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PARIS, FRANCE - AUGUST 11: Lionel Messi poses with his jersey next to President Nasser Al Khelaifi after the press conference of Paris Saint-Germain at Parc des Princes on August 11, 2021 in Paris, France. (Photo by Sebastien Muylaert/Getty Images)
“Non vendere il sole per
acquistare una candela”.
Proverbio ebraico
“Messi è stata una storia d’amore, ma il club è al di sopra di tutti”. Non poteva usare parole migliori Joan Laporta per definire quale siano i veri interessi in gioco non solo in Spagna, ma in tutto il calcio continentale. Javier Tebas, presidente della Liga, di rimando ha parlato chiaramente dei club-stato, che stanno letteralmente sconvolgendo, ormai da anni, l’eco sistema delle leghe europee, provato anche dalle vicende pandemiche. Juan Branco, giovane e controverso avvocato diventato famoso per essere vicino ai “Gilet Gialli” e a Julian Assange, ha intentato una causa contro il Paris Saint Germain per concorrenza sleale, ed è incredibile come la Uefa di Ceferin non abbia ancora deciso di muovere un dito contro un club “evasore” di ogni regola del fairplay finanziario (costantemente e in tutta evidenza aggirate), che solo sull’affare Donnarumma ha versato una commissione/scandalo di venti milioni di euro al suo agente Mino Raiola.
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La corsa a stupire nel calcio europeo da parte del mondo arabo vede anche in prima linea il Manchester City, la cui mission pare essere diventata spendere molto di più di quanto ricavato dagli enormi introiti di cui godono tutte le squadre della Premier League. Nessuno fino ad ora, nemmeno e soprattutto la politica, ha provato a fermare questa deriva che sarebbe un tremendo errore definire solo mercantile, perché molto altro c’è nella posta in gioco in un Vecchio Continente dove l’opinione pubblica viaggia tra il distratto e una palese mancanza di informazioni. Tutto questo ha portato a perdere il contatto con la realtà, ovvero con il “dato”, che ha fatto dimenticare come la verità sia fondamentalmente un’esperienza, qualcosa eretta a sfida di ogni nostro tipo di pregiudizio. Siamo stati lasciati soli con il nostro intelletto, incapace a volte di distinguerci dalla nostra presunzione. E in siffatta solitudine intellettuale ed esistenziale, si sta consentendo agli arabi di eludere e soverchiare, anche nel calcio, tutto un cammino “identitario” effettuato dalle genti europee nel corso di innumerevoli secoli. Consentire di sostituire il consenso con l’autoselezione, è uno dei sorprendenti lasciapassare rilasciato dall’Uefa ai due club-stato, liberi di sconquassare ogni patto sociale vigente, sublimando il teorema del più forte e spregiudicato chiamato a decidere.
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Mentre la Juventus prende un giocatore pagabile tra due anni e il Barcellona taglia stipendi a qualche suo giocatore importante, Nasser Al-Khelaifi prosegue come se niente fosse, come se non vedesse la grave condizione economica in cui versa la cara e vecchia Europa. Si comporta, il presidente del Psg, come i nobili francesi e russi prima delle rivoluzioni, convinti di rimanere eternamente impuniti fino all’attimo prima del ribaltamento del loro mondo di privilegi assai smodati. Il presidente del Psg probabilmente è convinto , non senza qualche ragione, come non ci sia nessuna rivoluzione all’orizzonte, con una robusta prassi storico/filosofica/sociologica a sostenerlo in questa sua convinzione. Una rivoluzione, sosteneva Friedrich Hegel, ha come base il conflitto tra due volontà, ossia la volontà del “signore” e la volontà del “servo”, e ormai si fa fatica a rintracciare una qualsiasi volontà di rivalsa in chi ha individuato nella protervia di alcuni fondi sovrani, la risoluzione di ogni problema esistenziale, la scorciatoia per ogni possibile facile vittoria. “Intanto vinciamo, e poi vediamo”, racconta il comportamento di uno sfondo europeo ormai dominato da una “psicoapatia” riducendo le persone, e rendendo particolarmente azzeccato un vaticinio di Karl Marx, semplicemente “dei rappresentanti delle merci”. L’ossessione dei mezzi d’informazione di voler comunicare a tutti i costi quante magliette di Leo Messi abbia già venduto il Psg, è il voler magnificare l’operazione di mercato tra le più scandalose e bugiarde mai avvenute, come una geniale idea tra il mercantile e un nuovo idioma da marketing. “Abbiamo speso tanto, ma abbiamo già guadagnato tanto”, e lo slogan stroboscopico dal sapore evidentemente manipolatorio, e frutto dell’ennesima balla rifilata ad un pubblico più da reality show che da racconto sportivo.
