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GRAN TORINO

Eraldo e le sue freddure

Eraldo Pecci ai tempi del Torino (foto ecorisveglio)
Torna "Gran Torino", la rubrica a cura di Danilo Baccarani
Danilo Baccarani
Danilo Baccarani Columnist 

Fu una Epifania beffarda.

Soleggiata, glaciale e beffarda.

Questo è il ricordo del 6 gennaio 1985.

Per introdurre Toro-Fiorentina di sabato in un Olimpico Grande Torino che si presenterà umido e piovigginoso, ritorniamo indietro di trentaquattro anni e al campionato che il Toro terminerà al secondo posto dietro all’Hellas Verona.

A leggerla ora, una frase così suona incredibile ma quello fu uno degli ultimi campionati in cui le cosiddette outsider arrivarono fino in fondo, un campionato in cui le squadre a strisce non riuscirono a portare a casa il titolo, lontane dalle posizioni di testa. Fu il primo campionato italiano di Maradona, diamante incastonato in un Napoli operaio, ma fu soprattutto la vittoria della provincia e di una squadra partita a fari spenti e divenuta, ad un certo punto, a dir poco inarrestabile, capace di raccogliere due sole sconfitte in trenta partite.

Il Toro? 
Beh, il Toro arriverà secondo e nella mia personalissima classifica delle delusioni, questo campionato sopravanza persino la notte di Amsterdam. Innanzitutto perché sono molte le occasioni buttate al vento: qualche sconfitta evitabile, ma soprattutto troppi pareggi che gridano ancora oggi vendetta. Arriviamo secondi a quattro punti da Bagnoli, Elkjaer e Briegel, dalle parate di Garella e anche dalla Dea Bendata che vestiva i colori gialloblù.

Proprio contro una grigissima Fiorentina arrivano due pareggi.

Uno, quello casalingo per 2-2 nella partita di andata e l’altro, uno scialbo 0-0 con frutta, uova marce e verdura per i padroni di casa, quando oramai i giochi scudetto sono belli che fatti. Il Natale appena trascorso è oramai un ricordo. Il giorno dopo si torna a scuola, ben coperti, perché l’Italia, soprattutto al Nord, è stretta nella morsa del gelo.

Una vera e propria ondata di freddo arriva direttamente sulla nostra Penisola e ci ritroviamo, dopo un inizio di inverno piuttosto mite, con temperature sottozero.

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L’ultimo giorno di festa da scuola cade di domenica e quel lunedì si appresta ad essere il più blue dei blue monday di sempre.
Io e papà andiamo allo stadio. C’è il sole anche se la temperatura segna un discreto meno cinque e i gradoni dello stadio restituiscono tutto il freddo possibile.

Toro-Fiorentina è la partita degli ex. Nelle fila del Toro, militano Galbiati e Caso, in panca nei viola c’è Pulici e in campo c’è Piedone Pecci. Pleonastico aggiungere che i due più acclamati sono proprio questi ultimi, per i loro trascorsi, per quello scudetto storico e per i grandi ricordi lasciati sotto la Mole.

Pulici è acclamato e portato a spalle sotto la Maratona con tanto di mazzi di rose, applausi e qualche lacrima di commozione, mentre Pecci è addirittura capitano di una Fiorentina di transizione, con Socrates genio incompreso e Valcareggi in panchina.

La partita è spumeggiante. Il Toro dirige le operazioni e gioca un buon calcio: Junior e Dossena governano il centrocampo e in copertura i granata sanno far valere il loro spirito di sacrificio.

Junior impegna Galli, che sarà uno dei migliori in campo, ma prima, sempre sul brasiliano, è il turno di Pin che salva sulla linea un gol già fatto. La Fiorentina è incolore. Il Toro insiste e trova il gol con Dossena che al volo, di destro, da fuori area, batte Galli per il provvisorio uno a zero.

Gli uomini di Valcareggi sono intorpiditi dal freddo: Socrates non ha mai giocato a queste temperature, Oriali e Iachini fanno legna, ma il sacro fuoco del calcio, per fortuna dei viola, è nei piedi fuoriserie di un solo uomo: Eraldo Pecci.

Pecci credo, senza timore di smentita, sia uno dei personaggi calcistici più divertenti di sempre.

Impossibile non volergli bene per via di quell’accento romagnolo, le battute non sense, la risata schietta e i modi diretti e scanzonati, la grande capacità di non prendersi mai troppo sul serio.

Eraldo è il compagno di banco che tutti vorrebbero, l’amico con cui uscire a fare serata, lo zio che ti compra le figurine, quello che ti fa ridere. Quel giorno, però, sarà proprio lui a farci piangere.

Sul finire del primo tempo, il Toro va vicino al raddoppio ma Dossena spara addosso a Galli e si va al riposo sull’uno a zero.

Quando si rientra in campo, probabilmente i granata credono di aver già vinto la partita.

Non è dell’avviso Pecci che, complice un’errata interpretazione del fuorigioco della difesa del Toro, si ritrova solo davanti a Martina: ingresso in area e destro a incrociare. Uno a uno e palla al centro.

Una doccia fredda, più fredda del clima artico presente a Torino.

Apparentemente non sembra cambiare nulla. Il Toro carica di nuovo come se niente fosse e i due stranieri sono ancora una volta croce e delizia. L’austriaco Schachner spara altissimo da ottima posizione e Junior, ancora lui, sempre fortissimamente lui, impegna Galli con una bordata su punizione.

La pressione cresce, la Maratona si scalda e Francini guadagna un rigore molto simile a quello che il Toro ha regalato lunedì in quel di Roma.

Al posto di Sazonov c’è il meno esotico Pin che abbatte Francini appena dentro l’area di rigore. Junior si incarica di battere la massima punizione: piatto destro che spiazza l’ottimo Galli. Toro due, Fiorentina uno. A questo punto in quel catino che era lo Stadio Comunale, tutti pensano che la partita sia in pugno dei granata.

Tutti, tranne uno. Già, proprio lui, ancora lui, Eraldo nostro.

Il Toro si sgonfia, subisce qualche contropiede di troppo, e viene beffato a dieci minuti dalla fine.

Calcio d’angolo corto, cross, palla respinta che arriva al limite dell’area dove Gentile sbuccia malamente. La palla prende una strana traiettoria che buca tutta la retroguardia e finisce sui piedi di Pecci che dal limite dell'area piccola trafigge Martina per il pareggio. Due a due.

Prima e unica doppietta in carriera per Pecci, proprio contro il Toro, il suo Toro, la squadra a cui è ancora legato da un grande sentimento d'amore e di riconoscenza. Sembra una delle sue migliori battute, di quelle che ama raccontare ancora oggi nei ritrovi tra ex compagni o in tv quando è ospite di qualche trasmissione televisiva.

C’è ancora tempo per prendere freddo, tanto, per vedere Galli volare da un palo all’altro su Dossena e soprattutto per assistere ad un incredibile quasi autogol di Contratto su tiro di Zaccarelli. Finisce due a due, il freddo continuerà imperterrito e circa una settimana dopo Torino verrà investita da una grande nevicata.

Abitavo in un appartamento al settimo piano, in Via Breglio, zona Borgo Vittoria e sul nostro terrazzo si posò una quantità di neve mai vista. Durante il giorno, la nonna la raccoglieva e ne faceva granite per la merenda, la sera, papà la spalava e, aspettando l’ok di mamma, appostata da basso ché non ci fosse nessuno, la buttava giù con una pala.

Avevo appena compiuto dieci anni.

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