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columnist
Lo sport è gioia, è freschezza, è vitalità, ha i suoi lati duri, gli allenamenti, i sacrifici, i dolori fisici e quelli mentali legati a fallimenti e sconfitte. Lo sport è competizione, è sudore, è una lotta contro sè stessi e contro gli avversari. Lo sport è, in tempi di pace, la massima espressione di quell'innato e pericolosamente devastante istinto dell'uomo di primeggiare sui propri simili. E' in definitiva la più grande allegoria che riproduce la vita umana: successi e insuccessi, gioie e dolori, spirito di squadra ed individualismo totale.
Lo sport è tutto questo e mille altre cose ancora, ma non dovrebbe, mai, essere associato alla morte. Quando se ne va uno sportivo ancora in attività, grande campione o illustre sconosciuto che sia, non si può rimanere indifferenti perchè è una delle cose più innaturali che possano accadere in questo mondo. Eppure capita, per fortuna di rado, ma capita. Capita a chi stramazza sulla linea del traguardo o a chi si accascia in campo e non si rialza più. Tutti i giorni muoiono ragazzi giovani per un incidente o per una malattia o per tragiche fatalità, ma quando è uno sportivo a lasciarci la cosa fa più sensazione. E' brutto dirlo ma è così. Sarà la pressione mediatica attorno agli atleti, sarà l'incredulità nell'accettare che "macchine" così perfette capaci di raggiungere le vette dei propri sport si arrendano in giovane età alle leggi crudeli della natura.
Purtroppo pochi giorni fa è successo a Pontus Segerstrom, trentratrenne giocatore del Brommapojkarna, simpatica squadra svedese capace di passare due turni preliminari di Europa League e di venire eliminata dal Torino nel terzo disputatosi quest'estate. Segerstrom, giocatore di discreto livello vincitore in carriera anche di uno scudetto in Norvegia, era il capitano di quella squadra che ha affrontato i granata venendo agevolmente battuta sia all'andata che al ritorno. Mentirei se dicessi che mi ricordo di lui o di come ha giocato contro il Toro, però non nego che la notizia mi abbia profondamente scosso. Un giovane, qualunque giovane, non dovrebbe andarsene in meno di due mesi stroncato da un male incurabile...
La storia del Torino è forse una di quelle più ricche di eventi luttuosi. Inutile citarli tutti. Dal Grande Torino a Ferrini, passando per Meroni, la morte troppo spesso ha bussato alla porta di questo club. Chi meglio di noi può avvicinarsi a capire cosa stanno passando i tifosi del Brommapojkarna? La morte non ha bandiere, è una livella come diceva Totò. Eppure in questo caso, non solo per la coincidenza fatidica che il prode Segerstrom abbia giocato la sua ultima partita proprio contro il Toro, credo che nessuna società come il Torino e nessuna tifoseria come quella granata possa essere vicina a chi sta vivendo questo bruttissimo momento nel sobborgo della capitale svedese.
Allora mi chiedo: perchè non rendere omaggio ad un capitano che è stato un avversario fiero e leale del nostro Toro dedicandogli uno striscione in Maratona? Che sia domenica contro l'Udinese o, ancora più significativamente, giovedì nel match di Europa League contro l'Helsinki, sarebbe un gesto che dimostrerebbe ancora una volta quanto il tifo granata sia speciale e, soprattutto, molto al di sopra di questo brutto e ipocrita moderno calcio business. Segerstrom affrontando il Toro sapeva che si sarebbe trattato di uno scontro impari, ma ha dato tutto se stesso ed è uscito dal campo come un capitano dovrebbe sempre fare: a testa alta. E non mi è difficile immaginare che abbia lottato fino alla fine con tenacia e dignità per sconfiggere la propria malattia. Che abbia perso è inaccettabile per la sua famiglia, per gli amici e per i suoi compagni che lo hanno visto andarsene per sempre, ma forse non per lui che sapeva quanto ciò fosse possibile, proprio come nelle centinaia di partite che ha giocato. Ha perso, ma non ha mollato. Fino alla fine. Una lezione triste, ma che in fondo fa parte di quello che noi chiamiamo "tremendismo granata", una lezione che ogni domenica i padri trasmettono ai figli sui gradoni della Maratona affinchè serva loro anche nella vita di tutti i giorni.
E allora se il massimo segno di rispetto sarebbe vedere la squadra di Ventura con il lutto al braccio, se ciò non fosse possibile per qualche assurdo cavillo burocratico, almeno spero che nel cuore del mondo granata, la curva Maratona, i tifosi del Toro si distinguano ancora una volta e rendano omaggio ed onore agli ultimi maledettissimi, e un po' granata, mesi di vita di Pontus Segerstrom. Riposi in pace.
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