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columnist
Credo che sia un buon momento per firmare un armistizio tra accontentisti e maicuntent, guelfi e ghibellini del mondo granata.
Vale nella vita come nel calcio: la verità non sta mai da una sola parte; se una coppia si disfa, è responsabilità sia del marito sia della moglie; se un’amicizia si rompe, evidentemente è successo qualcosa da ambo le parti.
Il manicheismo (dottrina religiosa sorta nel III secolo d.C in ambiente iranico, ed è tutto detto) è uno dei più grandi cancri della storia dell’uomo, non a caso la scintilla da cui è scoccata ogni dittatura. Esagerare l’inconciliabilità tra i due principi del bene e del male è un modo per non porsi domande, per non dubitare mai della propria idea, per legittimare ogni violenza in nome di una convinzione assoluta.
La realtà è diversa: non esistono solo il bianco e il nero e ogni volta è necessario andare alla scoperta delle sfumature, soltanto cosi si possono produrre pensieri efficaci.
I tifosi del Toro si trovano in una situazione paradossale, quasi hanno paura di esprimere la loro opinione nel timore di venire azzannati dai sostenitori della fazione avversa: i cosiddetti “maicuntent” vengono invitati a tifare per la squadra di Venaria se si lamentano dell’ennesima eliminazione dalla Coppa Italia o del solito campionato da metà classifica o di mister Mazzarri che pareggia a Ferrara e poi afferma in tivù che il campo della Spal è una bolgia infernale in cui gli arbitri sono condizionati. Gli accontentisti, invece, sono insultati in ogni modo se godono del pareggio di Napoli o celebrano la forza della difesa del Toro o esultano per i trionfi della Primavera.
Diamoci una regolata, firmiamo un armistizio e proviamo a sotterrare l’ascia di guerra.
Gli amici del sito che leggono i miei articoli sanno che sono molto severo con la società e ritengo che, alla luce delle possibilità economiche e mediatiche di Cairo, i risultati ottenuti dal Toro siano insufficienti da quattordici anni a questa parte, ma oggi mi preme sottolineare alcuni aspetti che neanche il più feroce dei maicuntent può negare.
Partiamo dalla prima squadra. Abbiamo scavallato gennaio (da anni sepoltura di tutte le nostre velleità) e, nonostante cinque o sei punti rubati dal Var, siamo a soli tre punti dal settimo posto. Non solo; sabato ci giochiamo contro l’Atalanta uno spareggio per l’Europa e poi avremo tre partite (Chievo, Frosinone e Bologna) in cui è legittimo sperare di incamerare molti punti. Insomma, se va come tutti noi ci auguriamo, quest’anno non trascorreremo gli ultimi mesi della stagione a sbadigliare e a portare a spasso il cane. La squadra gioca male, è vero; Mazzarri si sta rivelando una via di mezzo tra Rocco e Trapattoni, ma da quattro partite non prendiamo gol, siamo la quarta difesa del campionato e nelle ultime quattro partite abbiamo fatto otto punti. Critichiamo pure, ma la squadra merita il massimo sostegno e sabato è doveroso riempire lo stadio per una partita che si annuncia decisiva.
La nostra Primavera ci sta facendo sognare: è seconda in campionato, ha appena vinto il derby, ha un bomber meraviglioso come Millico e mercoledì può sollevare la Supercoppa. I ragazzi di Coppitelli non sono i soli a darci soddisfazioni; anche gli Under 16 hanno asfaltato i bianconeri di Venaria e vederli cantare nello spogliatoio “Torino è stata e resterà granata” ci ha riempito il cuore d’orgoglio.
Le buone notizie non sono finite: in settimana, dopo un iter burocratico alle soglie del comico, il Robaldo è stato ufficialmente affidato in concessione al Torino. Entro un paio di anni avremo una cittadella granata che riunirà tutte le nostre giovanili, non è cosa di poco conto.
Segnali rosei anche sul fronte del Filadelfia, rispetto al quale il Credito Sportivo si è detto disponibile a finanziare il secondo e il terzo lotto, le parti del progetto che comprendono il restauro dei monconi storici della curva, la costruzione della sede sociale e della foresteria e la ricollocazione del Museo del Grande Torino. Infine il progetto Academy, nel quale sono ormai coinvolti 14mila ragazzi per un totale di 40mila famiglie, un progetto importante per riavvicinare il Toro al tessuto sociale.
Ovvio, alcune cose sono infinitamente irritanti, in primis la latitanza di Cairo sul fronte del Filadelfia (con 7 milioni completerebbe il Tempio, entrerebbe nella storia granata e riuscirebbe a farsi amare, cosa che evidentemente non è una sua priorità) e il totale silenzio sulla necessità indifferibile dello stadio di proprietà, ma proviamo per un momento a lasciarle in stand by (tranquilli, le riprenderemo… non concederemo sconti a nessuno) e concentriamoci su ciò che di positivo sta avvenendo in queste settimane.
Soltanto individuando le mele buone, infatti, diventa più credibile e utile, poi, andare alla ricerca delle mele da gettare. Buttare nel cesso l’intero raccolto è da masochisti e non porta a nulla, se non ad esacerbare lo scontro in atto tra le diverse fazioni della tifoseria.
La prima squadra è in lotta per l’Europa, la Primavera può vincere su tutti i fronti e il clima intorno a noi tende al sereno. Con i sentimenti, con la voce, con la nostra presenza allo stadio, stiamo vicini al Toro. Di tempo per tirare le somme ne avremo in abbondanza
Marco Cassardo, esperto in psicologia dello sport e mental coach professionista. E’ l’autore di “Belli e dannati”, best seller della letteratura granata
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