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Finalmente una zona Cesarini dolce per il Toro

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Il risultato di Bologna è il classico caso da bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: a seconda di come lo si voglia vedere, quel punto conquistato (letteralmente) all'ultimo secondo in terra emiliana può avere una valenza positiva, se...
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Il risultato di Bologna è il classico caso da bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: a seconda di come lo si voglia vedere, quel punto conquistato (letteralmente) all'ultimo secondo in terra emiliana può avere una valenza positiva, se si vuole dare peso agli aspetti positivi di quella partita, o negativa, se l'attenzione si sposta sui problemi emersi per l'ennesima volta e già visti in stagione.

Io mi sento parte del primo partito, quello degli ottimisti, se non altro per il fatto che non perdere conferisce alle analisi post partita e al clima mediatico intorno alla squadra un certo equilibrio ed una discreta dose di tranquillità molto più produttivi del can can di solito susseguente ad una sconfitta. Certo la difesa non è più quella d'acciaio del girone di andata, certo è preoccupante che la squadra sistematicamente sprechi le situazioni di vantaggio nello score e finisca per farsi raggiungere e, purtroppo, spesso anche superare. Certo è un peccato che i singoli giocatori non diano continuità alle proprie prestazioni, brillando una o due partite per poi tornare in un limbo senza squilli (a parte la straordinaria regolarità di Gazzi e Gillet). Certo continua a giocare Masiello nonostante, di riffa o di raffa, sia sempre coinvolto nelle amnesie difensive in occasione delle reti avversarie e certo ogni domenica becchiamo uno (o più) eurogol da parte dei centrocampisti avversari, ma possono tutti questi appunti offuscare o sminuire l'importanza di un punto conquistato, fuori casa, contro una squadra di pari livello, dimostrando, in fondo, quello che tutti noi tifosi chiediamo da sempre a gran voce (di non mollare mai)?

Non sono un talebano del risultato, nel senso che non penso che questo debba essere il motivo principale e assoluto di critica o di lode, ma, da granata vero, dico che pareggiare al 93', proprio nel momento in cui l'arbitro sta portando il fischietto alla bocca per il triplice fischio finale è una tale, immensa, quanto insolita goduria che fa passare in secondo piano qualunque sbavatura possa essere emersa nell'arco dei novanta minuti! Quante volte allo stadio o davanti alla tv mi sono ritrovato a sperare in una cosa del genere, a volerci credere fino alla fine, ad anelare una simile gioia per poi rimanere puntualmente deluso o terribilmente arrabbiato? E quante volte è successo invece il contrario e mi sono ritrovato ad imprecare per la nostra "pollaggine" o ad alzare i pugni al cielo per la cattiva sorte vedendo gli altri trafiggerci implacabilmente negli ultimi minuti?

E allora mi concedo il lusso di gioire per una buona volta e di svestire i panni della squadra "sfigata" la cui regola è subire la beffa invece che giocarla a qualcun altro. Spesso si dice che nell'arco di un campionato torti e favori arbitrali si bilancino e, allo stesso modo, che vittorie o pareggi fortunosi si elidano con sconfitte o pareggi sfortunati: niente di più falso, almeno nel caso del Toro! E allora bando al pessimismo, lasciamo scorrere l'influsso positivo che un buon risultato agguantato con determinazione e un po' di fortuna porta con sé. Respiriamo quest'aria fresca e liberiamoci per una volta dello stereotipo che ci vuole perennemente mugugnanti e sempre pronti a intercettare l'unica nuvoletta grigia in un cielo azzurro terso... Se è vero che vincere aiuta a vincere, non perdere dovrebbe quanto meno aumentare la sicurezza nei propri mezzi, dimostrare inequivocabilmente che l'avversario non è più forte di te e regalare la convinzione che si è all'altezza di ogni situazione ed in particolare di questa livellatissima serie A.

In una domenica in cui un presidente di una big si copre di ridicolo scagliandosi contro l'arbitro per aver dato un rigore inesistente agli avversari sul punteggio favorevole di 3-1 e perdendo poi la partita 3-4 fondamentalmente per colpa dell'errore di un proprio giocatore, che si divora in maniera clamorosa il gol del pareggio a pochi minuti dal termine, mi ritrovo ancora più felice del mio essere granata ripensando in parte al fatto che Bianchi, quel gol, in situazione analoga a Bologna, non l'abbia sbagliato, ma soprattutto che tifare Toro resta una piacevolissima diversità di cui andrò fiero vita natural durante.

Non rinnego nulla di ciò che caratterizza il modo di essere di noi tifosi granata, ma è giunto il momento di provare a scrollarci di dosso la troppa negatività accumulata in 107 anni di storia. Il pareggio in extremis a Bologna non può essere considerato una svolta in questo senso, ma di certo è un segnale che, se raccolto nel modo giusto dall'ambiente, può determinare l'avvio di un atteggiamento diverso verso il mondo esterno ed il destino: a testa alta, con la consapevolezza che non è scritto da nessuna parte che i beffati dobbiamo essere sistematicamente noi. E per chi mi ricorderà tutti gli episodi sfortunati che statisticamente smentiscono questa mia tesi, citerò un solo esempio contrario. E non a caso. 91' di un derby anni '80: Leo Junior sotto la Maratona calcia un corner, stacco imperioso di Serena che insacca sul primo palo, 2-1 per noi! Chi non lo ricorda?

Poi se fra un paio di settimane si dovesse segnare dopo 30 secondi e difendere con le unghie e con i denti l'1-0 fino alla fine non mi dispiacerà affatto: vincere un derby sarebbe una soddisfazione talmente grande anche senza un gol decisivo in zona Cesarini!

 

Alessandro Costantino

Twitter: AleCostantino74

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