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columnist
Quando segna il Toro, tendenzialmente, esultiamo. In certi casi in maniera composta, in altri con gioia grande, ma tutto sommato normale, in altri ancora diventiamo come Gassman allo stadio ne “I mostri”. Al gol non si comanda, così se a volte ci troviamo a festeggiare in questa maniera per reti che saranno realmente decisive per i fini della stagione, altre lo facciamo per marcature che, a fine anno, non ci serviranno per salvarci, andare in serie A, andare in Europa. Il fatto è che quando la palla gonfia la rete non lo sai e ti ritrovi a urlare per queste reti come al gol di Ferrante al 93’ al Napoli nel 1999 o all’uno-due di Immobile e Cerci contro il Genoa o al provvisorio pareggio di Darmian nel derby. Qui faccio una mini-classifica, totalmente soggettiva, di quando abbiamo perso momentaneamente il lume della ragione e, a fine campionato, abbiamo ugualmente masticato amaro, nonostante quel momento dolce.
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5 Jurgen SAUMEL in TORINO-PALERMO 1-0 (2008/2009)
La stagione 2008/2009, iniziata con uno squillante 3-0 sul Lecce, diventa subito una via Crucis tra prove incolori e una serie di nefandezze arbitrali pazzesche, ultima in ordine di tempo un gol annullato a Marassi ad Amoruso, contro la Samp, senza nessun fondamento logico. Si spande nell’aria un odore mefitico che conosciamo bene, ma in casa contro il Palermo, nel tardo pomeriggio di un sabato di inizio novembre, proviamo a scacciarlo.
I rosanero vanno vicinissimi al gol per primi con una traversa di Miccoli da distanza siderale e Cavani che ci grazia sulla respinta, poi è solo Toro, il migliore stagionale, trascinato da uno Dzemaili pazzesco che colpisce due pali, uno clamoroso nella ripresa su diagonale da fuori con Amoruso che segna sulla respinta, ma si vede ancora annullare la rete per un fuorigioco millimetrico. In mezzo c’è Barone che scheggia la traversa, per buon peso.
Sembra la solita partita stregata, poi, all’89’, Ogbonna butta da sinistra un pallone senza troppe pretese, la difesa avversaria respinge di testa e la sfera arriva poco dopo la lunetta a Jurgen Saumel, onesto centrocampista austriaco, che impartisce una lezione su come coordinarsi per un tiro al volo e riesce a tenerla bassa. Niente legni, niente parata di Fontana, solo rete. La o di gol esce perfetta dalla curva Maratona, quasi risucchiando il pallone. Usciti dallo stadio pensiamo a quelli che ci dicono “chi te lo fa fare di tifare” e gli rispondiamo “per momenti come questo”. Ma tanto non potrebbero capire.
Sembra la svolta, capiamo subito che non lo è dalla grottesca sconfitta a Catania la domenica successiva (tripletta di Mascara, Plasmati che si abbassai i pantaloncini in barriera, la storica lite Zenga-Varriale dopo il match) e in un rutilare di prestazioni pessime, sfiga, torti arbitrali, cambi di allenatore e biscotti vergognosi, andremo in serie B.
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4 Alessandro ROSINA in TORINO-RIMINI 3-2 (2007/2008)
E’ un Toro che sogna, quello di inizio 2007/2008. La stagione è cominciata con un brillante 2-2 in casa Lazio marchiato da un meraviglioso cucchiaio di Rosina che si candida a essere uno dei gol dell’anno e da una zuccata di Vailatti che, a sua volta, si propone come il giovane su cui puntare. Aggiungiamoci che sta per arrivare Recoba e questo spiega perché vediamo il mondo più rosa, anzi, più granata che mai.
Anche l’avvio di Coppa Italia contro il Rimini è dolce. Ventola è pronto a mettere dentro dopo la respinta di Pugliesi sul colpo di testa di Bjelanovic e poi, di tacco, restituisce palla a Barone permettendogli di raddoppiare. Il 2-0 resiste fino a 5’ dalla fine senza che nulla faccia presagire qualcosa di diverso dalla vittoria.
Poi impazziamo e nel giro di 2’ ci ritroviamo a un passo dai supplementari per i gol di Valiani e Ricchiuti con difesa impalata in modo inquietante. Il sorriso si spegne, inizia a montare l’incazzatura.
Incazzatura che cresce nel recupero: Rosina travolto in area, De Marco lo ammonisce per simulazione. La decisione del sosia di Baglioni sembra fatta apposta per far andar fuori di testa e la curva inizia a ribollire come una pentola a pressione. A inizio supplementari Rosinaldo riprova il cucchiaio di Roma, ma centra la traversa. Siamo pronti a esplodere, bisogna solo usare il giusto detonatore e il nostro dieci lo fa al 97’, quando parte da metà campo in progressione e ai venti metri lascia partire un bolide di sinistro degno di Policano che finisce nel “sette”. Immaginate il boato, impensabile all’85’. Un ruggito liberatorio da occhi fuori dalle orbite. Si passa il turno, con un brivido finale (traversa di Porchia, coi romagnoli in dieci per l’espulsione di Cristiano causata da Rosina), ma si starà fuori subito dopo contro la Roma (illusorio 3-1 in casa, vanificato da quattro pappine fuori). Però Madonna che gol Rosinaldo.