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Il futuro del Vecchio Continente ridotto a promettere solo scenari di consumo prevede la sconfitta del Cristianesimo come fase culturale, ed è proprio questo, a mio parere, l’obiettivo ultimo di un Islam che ci vede come l’origine di tutti i mali del mondo contemporaneo. Se qualcuno continua a ritenere il calcio una semplice rappresentazione di un gioco, non solo non ha mai capito il ruolo di questo sport nello sviluppo della cultura contemporanea moderna dell’Europa, ma è determinato da un’ingenuità disarmante e dannosa nello stesso tempo. La slealtà intravista nel Psg dall’avvocato Juan Branco è qualcosa da poter essere colta esclusivamente nella nostra parte di mondo, dove da secoli si ragiona sui rapporti che devono intercorrere tra le persone e sulla loro gestione. Una cosa come “l’Habeas Corpus”, regola aurea a stabilire da qualche secolo come il potere del Re non possa proprio tutto e debba giustificare l’equanimità di ogni azione coercitiva al fine di allontanare il sospetto di sopraffazione, non potrebbe essere mai compresa da chi ha inteso il proprio status di elite come potere assoluto su tutte le cose animate e inanimate presenti nel proprio territorio.
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Costoro sono stati convinti di essere esenti da qualsiasi critica , in quanto potenti per diritto divino, e gli si sta dando licenza di uccidere il calcio nella sua forma più importante, ovvero quella squisitamente culturale, segreto di ogni suo successo. L’elite araba, formatesi nelle migliori università europee e americane, conosce bene i nostri punti deboli, perché ha visto metterci in fila per l’ultimo modello dell’IPhone come fosse una divinità a cui rendere omaggio. E’ stato facile per essa, in un contesto dove Steve Jobs organizzava cerimonie dal connotato liturgico a stabilire l’avvento del sacro nel mondo delle merci, pianificare una strategia dove prendersi tutto con la forza del denaro e farlo accettare con entusiasmo dalle vittime. Soggiogati dal consumo e dalla paura di non poterlo più esercitare, nemmeno la forza di 144.000 soci di un azionariato popolare come il Barcellona, ha potuto impedire alla società catalana di spingersi sull’orlo dell’abisso di oltre il miliardo di debiti, accumulati per inseguire le spese folli di chi non ha nessun bisogno di dare un occhio alla crescita armonica dei ricavi, perché tanto del doping finanziario ne ha fatto una filosofia di vita. In un calcio europeo dove i bilanci dei club sono stati drammaticamente decurtati dalla pandemia, qualche estrazione di gas naturale in più ha permesso alla famiglia Al-Thani di portarsi a casa Leo Messi per la modifica cifra di 40 milioni netti l’anno. Gli sceicchi, nella logica di poter disporre del mondo a loro piacimento, hanno portato nel nostro continente le lancette degli orologi ad un minuto prima della comparsa della “Magna Carta Libertatum”. Il calcio elevato a potente cartina di tornasole sta mettendo a nudo le contraddizioni di una società europea, persa in dibatti surreali sull’identità di genere e distratta sull’aver messo in vendita qualsiasi cosa i fondi sovrani arabi hanno voluto comprare, o per interessi geopolitici o per semplice capriccio.
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In una società occidentale dove addirittura in una costituzione si è messo il diritto della ricerca della felicità, si è smarrito il senso del dibattito sul prezzo da pagare, come se questo non ci fosse, come se le azioni non recassero conseguenze. Aver consentito al Qatar, con l’operazione Messi, di dileggiare e disprezzare quanto il calcio europeo sta soffrendo a causa della pandemia(Tutti gli studi parlano di 4 miliardi di perdite per il calcio negli ultimi due anni) sarà una colpa non emendabile per l’Uefa. Andare a giocare, nel 2022, i mondiali in un Paese sprezzante verso qualsiasi tipo di diritto, specie quello delle donne e delle classi lavoratrici, non solo è una vergogna e anche un aver messo un cartello sull’Europa con su scritto “Sold Out”. L’ultimo sberleffo e aver deciso di svolgere la manifestazione in pieno clima natalizio. Ma non c’è da preoccuparsi, è da tempo che la preparazione del natale non si riscontra più in una fila davanti ad una chiesa, ma davanti ad un negozio della “Apple”. Forse i fondi sovrani arabi hanno capito proprio tutto di noi…
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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