richieste di aumento (ad esempio se i risultati sportivi sono peggiorati rispetto all'anno precedente).

C'è poi la grossa questione delle pressioni dei calciatori per liberarsi dal vincolo contrattuale col proprio club ed accasarsi in un altro: qui bisognerebbe essere innovativi e valutare che il valore del cartellino di un giocatore fa parte della valutazione patrimoniale della società. Perdere un calciatore a parametro zero è un colpo duro per le finanze di un club. La Fifa dovrebbe intervenire direttamente e tutelare pesantemente le società contro lo strapotere dei calciatori: ad esempio riconoscendo comunque una percentuale del costo del cartellino a chi “approfitta” dei parametri zero (che così smetterebbero di esserlo di fatto: perdo Baselli a fine contratto ma chi lo prende mi paga comunque il 30/40% del valore mio d'acquisto). Oppure creare una norma per cui i giocatori fino ad una certa età, diciamo per esempio fino ai 26 o 28 anni, abbiano una clausola di rinnovo automatico fino a quell'età sullo stile degli affitti con il 4+4, evitando così che i talenti giovani possano, in concreto, svincolarsi.

Idee ce ne sono tante, anche migliori di quelle da me velocemente esposte, ma quello che occorrerebbe davvero è comunque semplice da capire: alcune efficaci misure per contrastare lo strapotere dei calciatori e dei loro procuratori. Ne va del bene del calcio e, più in generale, dell'affezione della gente verso uno sport che sta perdendo troppo della sua essenza originale.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.