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3 Paolo CASTELLINI in TORINO-BOLOGNA 2-1 (2002/2003)
Il Toro 2002/2003 è il peggiore della storia, per lo meno in serie A, e la parentesi con Ulivieri in panchina è, al netto di parecchia sfiga in alcune gare, la peggiore della stagione peggiore, giusto per dare un’idea. Eppure una sera ci avevamo creduto.
La sera del sei novembre 2002, iniziata con tristezza per il minuto di silenzio in memoria di Capitan Signorini, spentosi quel giorno dopo anni di sofferenza a causa della Sla.
Il Toro arriva alla gara infrasettimanale contro il Bologna, recupero della prima giornata rinviata per lo sciopero dei calciatori, dopo aver vinto una partita contro il Chievo (gol di Magallanes di testa con Lupatelli che s’impapera in un modo difficile da rendere a parole) e perso tutte le altre sei. E’ già ultima spiaggia, anche se si gela.
L’inizio sembra promettente grazie a Conticchio, lesto a ribadire in rete un palo colpito da Lucarelli con un bel diagonale su passaggio di Ferrante. Il Bologna pareggia per un rigore molto dubbio conquistato e trasformato da Vanoli su cui Ulivieri si prende l’ennesimo rosso in carriera per proteste. Per poco non andiamo sotto su una punizione da lontanissimo di Zanchi che colpisce il palo, ma all’intervallo è 1-1.
Nella ripresa attacchiamo con tutta la nostra mediocrità, ma generosamente. Ferrante si vede negare un netto rigore, poi, di testa, va vicinissimo al gol e si dispera facendo più o meno gli stessi gesti con la testa che fa quando segna, tanto che qualcuno in curva esulta. Siamo in uno state di prostrazione tale che abbiamo le traveggole. Ma, dopo aver rischiato di beccare gol con un tiro a fil di palo di Amoroso, all’88’ è la volta buona. Osmanovsky, gettato nella mischia, crossa da destra sul palo lontano. La palla sorvola tutti, ci vorrebbe qualcuno che arrivi in corsa e la sbatta dentro. E arriva.
Paolo Castellini è stato tra i meno positivi l’anno prima e si è beccato una poco simpatica contestazione a inizio stagione. E’ lui che si coordina perfettamente e colpisce al volo. E’ lui che, paradossalmente, è tra i pochi a salvarsi in quel campionato orrendo (rimarchevole anche un’azione personale a Udine conclusa con assist solo da spingere dentro da Lucarelli, che ritrova il gol in A dopo mesi). E’ lui che impatta benissimo il pallone che, incrociato perfettamente, finisce nel sacco.
Mentre Castellini esulta come un matto con gli occhi spalancati, la Maratona esplode, ci si ritrova giù di sei o sette fila, si urla, si continua a urlare, forse qualcuno ha continuato anche fuori dallo stadio, a casa, nella notte. Castellini dedica il gol a Camolese, che ha sempre creduto in lui a dispetto di tutto. Ulivieri non se la prende, quella sera va bene, è la sera in cui ci crediamo. Dalla domenica successiva, a Perugia, si ricomincerà tranquillamente a perdere.
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2 Marco FERRANTE in VENEZIA-TORINO 2-2 (1999/2000)
Pane duro per il Toro del Mondonico-bis appena risalito in massima serie che inizia in maniera incoraggiante, ma poi ne perde sei di fila e piomba in zona retrocessione. La vittoria a Piacenza nel finale riaccende la luce, il 2-1 interno col Bologna la mantiene viva. Un buon segno sembra anche l’arrivo del nazionale croato Jurcic, alla cui conferenza stampa di presentazione partecipa persino “Mondo”: lo fece solo per Martin Vazquez. Coi felsinei Jurcic gioca bene: gli capiterà esclusivamente in quell’occasione. Già nell’incontro successivo a Venezia, contro una diretta concorrente per la salvezza, il croato tira giù inspiegabilmente Cardone in area dopo 10’ e Ganz realizza il conseguente rigore. Raddoppia Berg con un pallonetto ravvicinato dopo un rimpallo al 38’. Sembra già finita.
Nella ripresa il Toro si butta in avanti, disperato. E a tanta disperazione, non sembra corrispondere altrettanta fortuna. Konsel devia contro la traversa un tentativo di Pecchia. Si susseguono le mischie e su una di queste, all’89’, Volpi para sulla linea una conclusione di Ferrante, ma invece del rigore più espulsione, dopo infinito conciliabolo di Bazzoli col guardalinee, arriva la segnalazione di un dubbio offside. Stavolta è proprio finita.
