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Fai bei sogni, Toro

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Sotto le granate / "L'amore per il Toro non è altro che un modo come un altro per volersi bene"...
Maria Grazia Nemour

Le persone nella vita fanno i pizzaioli, i padri, gli ingegneri, i mariti, i figli e nel mentre, tifano Toro. Ecco, mi piacciono i protagonisti dei libri così, che viaggiano, ballano, si sposano e nel mentre, ascoltano una partita, si comprano una maglia granata. Non so se essere del Toro faccia vedere il mondo in un certo modo o se vedere il mondo in un certo ti porti a tifare Toro.

“Fai bei sogni” di Gramellini è un libro molto Toro, non tanto perché racconta di un derby vinto 4 a 0 tra le lacrime di settantamila persone sconvolte dalla notizia che Gigi Meroni, dalla sera prima, non c’era più, o perché Gramellini, sotto alle bombe di Sarajevo, nel momento di aggiungere a una lista di bambini da salvare il numero undici, pensa a Pulici e sorride, andrà tutto bene. Sbagliando.

“Fai bei sogni” è un libro Toro perché parla di un buco, qualcosa che manca. E diventa una nevrosi vorticare intorno a quello che manca. Nel libro è una mamma, quella che manca. “Fai bei sogni” è drammaticamente comico. Ironicamente triste. A tratti diventa addirittura lagnoso, compiacendosi della propria sofferenza. Vittima di sè stesso più che della vita. Ma se la madre di Gramellini non c’è più, il padre sì. Il rapporto padre-figlio imperniato sull’amore per il Toro è un modo come un altro per volersi bene. Tra un padre e un figlio, tifare, può essere il verbo più simile ad amare quando l’età è quella della rivoluzione adolescenziale o quando la vita semplicemente allontana e si scopre di aver così poco in comune. In mancanza d’altro rimane il Toro, e te lo fai bastare.

Prendi a far parte degli iniziati e cominci a ricordare gli eventi in base alle partite. Quel Toro-Mantova, quando si è sposato tuo cugino, ti ricordi? Sognare ci torna facile, a noi del Toro.

Ieri un amico mi raccontava che la suocera vede passare gatti che non esistono, parla di persone mai conosciute. Ha concluso dicendo che se finirà anche lui così, spera almeno di avere sufficiente fantasia per vedere il Toro vincere partite a ripetizione e scudetti, uno dopo l’altro. Toro da CL, Toro da Belotti capitano da qui all’eternità. Toro, è saper sognare con professionalità. Oppure Alzheimer, dipende dai punti di vista.

 

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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