E’ finita sì, ma solo la prima partita di quel pomeriggio. Ne comincia una seconda quando parte il recupero ed è una partita nella quale il Toro, improvvisamente, può tutto. Tutti all’attacco, Galante centravanti e via. Al 92’ Mendez rovescia in area e trova Grandoni che, con una zampata, dimezza lo svantaggio. Sto ascoltando la partita alla radio col fido Stefano, mio migliore amico e compagno di stadio, e ci guardiamo pensando che è comunque troppo tardi. Però poi Fabrizio Bellone ci dice che il Venezia perde palla e conquistiamo una punizione nella loro metà campo e allora ci riguardiamo pensando “speriamo”. Il pallone viene buttato in area, Galante fa la torre, Ferrante su una gamba sola riesce a inventarsi una rovesciata che vale l’incredibile pareggio e, zoppicando, va sotto il settore ospite impazzito, raggiunto dai compagni, dalla panchina, da tutti. Pure da Lentini già in borghese dopo essere stato sostituito. Io e Stefano abbiamo seguito l’azione con la faccia che cambiava fisionomia nel giro di pochi secondi per poi ritrovarci urlanti sul pavimento. I miei vicini vennero a vedere se andasse tutto bene, viste le urla, ma da come stavano ghignando avevano già intuito cosa fosse accaduto. Scene analoghe saranno capitate in tutto il mondo granata su e giù per lo stivale e non ce n’è uno che non pensi che questi sono i segnali che la stagione cambia, gira, che ci salveremo di sicuro, sembra scritto nel destino.
Il 7 maggio 2000 il Toro perde malamente a Lecce e retrocede in serie cadetta in un remake del 1989. Certe scritte nel destino sono più efficaci di altre.
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1 Simone LORIA in TORINO-TRIESTINA 1-0 (2009/2010)
Nel 2009/2010 il Toro dovrebbe spaccare il mondo in serie B. A fine girone d’andata si ritrova in una pessima posizione di classifica, dopo prestazioni sconcertanti, con bruttissime voci sul proprio conto e il pubblico inferocito. Petrachi, appena arrivato a Torino, rivoluziona completamente la squadra salvo qualche eccezione (su tutti Bianchi e Sereni), pescando dalle serie inferiori o cercando giocatori ai margini e in cerca di riscatto. Arrivano D’Ambrosio, Pestrin, Barusso e tanti altri. Nasce il Toro dei “peones” che, guidato da Colantuono, si butta nell’impresa di una rimonta che pare impossibile e, invece, si sta concretizzando. Quando affronta la Triestina dei poco amati ex Riccardo Colombo e Calderoni, viene da tre vittorie consecutive (l’ultima, a Reggio Calabria, grazie a una punizione capolavoro di Garofalo, altro acquisto di gran rendimento). E’ Venerdì Santo, la gara sarà adatta all’occasione.
E pensare che l’inizio faceva presagire un match tranquillo, solo da sbloccare. Toro padrone delle operazioni e subito vicino al gol con un palo di testa di Barusso su centro di Gasbarroni. A metà tempo, però, Pestrin, leader del centrocampo granata, usa male la testa su Colombo e si becca il rosso. In dieci il Toro moltiplica le forze, in campo come sugli spalti. Piove sul bagnato: al 54’ si fa male Garofalo ed entra Rubin.
La Triestina utilizza la superiorità numerica con timidezza e il Toro è sempre pronto a ripartire, a mordere ogni pallone, a sfruttare il minimo appiglio per tre punti fondamentali. A quindici secondi dalla fine, l’ennesima ripartenza frutta un angolo. Il momento è quasi mistico: batte Leon dalla destra, Loria si libera per colpire di testa e scaraventa dentro. Io ricordo solo la rete che si gonfia, l’arbitro che indica il centrocampo e poi inizio a ululare e ad abbracciare amici e sconosciuti. Intorno a me le scene sono simili, nessuno riesce ad articolare qualcosa che non sia “uaaaargh”. Colantuono si fa male mentre viene sotto la curva, Sereni impazzisce. Siamo terzi a un punto dalla promozione diretta, saremmo stati secondi se Stellone non avesse fallito un rigore in Sassuolo-Frosinone, ma sarà comunque una buona Pasqua e siamo certi che ce la faremo lo stesso.
Invece pagheremo cara quella partita, le assenze di Garofalo e Pestrin saranno decisive nel piccolo calo che ci impedirà di salire sul treno del secondo posto. Nei playoff saremo stupendi contro il Sassuolo, ma sfortunati (e anche un pochino derubati) nella finale contro il Brescia. Ciò non toglie che ogni tanto io vada a rivedermi il gol di Loria ripreso dalla curva e, ripensando a quei momenti, sorrida ancora. Così come ho sorriso rivedendo gli altri che ho citato. Anche se sono stati inutili. Ma forse, comunque vada a finire, un gol del Toro non è mai inutile.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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